A UDINE UNA GIORNATA EMOZIONANTE: DIETRO AD UN PROGETTO DI AMPIA PORTATA, TANTI SACRIFICI E UN DURO LAVORO

nella foto con Maria Adelasia Divona, responsabile culturale del circolo "Montanaru" di Udine, l'onorevole Mauro Pili


di Maria Adelasia Divona

Al di là del resoconto asettico della giornata, per me le emozioni sono state tante. Oggi, a mente serena, rifletto su quello che è successo e penso che due anni di lavoro su questo progetto son valsi le discussioni, i nervosismi, le tensioni e qualche notte di sonno perso. Era il 6 ottobre 2010 quando abbiamo mandato la prima richiesta all’allora Assessore Manca, in cui spiegavamo che il Sindaco della città di Udine dietro nostra richiesta aveva deciso di dedicare un’Area Verde della città alla Regione Sardegna. A noi pero, questa denomiazione sembrava un po’ troppo vaga: ci sarebbe piaciuta un’intitolazione alla Brigata Sassari, ma non siamo riusciti a far cambiare idea alla Commissione. In conseguenza di questa decisione, e sentita la disponibilità dell’Amministrazione, abbiamo presentato all’Assessorato una richiesta di contributo per collocare un momento in memoria alla Brigata da inaugurare in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia nella primavera 2011. La solerzia di qualche impiegato assessoriale ha lasciato quella lettera in qualche cassetto per un anno, fino all’incontro con il nuovo assessore avvenuta al congresso di Abano, e in cui abbiamo chiesto conto del silenzio dell’amministrazione sulla nostra richiesta: la verità era che, nonostante fosse stata ricevuta, era sparita dalla circolazione.

In occasione del bando per i progetti regionali per l’anno 2011, a novembre dell’anno scorso, abbiamo così riproposto la nostra idea progettuale in maniera più organica e dettagliata, fino ad ottenere il finanziamento dell’iniziativa, che si è evoluta in una varietà di intoppi burocratici a tutti i livelli amministrativi, dal comune di Udine al Ministero della Difesa, che avrebbero scoraggiato anche i più pazienti, ma non Domenico Mannoni. E’ con lui che vorrei cominciare.

Per me Domenico è l’uomo della commozione: è incredibile come si commuova e non nasconda mai certe sue sensibilità. Ormai conosco le sue reazioni, ma non smetto di stupirmi…Ancor di più in questa occasione, in cui non solo vestiva i panni del Presidente del Circolo, ma anche quelli dell’ex militare. Ci siamo trovati in disaccordo in diverse circostanze, ormai so che quando gli dico cose che non vuol sentire abbassa gli occhi e prova a respirare, mentre gli esce un virtuale fumo dalle orecchie. A volte accetta le mie posizioni, a volte fa di testa sua, ma fin’ora con lui non mi sono mai mancati i ringraziamenti, i riconoscimenti del mio lavoro, o le scuse, quando ce n’è stato bisogno. Capisco le sue frustrazioni, che spesso sono le mie. Ma alcuni caratteri tipicamente sardi di cui è imbevuto, in certe circostanze rasentano il fastidio: si tratta, se vogliamo, di eccessi in positivo che dovrebbe limitare per arginare le sue frustrazioni. Per la mia esperienza degli ultimi tre anni, sono convinta che il Circolo Montanaru gli debba essere riconoscente.

Ma il Circolo non è il suo presidente. Ed è in occasioni come quelle di ieri che si capisce. La realtà è che della fase progettuale ed organizzativa ce ne occupiamo in un gruppo estremamente ristretto, arrabbiandoci perché le responsabilità e le cose da fare sono troppe per così poche persone. Poi ci sono questi grandi eventi (grandi non in senso assoluto, ovviamente, ma grandi rispetto alle risorse e alle forze che abbiamo a disposizione) e ti rendi conto che sei dentro ad una macchina da guerra: nel complesso, organizzazione perfetta, non una nota stonata, non una cosa fuori posto. Certo, poi ci sono i dettagli e gli imprevisti che potevano essere previsti, senza dimenticare che però siamo tutti volontari. Per questo non è indulgenza la mia, ma un vero riconoscimento, il 10 e lode che assegno a chi si è impegnati nell’organizzazione.

A proposito di imprevisti…nell’economia delle cose, Mauro Pili può considerarsi un imprevisto non prevedibile, un “accidente” che ci ha salvato da una pessima figura. Abbandonati per l’ennesima volta dagli “epifenomeni” del governo regionale, che hanno perso l’ennesima buona occasione per farmi/ci ricredere su di loro, e disperatamente alla ricerca di un personaggio sardo di spessore che fosse presentabile agli occhi degli alti papaveri che erano presenti ieri, sono andata a caccia dell’onorevole guerriero dell’aria (vedi le sue battaglie di questi giorni), l’ho tampinato come un segugio fino a farlo capitolare per stress da messaggi e mail con richiami all’orgoglio sardo. Temendo il solito bidone a cui ci hanno abituato i nostri, sulle spine per non aver ricevuto un messaggio di conferma della sua partenza, mi sono rilassata solo quando gli ho visto inforcare la porta degli arrivi. Il personaggio è discusso, criticato e osannato, non sa cosa sia l’understatement, e in fondo ha ragione a parlare delle cose che ha fatto o che sta facendo. A qualcuno potrebbe sembrare un politico in continua campagna elettore. Qualunque sia il vostro pensiero, il mio è solo uno: gratitudine per avermi liberato con la sua presenza della frustrazione e del senso di abbandono ricorrente che vivo in queste occasioni, e per le sue parole, che non mi sono affatto sembrate di circostanza, e che mi hanno fatto pensare che non siamo poi dimenticati da tutti i sardi di dentro.

Chi non ci ha dimenticati, da quel terribile giorno di lutto che l’ha colpita, è stata Daniela, la vedova del caporalmaggiore Luca Sanna. Quando Domenico l’ha invitata a venire per fare da madrina triste alla nostra cerimonia, non ha avuto esitazione. Ha detto subito di si con entusiasmo: in Friuli, oltre ad avere una casa, si sente ancora a casa, e venire in nome di suo marito l’ha resa orgogliosa. C’è stato un momento che l’ho abbracciata stretta che quasi la stritolavo: lei così magrolina in confronto a me, ma con una forza nella parola e negli occhi che non so dove sia andata a scovarla. Quando durante la cerimonia l’ho chiamata per scoprire la targa della via e il monumento, c’è stato un momento che mi sono costretta ad andare in apnea per evitare di piangere.

Si, perché una volta tanto anche io mi sono emozionata e commossa. All’inizio, ho vissuto come un peso il fatto di dover fare la maestra di cerimonia, perché non sapevo cosa fare e come farlo, senza capire che invece era un grande onore superiore all’onere. Ho provato a buttar giù una scaletta sulle cose da dire, e i turni di parola da dare alle autorità, che come da programma è stata stravolta prima dell’inizio…e poi con quel microfono tipo Maria de Filippi…insomma, un grande imbarazzo. Ma ripercorrendo la mia storia personale, ho fatto il punto su cosa ha rappresentato per me la Brigata Sassari, e dallo zainetto della memoria sono venute fuori tante cose.

Ad esempio, quando da bambina mio padre mi portava per il 4 novembre alla caserma Gonzaga; o quando, per otto anni, dalle scuole medie al liceo, sono passata per due volte al giorno davanti a quella caserma, buttando sempre un occhio all’interno quando i cancelli si aprivano. O, ancora, quando nel 1995 ho lasciato la Sardegna per andare a giocare ad Enna, ed ho trovato ad accogliermi la Brigata Sassari di stanza proprio là per i Vespri Siciliani. La Brigata è indissolubilmente legata alla vita civile e religiosa della mia città, ma anche alla sua vita sportiva: quando sono ritornata a giocare a Sassari, nel 2003, per le partite casalinghe una parte della tribuna del palazzetto era occupata dalla banda e dai soldati della Brigata. L’ultimo mio ricordo legato alla Brigata Sassari risale all’8 dicembre 2003: era successa da meno di un mese la strage di Nassiriya, in cui il 151° aveva perso il sottufficiale Silvio Olla, e per iniziativa dei tifosi e della società, ho deposto insieme ad una rappresentante della squadra avversaria una corona per i caduti nel cortile della Caserma Gonzaga. Questa è stata per me la Brigata e, in un certo senso, pensare che ce l’ho di nuovo vicina, quantomeno simbolicamente, mi da una sorta di conforto.

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2 commenti

  1. Massimiliano Perlato

    Complimenti per il lavoro svolto e per la straordinaria giornata prodotta dal circolo “Montanaru” di Udine. Il circolo di Udine ha un futuro assicurato ed è in buone mani con Adelasia quando Domenico Mannoni deciderà di passare la mano. Non ci sono dubbi. Ho avuto modi di conoscere in quest’ultimo periodo il Divona-pensiero e le sue capacità e conoscenze nella tematica tanto cara a tutti noi che operiamo nel mondo dell’emigrazione sarda organizzata. Sono altresì vicino ad Adelasia che in questo momento di particolare “tensione” per me e per le vicissitudini di Tottus in Pari, ha a differenza di altri, compreso lo spirito della testata che leggete e di cosa significhi davvero fare “rete” senza pregiudizi e preclusioni di sorta. Grazie di cuore

  2. Mi ha sempre colpito il legame forte che permane fra la Sardegna e la sua Brigata. Legame così in controtendenza rispetto alle abitudini italiane.
    Di origini sarde, ero a Cagliari per lavoro quando è rientrato da Nassirya il sergente maggiore Olla. Ricordo sulla bara una piccola bandiera sarda che, in violazione di ogni cerimoniale militare, accompagnava il tricolore. L’emozione, improvvisa e forte, che mi ha suscitato continuo a portarla in un prezioso cassettino nel cuore.
    Sul sito della Regione ho trovato uno splendido documentario sulla storia della Brigata. Qui sotto il link per chi volesse rinverdirne la conoscenza.
    Riccardo
    http://www.regione.sardegna.it/flv/dl/podcast/brigata_sassari.mp4

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