IL FORUM SULLA COOPERAZIONE A MILANO: GEPPY CUCCIARI E ROSSELLA URRU, DUE DAME SARDE ALLA CORTE DI RE MARIO MONTI

l'intervento di Rossella Urru al Teatro Strehler di Milano


di Sergio Portas

Beata ingenuità nel pensare che sarebbe bastato esibire il tesserino di “pubblicista” per farmi entrare al teatro Strehler, dove avrebbe presenziato il premier Mario Monti seguito dal ministro degli affari esteri Terzi di Sant’Agata e dal ministro Andrea Riccardi, promotore dell’evento: il forum della cooperazione internazionale! Come s’esce dalla metropolitana ci sono transenne dappertutto e uno schieramento di polizia e carabinieri da fare invidia a una sfilata del 2 di giugno. E se fai tanto di avvicinarti con uno zaino a tracolla, tre o quattro di questi tutori dell’ordine poco ci corre che non ti mettano in mutande per scrupolo di perquisizione (mi dicono che tutto ciò è anche per garantire la sicurezza del Presidente del Burkina Faso Blaise Compaoré). In realtà non era tanto a Monti che avrei voluto domandare due o trecento cose, ma a due nostre sorelle di Sardegna qui presenti che, volenti o nolenti, hanno scalato nell’ultimo periodo, le vette della celebrità: Rossella Urru da Samugheo e Geppy Cucciari da Macomer. Nolenti o volenti. Rossella è nel suo elemento naturale: lei vive nella cooperazione internazionale, da quando ha scelto di farne studio della sua laurea universitaria a Bologna, e da quando ha scelto di spendere la sua acquisita professionalità per dedicarsi  alle infinite necessità che si portano dietro quei popoli scacciati dal loro territorio, mano militari: i Saharawi del sud marocchino. Un migliaio di chilometri che si affacciano sull’Atlantico è il Sahara occidentale, i confini squadrati dalle righe dei paesi “conquistatori”, spagnoli e francesi nel merito, tracciati però su di un deserto tra i più caldi del pianeta che ci ospita, quel Sahara che muta il suo profilo di dune dorate al soffio dei venti che sogliono attraversarlo, il Ghibli fra tutti, capace di mandare parte di quella sabbia sino alle coste cagliaritane e oltre. E piantare pali di confini nel deserto è da sempre una di quelle fatiche di Sisifo a cui si prestano solo gli Stati nazionali, che scientemente ignorano ogni diversa nazionalità all’interno del perimetro in cui hanno deciso debba valere la loro autorità sovrana. Confini che i Saharawi coi loro cammelli hanno ignorato per secoli. E che il re del Marocco Mohammed VI è ben deciso ad imporre loro, con le armi. Comunque sia apprendo da internet che l’intervento di Rossella è incentrato sulla necessità che non vadano dimenticati i cooperanti che ancora si trovano nelle mani dei sequestratori,  lei che ha vissuto nove mesi di una realtà tanto degradante per l’essere umano. E quindi il siciliano Giovanni Lo Porto che era ne Punjab pakistano a dare una mano alle popolazioni alluvionate di quel povero paese. Era la fine di gennaio di quest’anno. E le due colleghe cooperanti spagnole rapite in Kenia, nonché i lavoratori francesi e i diplomatici algerini rapiti in Mali. Dice internet che a introdurla è Geppy, che l’ultima volta aveva parlato di lei “urbi et orbi” era nel palco nazionale del festival canterino più famoso d’Italia. La Cucciari, occorre dirlo, è qui a titolo gratuito (il ministro Riccardi sentitamente ringrazia “per la sensibilità dimostrata nel voler condividere un messaggio di speranza e di fiducia”). Il suo intervento è già su internet e fa scompisciare dalle risate, c’è da scommettere che sarà tra i più “cliccati” del mese. Una Geppy dimagrita e con tacchi a spillo da vera vamp, abito nero aderente con generoso decoltè, riesce nel miracolo di far ridere a crepapelle anche il nostro presidente del consiglio e il suo corollario di ministri, nonché sindaci tipo Pisapia, che per non incontrare il presidente della regione Formigoni ha esteso l’area C (il ticket a pagamento per le auto,nd.r) fino a Segrate; di Podestà e Formigoni ambedue assenti: Podestà è presidente della provincia -ha detto- Milano ha ancora la provincia. Godetevela. E’ questione di attimi. Dispiaciuta dell’assenza del governatore e del look con cui ama atteggiarsi, specie delle sue giacche colorate e camicie fantasia  a marchio CL, “Charme and Luxury”. A Mario Monti si rivolge dicendo che di lui ha paura, ha paura che le faccia una spending-review e che la Sardegna mi diventi l’isola del Giglio. Gli chiede che ci racconti la barzelletta di lui che riesce a cambiare la nostra legge elettorale. Dicono di lui che ride poco, ma c’è poco da ridere, quando  è entrato per la prima volta a palazzo Chigi “ eravamo così vicini alla Grecia” che gli uscieri l’hanno accolto ballando il sirtaki. A uno passa la voglia di ridere, è chiaro che è costretto a questa espressione quaresimale costante. Insomma “gliele ha cantate chiare” al Presidente del Consiglio, usando ironia e comicità come sa fare. Certo io ho perso lo scoop della vita, che ambedue le avrei volute intervistare assieme e giuro ne sarebbe uscito un pezzo sulla saggezza delle donne sarde di valore antologico. Domani, sempre per rimanere nel registro isolano, sarà presente anche il presidente della Regione autonoma Ugo Cappellacci, ma c’è anche lo sciopero dei mezzi pubblici e penso che me lo perderò, del resto tra le eminenti personalità qui presenti che avrei voluto incontrare le due in assoluto più affascinanti mi sono sfuggite per un pelo: Geppy Cucciari da Macomer e Rossella Urru da Samugheo.

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Un commento

  1. Il Forum sulla cooperazione parte con gli sponsor sbagliati
    Eni, Intesa San Paolo, Microsoft sono alcuni degli sponsor del Forum sulla cooperazione internazionale a Milano e voluto dal ministro della cooperazione internazionale Andrea Riccardi. Di Eni e Intesa San Paolo scriviamo e denunciamo da anni i comportamenti che violano palesemente i diritti umani e vanno contro ogni etica, che passano dall’inquinamento sulle rive del Niger all’apertura di conti che finanziano il traffico di armi solo per citarne alcune. Possibile che per il ministro Riccardi sia stata una svista? È vero che è nuovo al governo ma nel suo cv tra le altre cose c’è la sua fondazione della comunità di Sant’Egidio. O forse è proprio questo il peccato originale.
    La comunità di Sant’Egidio infatti non è nuova a sponsor ambigui, a campagne nobilissime come la lotta all’AIDS nei paesi africani o contro la pratica dell’utilizzo dei bambini soldato ma finanziati da Finmeccanica o altri sponsor che per mestiere fanno cose che vanno in direzione opposta alla cooperazione. Insomma come dire che la cooperazione internazionale è talmente importante che non ci interessa da dove arrivano i soldi. Ma se i soldi arrivano dalle stesse mani di chi questi problemi – che si dice di voler risolvere – li crea o contribuisce fortemente al crearli, forse il gioco non vale la candela. Sponsor che investono su questi progetti non tanto per fede, quanto per un restyling e un riacquisto di credibilità, non sia mai che qualche attivista lanci l’ennesima campagna di boicottaggio, o che qualche giornalista scriva cosa succede in Niger o cosa passa dai conti della Banca amica. Succede da anni, succede con il Global Compact e succede tutte le volte che a queste multinazionali gli si dà occasione. E questa è una di quelle.
    La cooperazione internazionale, sopratutto quella italiana è sempre stata vittima di questa ambiguità, non è solo il governo a cadere in queste trappole, ma spesso proprio le Ong – che appunto come spiega l’acronimo non dovrebbero avere nulla a che vedere con i governi di turno – si preoccupano sempre troppo poco di questi meccanismi fondamentali, e sono sempre più prese al mantenimento delle loro strutture più che dal raggiungimento degli obiettivi finali. Come se il fine ultimo delle Ong non sia quello di estinguersi, anzi, sembra essere piuttosto quello di mantenersi in eterno e allora si accettano finanziamenti da chiccessia. Per fortuna non tutte cadono in questi meccanismi, sicuramente non quelle che hanno firmato il documento pubblicato da Comune-info e che proponiamo di seguito, sintomo che la coerenza esiste ancora.
    Si legge tra l’altro in questa presa di posizione, firmata il 28 settembre 2012: “Cosa penserà allora, ascoltando l’intervento dell’amministratore delegato dell’ENI, chi ha lavorato in Nigeria con le popolazioni esasperate dalla polvere nera del gas flaring, dagli sversamenti di petrolio e dalla militarizzazione del territorio dovute alle attività estrattive? O chi ha visto in Iraq esponenti dell’ENI arrivare su un aereo militare poco prima delle truppe di occupazione italiane nel 2003 a Nassiriya? Chi pratica la cooperazione nel nome della solidarietà e amicizia tra popoli quell’anno gridava “No blood for oil” nelle piazze di tutto il mondo. … Sponsor come Microsoft e Banca Intesa non ci pregeranno di interventi sul futuro della cooperazione ma pesano sul forum i loro finanziamenti, a scopo meramente pubblicitario e provenienti da attività di credito verso imprese che fanno di armi e nucleare il proprio core business come Betchel, European Aeronautic Defence and Space Company, Honeywell International, Thales, Boeing e l’italiana Finmeccanica. … La cooperazione che vogliamo e pratichiamo è un’altra, guarda altrove e oltre il solo orizzonte italiano. La cooperazione che vorremmo è fatta di partenariati e solidarietà reale tra comunità e soggetti che difendono i diritti umani e ambientali, che sperimentano nuovi modelli economici di produzione e commercio rispettosi dell’uomo e della natura, scambiandosi idee e visioni sul futuro ancora prima che capitali, progettando interventi civili di pace per prevenire i conflitti o trasformarli, impegnandosi nella riconciliazione nazionale e tra popoli sulla base di un’idea comune di giustizia. Rifiutiamo quindi nettamente la commistione tra aiuti umanitari ed interventi militari, e tra cooperazione e affari. Questa non è utopia ma quanto già si fa in molti altri paesi europei e fanno da anni centinaia di realtà italiane con i loro partner nazionali e internazionali, esplorando ed estendendo continuamente la vera frontiera della nostra cooperazione.”

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