IL CAVALIERE DELLA FAME: IL LIBRO DI SALVATORE TOLA SU MASTRU JUANNE NELLA POESIA SARDA E NELLE TRADIZIONI POPOLARI

copertina del volume di Salvatore Tola su Mastru Juanne


di Paolo Pulina

Quando, nel dicembre 2010, presso il Circolo sardo “S’Emigradu” di Vigevano, Salvatore Tola (studioso e pubblicista sassarese) si confrontò con alcuni ricercatori lombardi (Angelo Stella e Marco Savini) sul tema “Le raffigurazioni della fame nella cultura popolare: in Lombardia, in Lomellina, in Sardegna”, aveva praticamente concluso le ricerche per il libro, che, a un anno di distanza, l’ISRE di Nuoro (l’Istituto Superiore Regionale Etnografico, presieduto da Salvatore Liori) ha pubblicato, in una bella veste editoriale, col titolo “Il cavaliere della fame. Mastru Juanne nella poesia sarda e nelle tradizioni popolari”.

Nella prima parte del volume (“Le avventure di Mastru Juanne”, 150 pagine)   ritroviamo, ordinati in una gradevole prosa divulgativa (costellata di minuziose citazioni documentarie), i risultati conoscitivi essenziali già anticipati da Tola a Vigevano.    

“Mastru Juanne” è un personaggio di fantasia generato dalla creatività  dei poeti  sardi al fine di personificare l’inesorabile  “agente eziologico” degli attacchi ciclici della carestia alla sopravvivenza delle popolazioni isolane, costrette a  fare i conti con la terribile presenza, in maniera “strutturale”, della fame. Ma l’altro scopo contestuale di questa “invenzione” è quello  di non nominare in maniera cruda il termine che indica  la situazione di deprivazione materiale che toglie ogni forza e ogni speranza di vita e provare a sorridere delle conseguenze di questa condizione negativa per cercare, possibilmente,  di esorcizzarne (quindi allontanarne, rimuoverne, dimenticarne) lo spettro, quindi la presenza incombente e minacciosa.

L’analisi puntuale di Tola consente di ricostruire una storia e una geografia della fame in Sardegna.

Non è possibile collegare però l’invenzione del personaggio a uno di questi frequenti eventi di micidiale carestia (terrificante quella del 1812, di due esatti secoli fa)  che hanno interessato tutto il territorio dell’isola. Probabilmente, a livello di diffusione orale, sono circolati su “Mastru Juanne” testi in versi  elaborati in tempi precedenti la prima delle registrazioni scritte, che certificano  formalmente l’irruzione nella poesia sarda di  questa “figura” fantasmatica.

Peraltro i versi scritti che sono arrivati fino a noi non sono stati oggetto di particolare considerazione né al momento della loro pubblicazione né da parte dei più autorevoli studiosi (sardi e non sardi) dei prodotti della poesia e della tradizione popolare che pure ebbero la possibilità di esaminarli. Solo nel 1982 Salvatore M. Sechi, dopo averlo ritrovato tra i manoscritti di un suo antenato, ha mandato alle stampe un poemetto prodotto a Tempio Pausania: “La canzona di Mastru Juanni”.

Ed ecco la preziosità della seconda parte del libro di Tola: altre 150 pagine in cui vengono riuniti ben diciotto  testi (relativi a un arco di tempo che va dagli inizi dell’Ottocento alla seconda metà del Novecento) che riportano “Sas cantones di Mastru Juanne”. Molti di questi versi erano stati stampati finora solo in fogli volanti, in raccolte di poesie di paese o di zona, in giornali o riviste; è presente anche un inedito di un autore osilese, Antoni Farina, uscito dall’ombra grazie alle ricerche di Paolo Pillonca (che firma la prefazione del libro). Tola ha provveduto a una scrupolosa  traduzione italiana di tutti i materiali poetici, dando esaurienti informazioni sugli autori identificati e le opportune informazioni sui modi del “recupero” dei testi anonimi. Per quanto riguarda i luoghi di provenienza (Nule, Bonorva, Torralba, Tissi, Pattada, Benetutti, Bono, Siligo, Sassari, Orune, Bessude, Luogosanto, Usini, Orani)  la ricerca di Tola consente di affermare che “Mastru Juanne”  è  personaggio conosciuto nella parte settentrionale dell’isola, nel Nuorese, ma non nel Campidano.

Tola analizza le diverse “incarnazioni” del personaggio “Mastru Juanne” quali risultano dai “ritratti” che ne delineano i vari poeti: è chiaro comunque che le variazioni sul tema si applicano a un “modello” personificato di base, ben presente prima  agli uditori e poi ai lettori delle sue “avventure”: il personaggio ha la  funzione  sociale di entrare (meglio, penetrare) nell’intimità delle case, scoprire  i vizi di chi vi abita, e naturalmente rivelarli agli altri membri della comunità paesana, con divertimento assicurato a coloro che non sono implicati nelle storie messe in piazza.

Da dove deriva questo “modello”? Citiamo da una dichiarazione di Tola, che ben sintetizza i termini della questione: “Si poteva pensare che questo modello fosse stato importato dall’esterno; ma da una ricognizione delle tradizioni popolari di Francia, Italia, Castiglia e Catalogna sembra che l’ipotesi non abbia fondamento. Probabile allora che i poeti sardi gli abbiano dato vita autonomamente, ma servendosi di materiali e suggestioni provenienti sia dal mondo della letteratura che da quello delle stesse tradizioni popolari, sarde e non: dalle maschere del Carnevale a Don Giovanni; dai picari agli spiriti del Bene e del Male che si credeva si battessero un tempo gli uni (benandanti)  a favore e gli altri (stregoni) contro l’abbondanza dei raccolti”.

Per chi volesse approfondire qualche aspetto del  complesso filone di ricerca che ha polarizzato la sua attenzione per molti anni, Tola mette a disposizione una ricchissima bibliografia nelle diciotto pagine finali del libro.

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3 commenti

  1. Salvatore Tola (Sassari)

    Grazie Massimiliano. A breve ti faccio avere il libro. Molti saluti

  2. Beniamino Ghiani (Peschiera Borromeo)

    Complimenti Salvatore, ho già ordinato il libro e sono sicuro che è un capolavoro. Spero di rivederti a breve da queste parti. Complimenti anche a Paolo Pulina grande ricercatore di "materiale" sardo.

  3. Non posso che condividere, quello ha scritto Beniamino. Certamente lo comprerò, ma non prometto di leggerlo tutto, non nè finisco neppure uno o quasi. Certamente lo comprerò. Caros saludos a s’autore e a totus. Pino Todde

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