IMPRESA TITANICA PER L'EMIGRAZIONE SARDA: L'OBIETTIVO E' QUELLO DI CAMBIARE LA LEGGE REGIONALE NUMERO 7 DEL 1991

l'attuale Assessore all'Emigrazione della Regione Sardegna, Antonello Liori con Filippo Soggiu, Presidente della F.A.S.I. dal 1994 al 2002


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La rivisitazione, la riscrittura della legge regionale n. 7 del 1991 sull’Emigrazione è all’ordine del giorno da oltre 15 anni. Già nel 1994, al primo congresso della Federazione dei circoli sardi in Olanda, venne approvato un documento con cui si chiedeva di eliminare alcune rigidità in essa contenute. Insomma, pur riconoscendo alla legge 7/91 modernità ed efficacia si prospettò (prima ancora di attuarla in tutte le sue parti) l’esigenza di modificarla. La Sardegna è sempre stata all’avanguardia nella legislazione in materia di emigrazione. La prima legge, la n. 10 del 1968, fu una novità assoluta in campo nazionale. Scaturì dalla mobilitazione, dalle lotte delle centinaia di migliaia di sardi costretti a emigrare nelle miniere e nelle fabbriche del Belgio, Germania, Olanda, Svizzera e nel ricco Triangolo industriale del Nord Italia. Anche la legge 7/91 – che riconosceva uguali diritti a tutti gli emigrati, compresi quelli d’Oltreoceano – fu tra le più avanzate varate in quegli anni. Da allora una “nuova” legge per l’Emigrazione sarda (o “Per i Sardi nel Mondo”, come preferisce chiamarla l’assessore Antonello Liori) è stata la priorità di tutti gli assessori e di tutte le Consulte che si sono succedute legislatura dopo legislatura. Da Giuseppina Cremascoli, che nel maggio 1995, al momento dell’insediamento della Consulta, prese l’impegno di porre mano a una modifica della legge 7/91. Impegno ribadito lo stesso giorno dalla Seconda Commissione del Consiglio regionale che per la prima volta sentiva in audizione la Consulta. A Luca Deiana, che subentrò alla Cremascoli e guidò l’assessorato del Lavoro fino al termine della legislatura. Nel febbraio 1996 riunì la Consulta a Parigi con i presidenti delle Federazioni e venne steso il testo della legge, che successivamente venne rivisitato dalla Giunta e poi portato in Consiglio. Con la fine della legislatura finì al macero. A Matteo Luridiana, che fece l’assessore per cinque anni e che affrontò la questione della nuova legge nel maggio 2000, a Berlino in un incontro con i presidenti di Federazione, prima ancora che fosse insediata la nuova Consulta (gennaio 2001). Per superare ogni ostacolo si tentò di far approvare qualche emendamento nella Legge Finanziaria. Il tentativo fallì perché vennero cassate tutte le cosiddette “norme intruse”. La questione tornò all’ordine del giorno con Maddalena Salerno, Romina Congera e Francesco Manca. L’unico assessore che non si è occupato di emigrazione è stata una gentile signora, di cui si stenta a ricordare il nome, catapultata come “tecnico” al settimo piano dell’ex hotel Enalc, che ha occupato per breve tempo lo scranno assessoriale, senza riuscire neppure a insediare la Consulta. Ora anche Antonello Liori ha messo al primo posto la riforma della legge 7/91. Dunque dicevamo che tutti, da oltre tre lustri, hanno concordato sulla necessità di modificare la legge, eliminando alcune rigidità e adattandola alle esigenze nuove del mondo dell’emigrazione sarda (non solo di quella organizzata) e della Sardegna. È quindi parso surreale il confronto che si è sviluppato nell’ultima riunione della Consulta, la prima presieduta dall’assessore Liori, il quale con la schiettezza che lo contraddistingue ha detto che sarebbe orgoglioso se la nuova legge portasse il suo nome e ha garantito il massimo impegno per riuscire nello scopo, pur non nascondendosi le difficoltà. Ha ribadito quello che aveva già detto al congresso della FASI di Abano Terme, di voler fare una legge “con” gli emigrati e ha chiesto ai consultori e ai presidenti delle Federazioni, che erano stati inviati alla Consulta, di fargli avere le loro proposte. A quel punto ci si sarebbe aspettato – ma forse avrebbero dovuto farlo prima della riunione gli Uffici – che i componenti l’Ufficio di presidenza gli passassero, se non tutti, almeno gli ultimi testi di legge elaborati, con ampia partecipazione e serio lavoro, in questi anni. Invece solo qualcuno (Fausto Soru, Bruno Fois, Gianni Manca) ha accennato timidamente che c’erano stati Gruppi di studio, affiancati da esperti, che avevano già raccolto il materiale su cui discutere. È vero che nella nuova Consulta ci sono molte facce nuove ma del Parlamentino degli emigrati fanno parte anche consultori di lungo corso e nessuno si è levato per proporre di aprire la discussione sull’ultimo testo approvato dalla precedente Consulta. Sarebbe stato un punto di partenza per emendare, correggere, snellire, modificare una bozza già scritta. E invece si è rimandato tutto a una prossima volta. Perdendo tempo prezioso. Non si riesce proprio a capire perché il lavoro debba ricominciare ogni volta da capo, con perdita di tempo, di risorse, di energie, senza approdare mai a niente. Ricominciare a tessere la tela come Penelope, per poi lasciare che si disfi da sola. E questa volta – non essendo stato possibile affrontare il problema della suddivisione delle risorse, in mancanza del bilancio regionale – ci sarebbe stato il tempo per concentrare l’attenzione sulla nuova legge. Si sarebbe potuto fare il punto anche su un’altra questione ritenuta importante, se non fondamentale, per definire le strategie di intervento della Regione in materia di emigrazione: l’indagine conoscitiva sulle comunità sarde nel mondo. A che punto è? Cosa si intende fare? Sono stati spesi tanti soldi ed è giusto conoscere che frutti sono stati raccolti. Ma questa, come direbbe un noto giallista, è un’altra storia.

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3 commenti

  1. Claudia Loi (Barcellona)

    Bell’articolo! Nessun commento!

  2. Adelasia Divona (Udine)

    All’interno della consulta ci sono rappresentanze che dal mio punto di vista hanno poco a che fare con l’emigrazione. Quello che bisogna domandarsi è perchè i rappresentanti dell’emigrazione, ovvero i presidenti delle federazioni e chi fa parte dei direttivi nazionali, non si siano riuniti PRIMA della consulta per concordare un paio di posizioni condivise da sottoporre all’Assessore e su cui iniziare a lavorare, senza aspettare che venisse calato qualcosa dall’alto. I rappresentanti politici hanno le loro responsabilità, ma si alternano così velocemente che non ci si può neanche aspettare che siano degli esperti in emigrazione o che abbiano la bacchetta magica per risolvere problematiche che forse conoscono per sentito dire. La responsabilità più grossa è nelle mani di chi governa le Federazioni. Bisogna fare lobbying apertamente e su linee di programmazione comuni, e non ognuno che prova a tirare un filo per conto suo. L’ho auspicato ad Abano, almeno per quanto riguarda la FASI. Spero che terminato il passaggio di consegne si lavori su questo.

  3. Fabieddu (Iglesias)

    Buon articolo. Scusandomi per la puntiglieria però, vorrei avvisarvi che c’è (forse) un piccolo errore. Sto facendo alcune ricerche per i miei studi universitari…e penso ci sia un errore nell’articolo riguardo alla prima legge sull’emigrazione. Sicuramente si voleva fare riferimento alla L.R. 10/65 sull’Istituzione del Fondo Sociale, e che aveva all’interno disposizioni in materia di emigrazione (poi abrogate ai sensi dell’art.40 della L.R. 7/91) e non alla L.R. 10/68, che non ha nulla a che vedere con l’emigrazione..
    Saluti da un giovane…che, presto, probabilmente emigrerà! 🙂

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