AL CIRCOLO A.M.I.S. DI CINISELLO BALSAMO, DUE CONFERENZE CON GIOVANNI MASALA: L'OPERA DE "I SHARDANA" DI ENNIO PORRINO E IL VIAGGIO IN SARDEGNA DI MAX LEOPOLD WAGNER TRA IL 1925 E IL 1927

Giovanni Masala è ricercatore presso le Università di Stoccarda (dove vive) e Zurigo


di Massimiliano Perlato

Sono tanti i meriti di Giovanni Masala, lettore di civiltà sarda presso il dipartimento di Lingue e Letterature romanze dell’Università di Stoccarda e Zurigo, direttore della collana “Sardinnia” di recente fondazione, che si propone di dare alle stampe edizioni critiche di opere edite e inedite di intellettuali e studiosi tedeschi (e non) che hanno contribuito in modo fondamentale allo sviluppo delle scienze umane concernenti lingua e civiltà sarda. A Masala lo straordinario pregio di aver riscoperto la figura di Ennio Porrino riportandola in “vita” dopo tanti anni dalla sua morte. Ha raccolto tutti gli scritti sulla musica e sulla letteratura sarda di un grande musicologo tedesco quale Felix Karlinger. Gran parte delle pubblicazioni vertevano sulla musica popolare, altre sulle recensioni della prima rappresentazione dell’opera “I Shardana”. Da qui l’idea di fondare una collana intitolata proprio a Felix Karlinger contenente non solo scritti sulla musica popolare sarda ma anche sulla musica porriniana e sull’Opera lirica “I Shardana” e studi sull’etnomusicologia e letteratura isolana. La promozione del grande compositore sardo nei circoli degli emigrati sardi è stato il primo passo. In Germania a Francoforte e Berlino e in Italia a Peschiera Borromeo, Pavia e Roma. E in questo caso dove lo abbiamo conosciuto e incontrato al circolo AMIS di Cinisello Balsamo dove ha proposto due conferenze. Il primo appuntamento in un cocktail di scritti, immagini e suoni suggestivi, era imperniato sul compositore Porrino nato a Cagliari il 20 gennaio 1910. Masala ha presentato il suo cammino artistico intrapreso con la sua composizione più nota e più eseguita in Italia e all’estero, il poema sinfonico “Sardegna” (1934) a cui ha fatto seguito “Sonata drammatica” per voce recitante e pianoforte (1947), l’oratorio “Il Processo di Cristo” (1949) e la composizione per orchestra “Nuraghi” (1952). Le sue opere liriche più significative sono state “Gli Orazi” (1941), “L’organo di bambù” (1956) e appunto “I Shardana” (1949-59). Nel 1951 diventa professore ordinario della cattedra di composizione del Conservatorio di Roma a cui si aggiungerà, nel 1956, la nomina a Direttore del Conservatorio di Cagliari. Morirà improvvisamente a Roma il 25 settembre 1959. A giudizio di Felix Karlinger – sottolinea Giovanni Masala – “l’opera di Porrino, eccellente quant’altra mai nell’ambito della produzione musicale italiana, costituisce come un ponte ideale tra la musica popolare della sua terra e le tendenze e le esigenze dell’arte musicale moderna, tra un glorioso passato e il presente. E anche se il primo comandamento di un musicologo è quello di evitare i superlativi, è ben vero che dopo Puccini nessun musicista ha dato alla musica italiana tanto quanto Porrino”. L’opera lirica “I Shardana”, rappresentata per la prima volta al San Carlo di Napoli il 21 marzo 1959 e diretta dallo stesso Porrino, costituisce sicuramente una delle opere liriche più affascinanti del Novecento. Al di là del valore oggettivo de “I Shardana”, la pubblicazione del libro curato da Masala ha i caratteri di un’operazione di grande qualità che consente di riaprire un confronto su un autore certamente importante, quanto trascurato, per la cultura musicale in Sardegna. Un musicista vissuto lontano dall’isola che aveva una visione idealizzata della Sardegna e dei suoi abitanti e così la definiva: “In quest’isola vigono severe leggi di giustizia e il popolo è fedele custode di tutte le tradizioni della sua razza, la quale non tollera né invasioni territoriali né corruzioni spirituali. Ogni atto importante di questo popolo è però suscitato da profondo sentimento di poesia, poiché predomina in esso l’amore per la terra, per il mare e per la vita semplice”.

La seconda conferenza presentata all’AMIS il giorno a seguire è stato un mosaico d’immagini di una Sardegna di un secolo fa. Un viaggio tra storia, cultura e costume con delle date ben precise: dal 1925 al 1927. E il protagonista da ricordare è il tedesco Max Leopold Wagner, tra i maggiori e più profondi studiosi di lingua e cultura sarda, oltre che tra i romanisti di maggior nerbo teoretico del ventesimo secolo. Un ingente corpus di carte e verbali con descrizioni e impressioni dell’avventura sarda commentate dal glottologo svizzero Karl Heinimann, rivenuto presso l’istituto di filologia romanza di Berna, sempre dal nostro tenace  Giovanni Masala, che con competenza e passione ne ha rispolverato l’intero basamento documentale: prima in lingua tedesca e poi in sardo creando un prezioso volume dal titolo “Sa Sardinnia de Max Leopold Wagner 1925-1927”. Un viaggio reportage iniziato a Macomer e proseguito a Nuoro, Cagliari, Sant’Antioco fino a Sassari e Tempio dove, spiega Masala, a parte le curiosità linguistiche, comunque importanti per comprendere e apprezzare le differenze ma anche le affinità tra i dialetti raccolti e descritti, particolarmente interessanti si rivelano sul piano etnologico, etnografico e umano, gli stralci delle lettere di Wagner. Affascinante osserva Masala il repertorio iconografico con splendide fotografie scattate a Fonni, Escalaplano, Sant’Anitoco, Mogoro, Villacidro, Tempio, Bitti, Ploaghe, Milis, Busachi, Perdasdefogu, Desulo, Cabras, Oristano e Cagliari dove l’obbiettivo va a fissare ora oggetti della cultura materiale ora intere famiglie in costume. Max Leopold Wagner nato il 17 settembre 1880 a Monaco di Baviera. Si laureò discutendo una tesi di laurea sulla formazione delle parole in sardo. Nel 1907 ultimò a Würzburg la sua tesi di dottorato sulla Fonetica dei dialetti sardi meridionali (Lautlehre der südsardischen Mundarten). Il suo viaggio in Sardegna negli anni presi in considerazione, aveva lo scopo di effettuare le rilevazioni lessicali per l’Atlante Italo-Svizzero curato e pubblicato da Karl Jaberg e Jakob Jud tra il 1928 e il 1940. Dopo la pubblicazione del suo manuale “La lingua sarda: storia, spirito e forma (1950), Wagner partì alla volta di Washington, città nella quale fino alla sua morte sopraggiunta nel 1962, attese alla redazione del “Dizionario Etimologico Sardo. Lascia in eredità oltre 450 scritti, di cui più della metà sono dedicati alla lingua e alla civiltà sarda, cosicché Wagner a ragione può essere considerato come “il vero artefice della grammatica sarda”.

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