LA GIORNATA DI APERTURA DEL CONGRESSO F.A.S.I. CON UN CONVEGNO DEDICATO ALLE NUOVE GENERAZIONI

alcuni giovani emigrati sardi che fanno parte del nuovo Coordinamento in seno alla F.A.S.I.


di Paolo Pulina

Il quinto congresso nazionale della FASI, aperto, nel tardo pomeriggio di venerdì 21 ottobre 2011 ad Abano Terme (Padova), da una applaudita relazione del presidente uscente Tonino Mulas, ha avuto un prologo nella mattinata  con un seminario di studi rivolto ai giovani  che sono stati delegati al Congresso da parte dei 72 circoli dell’Italia continentale.

Il seminario “Giovani, lavoro, innovazione, cultura d’impresa”, coordinato da Carmina  Conte,  ha visto come relatori, dopo un saluto di Mulas, Franco Manca, già assessore del Lavoro della Regione Sardegna, economista;  Giacomo Mameli, giornalista; don Piero Borrotzu, responsabile della Pastorale del Lavoro della Sardegna.

Secondo Manca uno sviluppo  virtuoso può essere creato non mettendo in campo solo le risorse economiche ma costituendo le basi di una forte coesione sociale. La regola deve essere applicata anche in Sardegna, dove non si sono registrati nei decenni passati risultati positivi collegati ai vari “Piani di Rinascita”. In più in questo momento si vivono i contraccolpi degli effetti devastanti provocati anche nella nostra isola dalla crisi a livello internazionale. I sistemi economici non conoscono principi di eticità: nessuno mette freno alla speculazione. Alla crisi nazionale si accompagna una crisi tutta regionale con la fine della chimica e della metallurgia. In Sardegna la spesa pubblica allargata ha una dimensione percentuale superiore a tutte le altre regioni d’Italia.

Inoltre la proprietà delle maggiori imprese industriali (compreso il turismo) non è in mano dei sardi, i quali hanno la cattiva abitudine di pensare a intraprendere un’attività economica solo se garantiti da incentivi regionali a fondo perduto. Certo nell’isola esiste il costo maggiore dei  trasporti e dell’energia, ma resta il fatto che buona parte delle  risorse disponibili sono  indirizzate prioritariamente all’assistenza dei lavoratori  espulsi dalle fabbriche in crisi e per alleviare i disagi delle sacche di povertà e quindi non ci sono tutti  i fondi che sarebbero necessari per favorire gli interventi per la collocazione  e la crescita professionale dei giovani. Si tratta di puntare quindi  sulla risorsa immateriale rappresentata dalla conoscenza: contrastando la più alta dispersione scolastica rispetto alle altre regioni, in Sardegna bisogna mettere in campo le competenze che il mercato richiede nel settore del turismo, nella Green Economy, nella Information & Communication Technology.

Giacomo Mameli, giornalista, è specializzato nel raccontare le eccellenze della “Sardegna delle eccezioni” (è il titolo del suo ultimo libro). La Sardegna non investe in cultura e soprattutto non ama la cultura del lavoro.  Attingendo alle numerose storie “eccezionali”  da lui presentate nei suoi libri Mameli  ha voluto indicare una via ai giovani per avere successo professionale. In Sardegna la massa dei giovani non si schioda dal bar; bisogna fare come coloro che si rimboccano le maniche, che una volta raggiunta la laurea inviano il loro curriculum a società, istituzioni straniere senza complessi di inferiorità. Certo all’estero i curricula li leggono e sono capaci di affidare un incarico di alta responsabilità, se il soggetto lo merita, dopo solo due giorni dal ricevimento del curriculum (cosa impossibile in Italia)

Mameli ha evidenziato il grande successo delle donne che si sono impegnate in Sardegna e all’estero in lavori creativi, senza risparmi di fatica. Mameli ha concluso indicando una strada ben precisa: le eccezioni devono diventare regole. I giovani devono avere coraggio di sperimentare strade nuove, sottraendosi alla “dittatura delle mediocrità” che sembra dominare nella nostra isola.

Don Pietro Borrotzu, responsabile della Pastorale del Lavoro per La Sardegna, ha citato le tesi espresse da Bachisio Bandinu nel suo libro di alcuni anni fa “Lettera  a un giovane sardo” (1996). Il giovane sardo deve giostrarsi in una duplice appartenenza tra il globale e il locale. Oggi si producono solo oggetti-merce e non oggetti-segno: questi ultimi sono i soli che rimandano a una cultura non schiava dei consumi imposti dalla situazione e dalla prospettiva del non lavoro: alcool, droghe.

Ha ragione Franco Manca nel dire che gli interventi per attenuare la povertà rischiano di essere orientati all’assistenzialismo fine a sé stesso, è anche vero però che la povertà in Sardegna non è una condizione astratta. E lo dimostra il  grande numero delle famiglie che hanno chiesto di avere accesso al programma di solidarietà attivato dalla Regione Sardegna.

Don Borrotzu ha quindi illustrato i principi del movimento che prende il nome dalla “Carta di Zuri”, il cui obiettivo è quello di fare la guerra alla povertà e di favorire in tutti i modi l’inclusione sociale, cercando quindi innanzitutto di contrastare la disoccupazione giovanile.

All’incontro ha portato il saluto l’assessore regionale al lavoro Antonello Liori. Il suo messaggio è stato letto dal suo addetto stampa, Fabio Meloni.

Ha scritto Liori:  “I giovani rappresentano la continuità ed il futuro dell’organizzazione dell’emigrazione sarda nel mondo. È perciò fondamentale  agevolare la partecipazione ed il coinvolgimento delle giovani generazioni, realizzando gradualmente una staffetta generazionale con chi ha avuto il grande merito di aver creato una fitta rete di associazioni e di attività, in tutto il mondo. Intendiamo per giovani – precisa Liori – sia le nuove leve di emigrati, sia i tanti sardi di seconda e terza generazione che sentono ancora forte il legame con l’Isola. Cercherò di farlo realizzando iniziative, idee e progetti che possano interessare i giovani, sia nel campo della cultura e del sociale che della formazione”.

 

 

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