DA PALAU A BARCELLONA: INTERVISTA ALL'ARTISTA PAOLO ANGELI CHE RACCONTA DELLA SUA "CHITARRA SARDA PREPARATA" CHE PRODUCE MUSICA DEL TUTTO PARTICOLARE

Paolo Angeli

Paolo Angeli


di Claudia Ceroni

Vederlo suonare è un’esperienza visiva, oltre che musicale, che non si dimentica facilmente. Perché quella che Paolo Angeli suona non è una semplice chitarra, bensì uno spettacolare strumento a 18 corde (6 normali, 8 posizionate di traverso e 4 sospese) corredato da una serie di martelletti, pedaliere, eliche e pick up. Un ibrido tra una chitarra, un violoncello e una batteria, che prende le distanze da ogni forma di ortodossia musicale per dar vita, in simbiosi con l’artista che l’ha creato – un folletto che sul palco indossa sempre una maglietta da marinaio russo – a un’esibizione solistica unica al mondo. Nel 2003 Pat Metheny assiste a una di queste perfomance e ne resta folgorato: vuole anche lui una chitarra così. Così oggi al mondo ne esistono due. Per costruirle – quella per sé e quella per l’insigne jazzista americano – Paolo si è rivolto alla liuteria Stanzani di Bologna e al meccanico Francesco Concas, che ha accettato di mettere in gioco la sua antica arte per dare forma, pezzo dopo pezzo, alla lucida visione di questo artista coraggioso. Lui la chiama chitarra sarda preparata. Pat Metheny l’ha ribattezzata Paolo Angeli’s guitar e l’ha utilizzata come base di partenza per il suo ultimo tour mondiale ‘Orchestrion’. Giovanissimo, Paolo impara i rudimenti della musica da suo padre e comincia a suonare dentro un autobus abbandonato. Si diploma presso l’Istituto Nautico de La Maddalena e nel 1989 lascia la Sardegna. I suoi studi lo indirizzerebbero al comando di navi mercantili, lui si appresta a navigare “senza barriere stilistiche” nel mondo della musica. Come prima tappa, sbarca a Bologna dove, tra facoltà occupate, circuiti alternativi e bande musicali, entra in contatto con il jazz e la sperimentazione. Contemporaneamente, si riappropria della cultura musicale sarda con il maestro Giovanni Scanu e comincia a fantasticare di una chitarra sua, che prenda ispirazione dalla chitarra sarda ma riesca a dare voce a tutti gli stimoli musicali ai quali Paolo nel frattempo si è sottoposto. Dal 2005 vive a Barcellona, “perché qui c’è un clima fantastico e dall’aeroporto posso muovermi velocemente e a buon mercato in tutto il mondo”. Collabora con musicisti internazionali come Fred Frith, Hamid Drake, Evan Parker e si esibisce nell’ambito di festival, teatri, gallerie e avant-jazz club di Europa, Canada, Stati Uniti, Russia e Brasile.

La Sardegna è molto presente nelle sonorità della tua musica. Tre cose della tua terra di origine, simboliche o reali, che porti sempre con te. Il mare, la durezza del granito, l’odore della bureddha, cioè l’elicriso.

Björk, Fred Frith e Pat Metheny. Tre artisti molto diversi tra loro dai quali hai tratto parte della tua ispirazione. Cosa che hai imparato da ognuno di loro. Da tutti la relazione profonda con la libertà. Sono artisti che non fanno separazione tra alto e basso, tra colto e popolare, tra avanguardia e musica pop. Da Björk ho appreso il gusto per il dettaglio e la capacità di tessere melodie stupende. Da Pat Metheny la curiosità innata che lo porta anche oggi, a 56 anni, a mettersi in gioco. Fred è capace di spaziare tra avant rock, improvvisazione e musica contemporanea ed è il mio principale punto di riferimento.

Prima di ogni concerto, dici sempre che non sai cosa suonerai. Da cosa nasce l’ispirazione per le tue performance improvvisate. Da tante cose: da cosa ho mangiato, dall’accoglienza di chi mi ospita, dai visi delle persone che entrano in sala, dal tipo di luogo in cui si tiene la performance. Tutto questo avviene a livello non razionale: si tratta di un sentire, un captare energie e sensazioni che si dispiegano nel dialogo tra me e la chitarra.

Il concerto più bello della tua vita. A 15 anni, nel campo sportivo di Palau, con la mia rockband: fu un concerto autoprodotto di oltre tre ore, vissuto con l’adrenalina e la timidezza dell’adolescenza. Ma il concerto più bello è quello che cerco di fare ogni sera, per superare in intensità ed emozione quello del giorno prima.

Palau, Bologna, Barcellona.

Cosa ami di queste tre città. Palau è casa, radice, mare, maestrale, e la libertà del trovarsi al centro del mediterraneo. Bologna è uno splendido passato, legato alla produzione antagonista e ai circuiti alternativi. Barcellona è il mio presente: una realtà multietnica, capace di non creare barriere tra occidente e oriente, nella quale mi sento orgogliosamente creolo.

Vita da spiaggia, full immersion culturale, adrenalina notturna. Consiglia un posto di Barcellona per conoscere la città da queste tre angolazioni differenti. Premesso che non amo le realtà mondane, suggerirei: le calette di Tossa de Mar (Costa Brava), il polo culturale del CCCB e i club Heliogabal, Robadors 23, Bar Electric (tra il Raval e Gracia), per conoscere la produzione musicale underground della città. Imperdibile un piatto di calamari fritti al Can Maño (Barceloneta) – la bettola più bella del mondo – e un tuffo nei mercati della città.

Sei spesso invitato a suonare nelle radio di tutto il mondo: dalla Rai alla BBC. Qual è il posto in cui sogni di esibirti. Con un gioco di parole, essendo io di Palau, mi piacerebbe suonare all’interno di quel capolavoro del modernismo catalano che è il Palau de la Musica Catalana.

Il più grande lusso che la tua vita ti consente. Svegliarmi e abbracciare ogni giorno la chitarra, uno strumento che è allo stesso tempo Hendrix, Django Reinhardt, Paco de Lucia, Frank Zappa, Fred Frith, Adolfo Merella. Non avrei mai pensato che, dopo 32 anni di convivenza, avrei continuato ad abitare la sua casa con tanti stimoli nuovi. In questa fase, sono impressionato dalla ricchezza della musica in senso lato. Il secondo privilegio è viaggiare e conoscere il mondo.

Chitarra, chitarra sarda e chitarra sarda preparata… Il prossimo passo? Ultimamente sto suonando tantissimo la chitarra spagnola e divoro letteralmente la discografia del flamenco. È come fare pace con la sei corde, accettando pregi, limiti e difetti di uno strumento che evoca mondi lontanissimi. Forse non ho mai studiato tanto in vita mia ed è un piacere che questo coincida con un momento di massima esposizione artistica. Dopo Tibi, dual disc realizzato con Nanni Angeli, sto imbastendo Sale, che ingloba le suggestioni di un viaggio immaginario tra le sponde del mediterraneo.

Chiudi gli oggi e pensi: voglio vivere così. Cosa vedi? Vedo me stesso oggi, con uno sguardo sereno, felice di vivere con intensità il viaggio nel mondo della musica.

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