SE NON ORA, QUANDO? LE RIFLESSIONI DI UNA GIOVANE DEL CIRCOLO "DELEDDA" DI SARONNO CHE HA PARTECIPATO AL SEMINARIO DI BOLOGNA

a Bologna, il seminario dei giovani della FASI e il Brinc@ Music Festival

a Bologna, il seminario dei giovani della FASI e il Brinc@ Music Festival


di Elena Figus

Volevo darvi conto di quanto è emerso durante l’incontro dei giovani della F.A.S.I. tenutosi a Bologna nel week end appena trascorso. Il dibattito ha riguardato la condizione della Sardegna, dei giovani emigrati, degli emigrati di lungo periodo e si è discusso animatamente su quale potrebbe essere il ruolo dei Circoli per il prossimo avvenire. Saranno le condizioni di abbandono in cui si trova tutta l’Italia, saranno quelle più tristi in cui si trova la Sardegna da ormai troppo tempo, ma sembra che i giovani sardi non riescano proprio più a sopportare il peso che sta gravando sulle loro spalle. La mancanza di lavoro, di opportunità di sviluppo, la triste condizione dei pastori, dei lavoratori che un lavoro ce l’avevano ma lo stanno perdendo, il peso delle servitù militari, la mancanza di personalità che svolgano un ruolo determinante nello scenario politico attuale fanno sì che le persone si sentano letteralmente abbandonate. La Sardegna ha bisogno di riprendersi la sua forza, i suoi giovani, che contribuiscano tornando a casa allo sviluppo economico, sociale, culturale e politico della propria terra d’origine. La questione degli emigrati non è solo un problema culturale, perché le famiglie sarde in questi decenni hanno investito tutte le loro energie per permettere ai propri figli di studiare fuori, di crescere, di andare incontro a nuove opportunità. Il loro contributo finisce qui perché a completare l’opera è mancato l’intervento delle (ormai famigerate) Istituzioni, che avrebbero dovuto lottare con tutte le loro forze affinché l’investimento fatto dalle famiglie sarde non andasse perso; avrebbero dovuto consentire alle persone di ritornare per mettere a frutto quanto seminato in anni di sacrificio lontano da casa. Tutti insieme, in un sistema così organizzato, avremmo fatto grande la Sardegna, e invece siamo lontani più di quanto già il mare non ci faccia sentire. E i giovani di Bologna sognano ancora di ritornare nella propria terra, inseguono ancora l’obiettivo di “rubare” dal continente tutta l’esperienza possibile e di riportarla nell’Isola. Non c’è più tempo per rimandare la questione a qualcun altro, è già troppo tardi per rimediare ai molti, troppi errori commessi in passato. E’ giunto il momento di (re)agire, e in questo un ruolo importante può essere svolto dai Circoli, i quali devono decidere se continuare a tenere i giovani lontani dalle proprie sedi o se coinvolgerli con azioni positive che possano vederli protagonisti. Quello che è emerso nel dibattito è che un numero non trascurabile di ragazzi partecipa alla vita dei Circoli, ma in maniera sporadica e con frequenti avvicendamenti, e il motivo indicato da molti durante la discussione starebbe proprio nelle attività promosse dai Circoli nella loro vita quotidiana. Forse, per meglio intenderci, è possibile che i Circoli siano composti per la maggior parte da persone “di una certa età”, sardi che hanno trovato nel continente la propria dimensione e che non hanno nessuna intenzione di ritornare in Sardegna perché la loro vita e quella delle loro famiglie è ormai altrove; allora è possibile che ai componenti anziani dei Circoli poco importi di fare cose che coinvolgano i giovani, pensate magari dai giovani stessi per soddisfare anche le proprie esigenze, pena la loro esclusione dalle associazioni. Ma vi invito a una riflessione: non sarebbe un male incurabile non trovare più alcun ragazzo (per età o anche solo per spirito) disposto a mettersi in gioco per promuovere la cultura sarda solo perché non vuole cimentarsi nella cucina tradizionale, promuovere noiosissimi cantanti sardi o sedicenti poeti che nemmeno in Sardegna vogliono più? E siamo veramente convinti che il potenziale dei sardi, o quello dei giovani sardi almeno, si riduca a così poco? Lo scontro generazionale non è mai stato facile, ma la posta in gioco in questi anni è diventata molto alta: la Sardegna rischia di scomparire (demograficamente e non solo) e questo è un rischio inconfutabile. Mi permetto di invitarvi a riflettere, ma anche a offrire il vostro contributo, che siate sardi oppure no, alla soluzione di questa grave situazione. Se riuscissimo a fare qualcosa per i nostri giovani, la Sardegna potrebbe essere un esempio per tante altre regioni d’Italia; ma non solo: pensando a quanti giovani il “sistema Italia” ogni anno fa crescere e istruisce e poi perde lasciando che contribuiscano allo sviluppo di qualche altro Paese. La battaglia è appena cominciata. Dobbiamo lottare tutti insieme. Sarà una bella lotta per la democrazia e la libertà. Siamo noi gli autori della nostra vita, proviamo a dare un finale diverso all’esistenza di migliaia di giovani che ogni giorno, con la nostalgia nel cuore, sperano in un domani non troppo lontano nel quale possano tornare “a domu”, per realizzarsi felicemente e ridare linfa vitale alla nostra povera, adorata Isola.

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