NUCLEARE, LA SARDEGNA AL VOTO: QUANDO I SARDI SONO IN GRADO DI PENSARE CON LA PROPRIA TESTA


di Roberto Scema

Domenica 15 maggio tutti i sardi (non solo quelli che voteranno anche per le amministrative) saranno chiamati ad esprimersi attorno ad un quesito referendario che tocca uno degli argomenti di maggiore attualità, il nucleare. Il referendum regionale proporrà il seguente quesito “Sei contrario all’installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti? Pertanto chi è contro il nucleare, dovrà esprimersi con un NO, mentre chi non è contrario alla ipotesi di centrali nucleari nell’isola, voterà SI. Il referendum regionale, promosso da Sardigna Natzione e da circa 150 associazioni, ha natura esclusivamente consultiva, ed anticipa il referendum nazionale, che è invece abrogativo. La differenza è sostanziale: nel primo caso il risultato del voto non è vincolante per le Istituzioni; nel secondo caso invece l’esito è immediatamente efficace, modificando la norma ed impedendo la costruzione di centrali nucleari in tutta Italia. Anche se solo consultivo, il referendum sardo ha comunque una grande importanza, perché, di fronte ad un chiaro pronunciamento dei cittadini isolani, nel momento in cui la Regione Sardegna dovrà esprimere il proprio parere (ancorché non vincolante) nel caso in cui il Governo nazionale decidesse di realizzare centrali nucleari nell’isola, di certo non potrà dire cose diverse rispetto a ciò che il referendum avrà sancito. L’esito della consultazione appare scontato: tutte le forze politiche sarde si sono fino ad ora espresse contro l’ipotesi di installazioni nucleari nell’isola. Perciò l’attenzione si sposta sulla quantità di persone che si recherà a votare. Il quorum, fissato al 33%, verrà sicuramente raggiunto e superato (anche per la coincidenza con le elezioni amministrative che interessano grandi centri come Cagliari, Olbia, Iglesias, Carbonia, Villacidro); sarà interessante vedere di quanto. L’avvio della campagna referendaria coincide con la tragica esperienza vissuta dal Giappone il quale, dopo essere stato colpito tanto pesantemente dal terremoto e dal successivo tsunami, affronta l’incubo nucleare, in seguito ai danni riportati dai reattori della centrale di Fukushima. Comunque finisca la vicenda giapponese, è chiaro che si impone un ripensamento anche per coloro che, in Italia, spinti da una incrollabile sicumera, sostenevano l’ineluttabilità della opzione nucleare, ritenuta “unica seria alternativa alla dipendenza da petrolio e gas, oramai in via di esaurimento”. Il ripensamento passa attraverso una domandina semplice, che è uguale sia per l’uomo della strada che per lo scienziato: quella nucleare è una tecnologia sicura, si o no? I fatti del Giappone suggeriscono la seconda risposta. Nonostante lo stato del Sol Levante sia una delle massime potenze economiche e tecnologiche del mondo, è bastato un semplice guasto ad un generatore, derivante da uno tsunami superiore a quanto era stato previsto, per dare il via all’incubo di questi giorni. Vale a dire: sarà anche bassa la probabilità di incidenti, ma poiché il rischio è altissimo, definire “sicura” una centrale nucleare è quanto meno un azzardo. Questa considerazione pare farsi strada anche tra i “nuclearisti”. E così assistiamo iscriversi al “partito dei dubbiosi” numerosi esponenti di quel fronte “pro nucleare” che, fino a qualche giorno fa, pareva molto compatto. Che si tratti di seria presa di coscienza, e di reazione tattica di fronte ai risultati dei sondaggi che stanno misurando la crescente paura dell’opinione pubblica, per ora non è dato di sapere. Quel che è certo è che la partita è ora apertissima. Ma perché proprio in Sardegna si fa un referendum consultivo? Perché l’isola, per le sue caratteristiche geografiche (è un’isola ed è lontana dal resto d’Italia), geologiche (non è zona sismica), demografiche (ha una bassa densità di popolazione) è, a giudizio di molti, l’area ideale per costruire le centrali. Persino una illustre scienziata dal calibro di Margherita Hack si è espressa positivamente su questa ipotesi e considerazioni analoghe aveva fatto Enzo Boschi, tra i più noti sismologi italiani. Argomentazioni che, va detto con chiarezza appaiono assai stonate, in particolare quando vengono usate, in malafede, da chi vorrebbe imporre l’opzione nucleare contro il volere delle popolazioni interessate. Non è la sindrome di coloro che non vogliono le cose scomode nel proprio giardino. Qui nell’isola, oggi, e forse domani in tutta Italia, è matura la consapevolezza che non abbiamo bisogno del nucleare; ed allorquando ne avessimo bisogno, non lo vogliamo, perché siamo in grado di fare considerazioni che sanno andare oltre quelle esclusivamente economiche. Considerazioni che cercheremo di sviluppare in una prossima occasione. Per il momento, segnatevi sull’agenda la data del 15 maggio. Comunque la pensiate.

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Un commento

  1. Scusate, credo che l’autore si sia confuso. Per come è posto il quesito è SI per chi è contrario e NO per chi è a favore del nucleare.

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