di Claudia Mura
Ci sono donne che festeggiano l’otto marzo trasformando locali notturni e pizzerie in chiassosi ginecei in cui emancipazione significa assistere a uno spogliarello maschile. E ce ne sono altre che celebrano la Giornata internazionale della donna confrontandosi sui temi delle pari opportunità, delle quote rosa e delle discriminazioni di genere. Quest’ultima è stata la scelta di chi, ha partecipato all’incontro con la scrittrice Michela Murgia all’Auditorium della Tiscali a Cagliari. E fa piacere rilevare il dato che insieme a tante donne ansiose di confrontarsi con l’autrice ci fossero parecchi uomini. Michela Murgia è diventata celebre col libro Il mondo deve sapere, che descrive le condizioni di sfruttamento subite dagli operatori di telemarketing e che ha ispirato il film Tutta la vita davanti di Paolo Virzì, ma è col romanzo Accabadora, intreccio dei due temi adozione ed eutanasia, che ha vinto il Premio Campiello 2010. A maggio Einaudi pubblicherà l’ultima fatica dell’autrice sarda, Ave Mary, sull’influenza della Chiesa nella costruzione dell’immagine della donna. Libertà femminili e dogmi cattolici sembrano spesso due argomenti inconciliabili e la Murgia, da credente con studi teologici alle spalle, non si sottrae all’impegno di rilevare certe contraddizioni. Nel dialogo avuto col giornalista Giacomo Mameli e col pubblico, l’autrice racconta il suo punto di vista sulle problematiche più attuali con rare doti affabulatorie. La sua vena narrativa si esprime, infatti, nell’oralità con una maestria tale che ascoltarla è quasi più piacevole che leggerla. “Sogno un mondo in cui le donne non siano una categoria da proteggere”, dice Michela Murgia che insiste molto sul femminile quotidiano: “Le donne simbolo mi spaventano, non può essere brava solo la donna che sacrifica la propria vita per un ideale, non può essere santa solo la bambina uccisa. Esiste una normalità femminile senza voce e invece dobbiamo pretendere che la nostra normalità sia rappresentata con più dignità. Va bene la premio Nobel, ma va bene anche la casalinga o l’operaia.” L’analisi fatta sui media, a partire dalla pubblicità, è dura ma puntuale: “Non esistono modelli rappresentativi della normalità della donna che non siano caricaturali.” Ma nel giorno che ha preceduto l’approvazione del ddl sulle quote rosa (testo che, una volta incassato il disco verde di palazzo Madama, dovrà tornare alla Camera per la terza lettura) non si poteva ignorare l’argomento e Michela Murgia ha dichiarato senza esitazione il suo favore alla presenza femminile imposta per legge. Insomma: sarebbe bello poterne fare a meno lasciando che la scelta fosse libera e basata sui soli meriti a prescindere dal sesso, ma “non si possono fare parti uguali, quando si parte disuguali”.