UN GRUPPO DI SUORE SARDE PRODUCE VINO PER AIUTARE RAGAZZI DISABILI: "CON IL NOSTRO CANNONAU CURIAMO ANIMA E CORPO"

le suore delle Evaristiane a San Vero Milis

le suore delle Evaristiane a San Vero Milis


di Mariagrazia Marilotti

«Il nostro Cannonau inebria corpo e spirito e premia il palato, non è solo buono, fa del bene». Parola di suor Emanuela dell’ordine delle Evaristiane del Sacro Cuore, comunità religiosa che esiste solo in Sardegna e che quest’anno, finalmente, otterrà il riconoscimento della Chiesa. Dall’81 con le consorelle Rimedia, Crocifissa, Patrizia e il confratello Marco, e sotto la guida della madre superiora Suor Margherita, (sorella di Suor Emanuela), gestiscono un’azienda vitivinicola con tutti i crismi. Il pezzo forte sono i vini di gran qualità, che hanno ottenuto segnalazioni dal Gambero Rosso 2007 e Tralcio d’Oro 2006. Ne commercializzano ogni anno 25mila bottiglie per tutti i gusti, bianchi, rossi, dolci, secchi. Non soddisfano solo il palato di intenditore, sono la risorsa per mandare avanti la comunità e aiutare tanti giovani disabili con dietro storie di emarginazione, abbandoni e rifiuti. Perché ancora nel terzo millennio una malattia come l’autismo fa paura a molti. E per questi ragazzi sfortunati si chiudono tutte le porte. Ma il cancello delle Evaristiane resta sempre aperto. Non si manda via nessuno dalla fattoria didattica di Putzu Idu, la borgata marina si San Vero Milis, a pochi chilometri da Oristano. L’azienda (www.vinievaristiano.it) ha un’estensione di 22 ettari tra vigneti e ortaggi. I primi passi della comunità sono stati compiuti negli anni Trenta da padre Evaristo Madeddu, scomparso nel ’66. «Era un sant’uomo» dice Suor Emanuela «seguendo il suo esempio oggi siamo una realtà solida. Con i ragazzi lavoriamo i campi e produciamo questo nettare che per noi è benedetto da Dio». Come si avvicina il periodo della vendemmia esplode la festa. Tutti s’impegnano tra i filari. Ognuno ha un compito ben preciso per mandare avanti il prezioso lavoro che precede la vinificazione. «E’ bello potare e anche raccogliere i grappoli, questa è la nostra famiglia», raccontano due degli ospiti, Manuel e Raimondo. A imbottigliare e etichettare ci pensano poi Suor Emanuela e Suor Crocifissa. Alle prime luci dell’alba Suor Emanuela sale alla guida del trattore per arare o trasportare il concime. A guidare quel mezzo è la più esperta. Per produrre quel dolce nettare che in silenzio dedicano al Signore, c’è dietro un impegno costante. Ma alla fine il risultato premia tutti ed è abbondante. Il catalogo dei vini conta quattro rossi, l’Aristo (Cannonau doc), Flora (Manica doc), Evaristiano (Igt, indicazione geografica tipica) e Saturnio (novello). I bianchi sono due, il Vermentino Is Araus e L’Evaristiano bianco, più due spumanti, uno Brut e l’altro demi soc. L’ultimo arrivato, un vino da messa, è un passito, Dominus, e si sposa bene con il pan di sapa che Suor Rimedia, cuoca della comunità, non fa mai mancare sulla tavola del refettorio, come carciofi, cavoli e melanzane dell’orto. È tutta biologica la produzione di vino custodito nelle botti delle cantine gestite dalle suore. Va a ruba nei ristoranti della zona e anche nella penisola sono molto ricercati. Dietro questa produzione senza scopo di lucro c’è un grande impegno sociale. «Dobbiamo assicurarci l’autofinanziamento perché la comunità possa andare avanti», spiega il confratello Marco. «Ma non è semplice, anche se chi acquista il nostro vino sa di aiutare questi ragazzi» . Racconta Suor Margherita «Alcuni non sapevano neanche muovere le mani, ora non sono più chiusi a riccio nel loro disagio, sono in grado di potare, usare la zappa, suonare la chitarra. Non sono parcheggiati, hanno ottenuto anche quel riconoscimento sociale di cui ogni persona ha diritto». L’affetto e l’incoraggiamento che ricevono è come un medicamento. Una medicina che sembra più forte di una terapia. Come per Francolino. «Quando è arrivato restava ore e ore accucciato in un angolo senza dire una parola. Pensavamo fosse muto. Solo dopo un paziente lavoro Francolino ha cominciato ad aprirsi e manifestare capacità, va in giro con l’annaffiatoio a dare acqua agli ortaggi e ha sempre il sorriso sulle labbra, quando incontra qualcuno si appoggia alla sua spalla in cerca di un segno di amicizia» ricorda con affetto Suor Emanuela. Ci sono poi, tra i tanti, Alessandro che nella vendemmia è diventato un numero uno, e Raimondo, che si aggira tra i filai delle vigne con una manualità non comune. Poi Francesco, un mago della chitarra, Luigi, un vero poeta capace di intrattenere i commensali recitando versi improvvisati. In questo angolo di Sardegna affascina, con un mare limpido e cristallino con i fondali ricchi di praterie di poseidonia, gli stagni e una distesa pianeggiante, i ragazzi hanno scoperto una nuova dimensione, conquistato il senso della famiglia, quella che non hanno mai avuto o hanno perso. Hanno anche scoperto che cosa significa essere responsabili di un piccolo podere. Ognuno ha a disposizione una certa quantità di metri quadrati che coltivano a suo piacimento. E non ce n’è uno che sia rimasto incolto. Anzi, fanno a gara per mettere in mostra il frutto del loro lavoro: carciofi, peperoncini, lattughe, zucchine. «Un lavoro pedagogico che li aiuta a superare tristezza e solitudine, ma anche manie e ossessioni», spiega Suor Emanuela. Le giornate scorrono laboriose, momenti di preghiera, tornei di ping pong e biliardino. I ragazzi si sono fatti tanti amici, ma a occupare un angolo speciale nel loro cuore è un drappello di alpini del Trentino che a titolo gratuito è rimasto quattro mesi nella comunità per restaurare un caseggiato cadente, apprezzando il buon vino e la buona compagnia. Tra qualche giorno ricorre il compleanno della centenaria della comunità, nonna Teresa, madre di Suor Margherita e Suor Teresa. I 25 gennaio ha spento 101 candeline. Sarà una grande festa bagnata stappando la bottiglia del’ultima etichetta, il rosato Eva. C’è da scommettere che dietro la longevità della nonnina c’è qualche bicchiere di quella «spremuta d’uva».

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2 commenti

  1. Mariagrazia Marilotti

    per una curiosa coincidenza stavamo per incontrarci a Cinisello
    Balsamo, spero possa esserci un’altra occasione!
    grazie per la segnalazione del pezzo
    a presto, grazia

  2. Sergio Oggiano (Bergamo)

    ti ringrazio tantissimo per aver pubblicato l’articolo, ci tenevo tanto. Ho letto il commento della giornalista e ho visto che ne è stata entusiasta.
    Ancora grazie per la collaborazione ti saluto cordialmente.

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