RISPOSTA ALL'ARTICOLO DI SERGIO PORTAS PUBBLICATO IL 30 DICEMBRE: "LA MIA BATTAGLIA PERSONALE CONTRO L'EDITORIA A PAGAMENTO"

Michela Murgia, vincitrice nel 2010 del Premio Campiello

Michela Murgia, vincitrice nel 2010 del Premio Campiello


di Michela Murgia

Ho letto con qualche sconcerto l’articolo comparso in questi giorni su Tottus in pari a proposito di quella che definisci “la scuderia” dell’editore Davide Zedda. Forse sai che da tempo insieme a molti altri scrittori (da Sandrone Dazieri a Loredana Lipperini), giornalisti e addetti ai lavori, porto avanti una battaglia di informazione contro l’editoria a pagamento, cioè contro le sedicenti case editrici che non raggiungono il loro fatturato vendendo i libri che stampano, ma facendo pagare agli aspiranti autori la loro pubblicazione. Il business degli editori a pagamento sono gli autori, non il loro talento. Se soggetti pseudo editoriali come le edizioni di cui parli riescono a pubblicare venti libri al mese, è perché hanno trovato venti persone al mese disposte a sborsare dei quattrini per comprarsi l’illusione della dignità di stampa per i propri scritti. Credo che le signorine che hai trovato al banchetto di Roma si siano dimenticate di dirti che anche il loro editore opera in questa maniera. Nel tuo articolo infatti non compare da nessuna parte il fatto che La Riflessione di Davide Zedda sia una casa editrice a pagamento, e questa mancanza alimenta in chi lo legge il miraggio che al mondo esistano editori dal cuore generoso che pubblicano per bontà i talenti che tutti gli altri editori cattivi hanno rifiutato. Non è così. L’editoria a pagamento, pur non essendo illegale, causa tre livelli di danno. Il primo è all’autore, che viene illuso che pagare per pubblicare sia una strada per valorizzare il proprio talento, mentre è vero esattamente l’opposto: se è un autore bravo, da quel momento per lui la strada per una casa editrice seria sarà tutta in salita. Se invece è un autore che non ha prospettive, gli verrà alimentata l’illusione del contrario. In ogni caso entrambi hanno sborsato dei soldi, o hanno dovuto firmare impegni d’acquisto dei propri libri, assumendosi il rischio di impresa che in teoria spetterebbe all’editore. La casa editrice non investe niente: non ci sta mettendo i soldi suoi, non ha nessun costo di revisione del testo (la signorina te lo ha detto chiaramente) e  se anche non si vende una copia non ci rimette nulla, quindi non ha nessun interesse a promuovere, distribuire o valorizzare la collocazione del libro: farà tutto l’autore attraverso le sue conoscenze e le sue relazioni. La cosa paradossale è che, pur non rischiando niente l’editore, se il libro per un incredibile colpo di fortuna dovesse avere successo col passaparola, l’autore sarà sottoposto ai vincoli contrattuali standard prendendo solo una piccola percentuale dei diritti, nonostante sia il soggetto del rapporto che si è assunto tutti i costi. Se ti dicessi che l’autore che pubblica in questo modo è simile a un impiegato che paga il suo datore di lavoro per poter andare in ufficio a lavorare, questo processo ti apparirebbe in tutta la sua assurdità. C’è anche un inganno causato direttamente al lettore, che qualche volta trova nelle librerie locali queste pubblicazioni di nessuna qualità editoriale, senza neanche la più elementare correzione delle bozze, affiancate a titoli di autori che invece sono stati selezionati con cura e i cui testi sono stati corretti e curati da persone competenti. Una casa editrice seria è una garanzia per il lettore, perché su ogni libro suo c’è un avviso non scritto che dice: “caro lettore, questo libro l’ho letto prima di te, l’ho giudicato buono e ci ho investito sopra dei soldi per farti avere in mano una cosa che ritengo valida. Se ti fidi di me, fidati di questo autore.” Chi compra libri del Maestrale, o di Einaudi, o di Adelphi, sa perfettamente che dietro c’è una qualità editoriale che prescinde dal fatto che il libro ti possa piacere o meno. Con i libri degli editori a pagamento invece si finisce per portarsi a casa, e magari regalarlo, un libro che costa esattamente come un altro, ma dietro il quale non c’è la competenza di nessuno, spesso neanche dello stesso autore, e non c’è alcun patto di fiducia tra editore e lettore. L’altro danno è rivolto agli editori veri, quelli che pagano l’autore per il suo lavoro, anziché farlo pagare, e che tengono in piedi una struttura di professionalità che si prende cura del testo, lo corregge, lo stampa, lo distribuisce, lo promuove e lo accompagna in ogni momento della sua vita editoriale. Per questi motivi i libri delle case editrici a pagamento non vengono recensiti sui giornali nazionali, non vengono distribuiti nelle librerie serie e i loro autori non vengono invitati ai festival letterari importanti insieme agli scrittori che pubblicano nel vero senso della parola. Per questo motivo io e molti altri autori non presentiamo i nostri libri in librerie che distribuiscono gli editori a pagamento e ovviamente non presentiamo né pubblicizziamo questi autori nelle molte occasioni in cui qualcuno ci chiede un consiglio di lettura, perché farlo significherebbe legittimare il sistema che li sta usando e illudendo. Desidero chiarire che nemmeno uno degli autori sardi viventi di qualche rilievo ha mai pubblicato a pagamento, ma tutti siamo arrivati alla pubblicazione passando per i canali normali dell’editoria, che sono molto più accessibili di quel che si pensi, dato che nessun editore butta via un talento. Basta crederci, e nel frattempo non buttarsi via.

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Un commento

  1. Tutto condivisibile quello che dici, tranne che per un particolare. Le case editrici che tu chiami serie hanno un difetto che credo sia tutto italiano. Non rispondono. Perchè la risposta anche se negativa è necessaria , per le stesse le stesse ragioni che dici tu. Se l’opera non è buona , bisogna dire le motivazioni, suggerire cambiamenti se servono per continuare a scrivere o per metterci una pietra sopra. Questo eviterebbe che molti si illudano perchè trovano qualcuno che pubblica qualsiasi cosa. L’abitudine tutta italiana è la stessa che fa sì che quando si mandano i CV per un lavoro , nessuno risponde. All’estero questo non succede.

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