UN CIRCOLO "DELL'ALTRO MONDO": L'ASSOCIAZIONE SARDA DI BRISBANE IN AUSTRALIA NEL QUEENSLAND

la delegazione australiana con Romina Congera nel 2008 alla Conferenza Internazionale sull'Emigrazione di Cagliari

la delegazione australiana con Romina Congera nel 2008 alla Conferenza Internazionale sull'Emigrazione di Cagliari


di Giuseppe Murtas

È impossibile sapere quali strumenti musicali suonassero gli artisti di allora insieme alle launeddas (il tipico strumento di bambù composto da tre canne palustri, la cui origine viene fatta risalire all’VIII secolo a.C., sulla base di un bronzetto raffigurante un suonatore ritrovato nelle campagne di Ittiri), ma, presumibilmente, si trattava di quello più antico di tutti e cioè la voce, con la quale molto probabilmente i nuragici si sono esercitati a lungo, visto che sono riusciti ad elaborare un incredibile coro polifonico, i tenores (su concordu, su tenore, su contrattu o s’aggorropamentu attualmente tipici dell’area barbaricina), dimostrando di conoscere bene i principi dell’armonia nella polifonia. Nel 2005, l’Unesco li ha classificati come Patrimonio orale e immateriale dell’Umanità. Tanto si potrebbe, e si dovrebbe dire, sulla cucina sarda. È basata su ingredienti molto semplici derivati dalla tradizione pastorale e contadina e dalla tradizione marinara lungo le coste. È molto varia e cambia da regione a regione non solo nel nome delle pietanze ma anche negli ingredienti. Come antipasti sono molto apprezzati i prosciutti di cinghiale, le salsicce di Irgoli e i prosciutti di Aritzo accompagnati da olive e funghi, mentre per i piatti a base di pesce si possono scegliere vari antipasti di mare. Primi piatti tipici sono i “malloreddus” (gnocchetti di semola conditi con sugo e salsicce), i “culurjonis” (fagottini ripieni di ricotta e menta oppure con un ripieno a base di patata, formaggio fresco e menta), i cui ingredienti variano da regione a regione; il pane “frattau” (pane carasau bagnato nel brodo con salsa di pomodoro e uovo in camicia), la “suppa cuata” o “suppa gadduresa” (pane raffermo, formaggio fresco – “casju spiattatu”, spezie, pecorino, il tutto ammorbidito con brodo di carne vaccina e cucinato al forno), “sa fregula” (minestra di brodo di carne con pasta di semola lavorata a piccoli grumi come il cuscus).

Come secondi piatti, gli arrosti costituiscono una peculiare caratteristica della cucina isolana tanto che quello del maialetto (“su porcheddu arrustu”) è considerato un emblema. E la lista potrebbe andare avanti per pagine intere. La Sardegna è da secoli terra di emigrazione: i Sardi che vivono al di fuori della Sardegna, secondo le ultime statistiche, sono circa 500.000. Benché sia sempre esistito un debole flusso migratorio, la grande diaspora si originò negli anni del dopoguerra con la fine dei lavori per la costruzione di grandi opere pubbliche (dighe, strade, riforestazione), avviate congiuntamente dallo Stato e dai privati al fine di ammodernare l’Isola. Molti pastori e contadini, divenuti operai e muratori, si trovarono ben presto senza lavoro, mentre il piano di rinascita economica, promesso da vari governi, tardava a concretizzarsi. Si creò così una corrente migratoria che si diresse principalmente verso le aree industriali del Nord Italia, dove si stabilirono più di 200.000 Sardi. Lasciarono l’Isola in tanti, fuggendo la crisi delle zone interne e degli agglomerati urbani, trovando lavoro in tutte le attività produttive, negli impieghi pubblici, nelle fabbriche, negli ospedali, nelle università. Molti, benché emigrando, non rinunciarono alla loro antica tradizione pastorale ed insieme alle greggi, si trasferirono in Toscana, nel Lazio e in Romagna, rivitalizzando territori ormai in via d’abbandono. Quelli che lasciarono l’Isola per andare in Europa, circa 150.000, si stabilirono in Germania (60.000), altrettanti in Francia, in Belgio (30.000), in Svizzera (28.000), meno numerosi in Inghilterra (circa un migliaio). In epoche precedenti, verso la fine dell’ Ottocento, un importante flusso migratorio si diresse nelle Americhe ed in Australia. Ancora oggi, nella sola Argentina, si contano più di centomila persone di origini sarde. Proprio in quel lontano paese si stabilì tale Giovanni Piras da Mamoiada che varie e contestate ricerche storiche identificano con il presidente argentino Juan Peron. E in Australia, la comunità sarda è sempre stata molto attiva: i vari club e associazioni attualmente operanti sono serviti e servono a tutt’oggi come un valido punto di riferimento storico e culturale. Ne è un classico esempio l’Associazione Sarda del Queensland. Oltre alle classiche attività tipiche di un club, l’Associazione è particolarmente attiva nel mantenere e sviluppare contatti culturali con la Regione Sardegna al fine proprio di coinvolgere la comunità sarda, quella italiana e la più grande comunità australiana in momenti di incontro e di cultura. Per chi pertanto decidesse di scoprire la Sardegna senza dover compiere viaggi intercontinentali, potrà contare sull’opera dell’Associazione Sarda del Queensland e di tutti gli altri club sparsi sul territorio australiano. Ma per chi invece volesse scoprire in prima persona questa meravigliosa isola, niente paura: la Sardegna ha ricorso da sempre al trasporto aereo per contrastare gli effetti dell’insularità, fatto che l’ha portata a sviluppare una buona rete di servizi ed impianti ben distribuiti sul territorio. Specialmente negli ultimi anni, il traffico aeroportuale ha registrato forti incrementi sul numero di voli e di passeggeri, confermando come la Sardegna sia un mercato fra i più attivi ed interessanti del mercato italiano ed europeo. La Sardegna apre le proprie porte al mondo!

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Un commento

  1. Maria Antonietta Deroma (Trento)

    CARI AUGURI DI UN FELICE; PROSPERO E – PERCHE’ NO! – ALLEGRO 2011 A TUTTI.
    Mariantonietta Deroma
    Coordinatrice FASI del Nord-Est

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