LA RELAZIONE DI FRANCESCA FAIS AL CONGRESSO DELLE ASSOCIAZIONI SARDE IN SVIZZERA: "UN PASSO CONCRETO VERSO UN FUTURO DIVERSO"

un momento del Congresso di Lucerna con Francesca Fais al microfono

un momento del Congresso di Lucerna con Francesca Fais al microfono


di Francesca Fais

Questa relazione non vuole essere un viaggio a ritroso nella storia dell’emigrazione sarda, né un racconto nostalgico tra i sogni e le illusioni di un tempo. Non parliamo solo di chi è partito dalla Sardegna, che molto spesso ha realizzato i suoi sogni, qui, in questa terra che molti di noi hanno contribuito a “costruire ”, ma sul cui suolo, in molti si sono anche “costruiti”. Ci riferiamo soprattutto a chi ha fondato e fatto vivere da ormai più di 40 anni, le nostre organizzazioni, convinto di contribuire cosi al bene della comunità sarda che risiedeva nella propria zona geografica di riferimento e, forse, anche un po’ al bene della stessa Sardegna.  Non vuole nemmeno essere una lista di problemi, recriminazioni, lamentele, accuse o moniti di alcun genere. Se siamo tutti qui, e non solo oggi in questo congresso, ma giorno dopo giorno, anno dopo anno, a lavorare all’interno delle associazioni, è perché la Sardegna, ce la portiamo dentro, un po’ madre e un po’ matrigna, ma sempre nel cuore e sempre vicina. Domani, quindi, a prescindere dall’esito di questo importante incontro, il nostro impegno e la nostra energia saranno forti come prima, più di prima, a favore di questa causa che è la nostra e che con tutte le nostre forze continueremo a perorare, per dare maggior peso alla voce del popolo sardo.  Al contrario, ci vorremmo invece analitici e propositivi: ribadire finché sarà necessario chi siamo, che contributo possiamo dare e nel contempo, definire assieme le misure che possano portarci a realizzare degli obiettivi comuni da inserire nel contesto attuale. Avanzeremo proposte concrete volte a dare nuovi stimoli anche alla classe politica sarda. Affronteremo tematiche e problemi con pragmatismo e razionalità.  Vorremmo quindi che quest’incontro segnasse l’inizio di una nuova epoca in cui si riannodano, per poi svilupparsi, le relazioni tra i sardi nel mondo e in Sardegna, quindi tra il popolo sardo, la politica e le istituzioni regionali. Riteniamo che sia giunto il momento della fine della retorica e delle promesse da campagna elettorale, per cedere il passo a quella della collaborazione e dell’impegno reciproco, in un lavoro comune, teso a creare relazioni e collaborazioni anche con il mondo imprenditoriale e con tutte le forze sociali operative in Sardegna. Deve essere l’inizio della strada della conoscenza reciproca, per gettare le basi di un lavoro quotidiano mirato a rafforzare i rapporti, affermare la nostra volontà di rinsaldare i legami culturali, storici e identitari, ricordare, anche se solo con un accenno, la storia che ci ha portato ad essere ciò che siamo, come rete di organizzazioni nel mondo e soprattutto ripartire nell’azione comune, puntando su un cambiamento di rotta, oltre che sui giovani, sui rapporti economici e sociali. Da sardi dimostreremo che possiamo farcela e che non possiamo più permetterci di sprecare nessuna delle risorse di cui disponiamo. Per questo, dobbiamo volgere lo sguardo al passato per non dimenticare, ma concentrare la nostra azione guardando al futuro. Ciò significa a volte dover rimettere in discussione ciò che già esiste, per ripensarlo nel contesto attuale. Abbiamo la capacità di rimetterci in gioco e di rinnovarci fino a tal punto? Siamo disposti a lasciare da parte i vecchi schemi per rinnovarci non solo sul piano strutturale ma anche sul piano della progettualità e degli indirizzi? Le strutture del mondo dell’emigrazione sono fondamentali ma é indubbio che debbano essere ripensate se si vuole evitare il tracollo. Questa è una necessità, ma per farlo, ci vuole il coraggio delle proposte e dell’impegno da parte di tutti.  Per dare prospettive e impegni rinnovati oltre innovativi, noi siamo qui a fare responsabilmente la nostra parte.

1. Quadro di riferimento: la Sardegna

1.1 L’occupazione o meglio la disoccupazione

Secondo i dati ISTAT del 24 giugno 2010 su Occupati e Disoccupati al I trimestre 2010, il tasso di disoccupazione della Sardegna ha raggiunto quota 16,1% (+2% su base annuale e +0,7% su base trimestrale). Pur essendo aumentati leggermente gli occupati (+5.515 su base annuale e +11.374 su base trimestrale), sono cresciute notevolmente le persone in cerca d’occupazione (+17.013 su base annuale e + 8.044 su base trimestrale). Passando ad alcuni dati settoriali, l’industria in un anno ha perso 9.255 occupati, dei quali ben 8.299 nell’industria in senso stretto e 956 nell’edilizia.  Va evidenziato che da quando è iniziata la crisi (III trim. 2008) in questo comparto si sono perduti 25.473 addetti complessivamente, dei quali 17.164 nell’industria in senso stretto e 8.309 nell’edilizia.

cfr. http://insardegnaeu.blogspot.com/2010/06/lavoro-in-sardegna-tasso-di.html

Un dato ancora più impressionante è quello che riguarda la disoccupazione giovanile (15-24 anni): secondo una classifica dell’ottobre 2010 stilata da Eurostat, la Sardegna è la sesta regione Europea e la prima in Italia con un tasso di disoccupazione del 44.7% …

cfr.http://www.newseconomia.com/disoccupazione-giovanile-in-europa-la-sardegna-e-al-sesto-posto-poi-sicilia/

In altri termini, oggi in Sardegna: ci sono circa 50 mila giovani fino ai 35 anni senza esperienze lavorative e senza reddito!  C’è anche un tasso elevatissimo di abbandoni scolastici : il terzo in Italia con il 15.2%. Queste cifre danno un quadro della situazione che non necessita di aggettivi supplementari per essere tradotto e ciò senza nessun bisogno di senza essere un esperto in materia: basta essere un cittadino che si informa. Ma probabilmente l’Assessore, referente politico ad hoc per questo tema oltre che esperto in materia a livello professionale, potrà darci maggiori chiarimenti. 

1.2 Il disagio sociale

Questo quadro, ci deve portare a riflettere sulla situazione di disagio che vive la nostra isola, sulle ripercussioni di tutto ciò sulle comunità, nonché portarci a fare le dovute considerazioni sulle responsabilità della classe politica. Oltre alle vicende di uno sviluppo tradito collegate ai settori industriali quindi alla chimica, al petrolchimico, all’alluminio, al fibro-sintetico, che ha visto la Sardegna tristemente protagonista del disinvestimento e del graduale abbandono da parte dei potenti gruppi industriali nazionali, una volta finito l’obbligo generato dagli incentivi ricevuti, mentre gli imprenditori sardi restavano esclusi da queste manovre, ci sono immagini ben più eloquenti e recenti che confermano questo stato di cose : non ultime quelle dell’isola dei Cassintegrati  o quelle ancora più vergognose della repressione della protesta dei pastori sardi, che volevano solo dare dignità a un settore che ha censito 17mila aziende, e che  coinvolge  30-40mila persone. Cosa succederebbe in Sardegna se venisse meno l’economia legata alla pastorizia? Eppure rischia di succedere… In un mondo dove le piccole produzioni, magari biologiche, ma comunque naturali e famigliari originano prodotti rari e ricercati da un mercato di nicchia, noi, non riusciamo a collocare questi prodotti, di cui abbondiamo, sui mercati e accettiamo che un litro di acqua minerale costi più di un litro di latte!

1.3 Le partenze continuano

Da l’Analisi dei flussi migratori e dello spopolamento in Sardegna, di Mauro Carta Vice-presidente dell’ACLI provinciale di Gesico, si evince che nel frattempo: “si continua a partire. Il fenomeno dello spopolamento dei paesi dell’interno della Sardegna ha interessato nel 2009 il 48% dei piccoli comuni (182 su 377) con una perdita di popolazione del 5.8% (riferendosi al 1 milione 671 mila residenti della nostra Regione).  I centri più colpiti sono ancora quelli più piccoli, spesso più distanti dalla costa e dai grossi centri urbani.  Ci si sposta quindi dall’interno verso le coste e/o verso le città. I paesi sono sempre più vuoti e sempre più isolati. La vita comunitaria al loro interno si impoverisce per mancanza di interazioni e di scambi. Anche partire dal paese per studiare in città e poi NON tornare più in paese contribuisce all’impoverimento delle singole comunità. Lo sviluppo locale dei territori sembra un’utopia e le tradizioni sono quasi viste come una palla al piede: una palla troppo pesante da trascinarsi con una crisi economica lungi dall’essere finita.  Il fenomeno non è fine a se stesso, ma crea ricadute negative a catena, come l’impoverimento dei servizi e la perdita di posti di lavoro ad essi legati. Una storia che si ripete tra l’altro e che avrà un risvolto sempre più negativo con la riduzione dei fondi destinati ai comuni che dovranno contare essenzialmente sul proprio gettito fiscale.

1.4 La nuova emigrazione

Oggi, sono spesso i migliori che, in silenzio, se ne vanno. Sebbene con uno spirito diverso rispetto all’emigrazione di massa, ormai lontana, chi parte non sempre rientra. Il problema è proprio questo! Non ci sarebbe infatti niente di male se questo fenomeno fosse indice di una società mobile, configurante il ritorno una volta acquisito un bagaglio di crescita culturale e professionale. La questione vera è che in Sardegna questo movimento è a senso unico, con un progressivo impoverimento della nostra isola.  Perché non si torna? La questione non va vista solo in chiave economica, ma si deve porre anche in termini civili. In buona sostanza, (con riferimento all’economista Paolo Sylos Labili) non è solo la domanda di lavoro qualificato che deve aumentare, ma devono migliorare anche le condizioni generali di vivibilità, dal funzionamento della pubblica amministrazione al controllo del territorio, quindi la sicurezza e la qualità dei servizi da parte dello Stato. Questa nuova emigrazione genera almeno due aspetti che ci interessano : uno é la fuga di cervelli, che concorre tristemente al mancato sviluppo della Sardegna e l’altro é costituito da questi nuovi sardi che arrivano all’estero, potrebbero avvicinarsi alle nostre associazioni, ma non sempre lo fanno. In entrambi i casi parliamo di preziosi testimoni e conoscitori della realtà sarda attuale.

1.5 La classe politica

Può forse sembrare brutale dirlo così a muso duro, ma la responsabilità di questa situazione è della classe politica. Di tutta la classe politica che ha governato e che governa la Sardegna. E’ sempre una scusa troppo banale, dire che questa situazione è un’eredità  di chi ci ha preceduto, perché in realtà la politica è fatta di uomini e gli uomini sono spesso gli stessi. Una volta al governo, una volta all’opposizione, ma visto che per fortuna i tempi di Don Camillo e Peppone sono finiti, e la drammaticità del momento è innegabile, le forze politiche si devono guardare in faccia e dialogare per poter governare. E questo con dei piani programmatici politici e di lavoro a medio e a lungo termine! I temi da trattare sarebbero tanti: Oltre a quelli evidenziati, ci sono quelli ambientali e tutte le possibilità che offrono le energie rinnovabili; il turismo che deve essere ulteriormente incrementato per offrire maggiori possibilità occupazionali; la continuità territoriale, indispensabile per favorire competitività commerciale e turistica. Ma c’è anche la cementificazione in agguato. C’è il dibattito sulla servitù militare per le basi militari italiane, il cui 66% si trova in Sardegna. Quest’ultimo è uno dei pochi temi legati alla nostra isola che interessa il governo nazionale. Inoltre si presenta di tutta attualità il complesso dibattito sul nucleare. La Sardegna da tanto, ma cosa riceve in cambio? Ha urgente bisogno di una classe politica che sia all’altezza della situazione e che sappia difendere ciò che le spetta per diritto giuridico e politico, senza piegarsi ai voleri del governo nazionale. Siamo una Regione a Statuto Autonomo: abbiamo dunque gli strumenti politici per pretendere che i diritti del Popolo sardo siano rispettati. La Sardegna ha il dovere di imporre la propria volontà di creare un sistema economico specifico, che si integri nella peculiarità sarda, perché l’insularità è un fattore economico di notevole incidenza, e questo è un dato di fatto!

2. L’altra Sardegna tra presente e futuro

2.1 L’“altra Sardegna“

In questo contesto appunto ci siamo anche noi: l’altra Sardegna. I sardi all’estero non sono emigrati; sono prima di tutto cittadini. In virtù di quest’affermazione inconfutabile, la situazione della Sardegna ci interessa e ci riguarda da vicino. Che ruolo e che responsabilità hanno i Sardi all’estero in questa Sardegna: il loro, il nostro: quello dei protagonisti, alla pari dei sardi residenti, per un diritto costituzionale dovuto. Non dimentichiamo, soprattutto in questo contesto, che abbiamo tutti un dovere morale, culturale, sociale e solidale da svolgere per la crescita della società sarda. Oltre alle radici e alla passione per la nostra terra, questa appartenenza ce la ricorda troppo spesso e troppo bruscamente un’altra componente : l’assenza di  programmazione politica e la mancanza di efficacia dell’amministrazione regionale, ai quali siamo direttamente confrontati, giorno dopo giorno, nel lavoro all’interno delle nostre associazioni. L’altra Sardegna conta nel Mondo più di 700’000 sardi, di cui circa 40’000 in Svizzera. Siamo una risorsa ancora sconosciuta e sottovalutata : fin qui mai stimata nel suo valore reale né come potenziale. Ciò crea la prima grande divergenza di visione. Noi sappiamo di essere una risorsa, mentre molti ci vedono come una palla al piede. Urge quindi un’indagine conoscitiva sui sardi nel mondo: chi siamo, dove e come viviamo, che formazione abbiamo, che esperienze professionali abbiamo acquisito, che valore e che risorsa rappresentiamo. Insomma, uno studio che quantifichi le risorse economiche (non solo sotto forma di rimesse), ma anche intellettuali, umane, formative del mondo dell’emigrazione. Quest’indagine non si può fare con una serie di interviste telefoniche. Occorrono innanzitutto criteri e poi dati oggettivi. E in questo possiamo essere noi e con il noi intendo tutte le organizzazioni nel Mondo, che conosciamo la realtà locale,  a dare un contributo fondamentale, ma c’é anche da pensare a tutti quei sardi che non aderiscono alle strutture del mondo dell’emigrazione. Una volta stabilita questa mappa, sapremo di parlare tutti la stessa lingua.

2.2 I Circoli

Dei 130 circoli sardi nel mondo noi siamo qui oggi in rappresentanza di 7. Con quanto segue, vogliamo rivolgere un invito alla riflessione e alla discussione sull’evoluzione necessaria alle nostre associazioni, per assicurarne la continuità in sintonia con le esigenze attuali. Gridiamo qui con forza che, se non ci fossero stati i Circoli e le strutture che ne derivano, la memoria dell’emigrazione sarebbe stata persa, ma non solo: non esisterebbe la rete di contatti straordinaria che tutti noi rappresentiamo. Grazie quindi di cuore a tutti quanti hanno contribuito a quest’opera. Adesso però, è venuto il momento di mettere a frutto questa rete, di valutarne le potenzialità e di trarne beneficio, cambiando rotta per poter finalmente rafforzare questo filo diventato ormai troppo sottile. Siamo coscienti e convinti dell’importanza del ruolo che rivestiamo: un ruolo storico di assistenza e di informazione delle comunità sarde all’estero, oltre che quello di difensori della nostra identità culturale, ma anche un ruolo più attuale di ambasciatori e promotori della Sardegna in Svizzera. È proprio su queste nuove esigenze che dobbiamo lavorare ulteriormente per rafforzarci e renderci più dinamici e organizzati. Le nostre attività devono variare e salire ulteriormente di livello per interessare i nuovi emigrati e le giovani generazioni e nel contempo promuovere tutti gli aspetti della nostra terra qui in Svizzera, creando così ricadute importanti sull’economia sarda. Per questo è fondamentale uscire dagli stereotipi che ci vedono spesso solo come luogo di aggregazione, chiuso al cambiamento e alla novità. Questo arricchimento naturalmente ha spesso dei limiti e richiede presupposti, ma è doveroso farlo, oltre che necessario. Gli aspetti nostalgici dell’emigrazione non possono e non debbono essere l’unico collante, ma il punto di partenza. Una rete internazionale costruita su rapporti tra persone legate dalla stessa identità, dalla stessa storia di popolo, da un comune sentire.  Dobbiamo da qui impegnarci nella valorizzazione delle nostre radici sarde, con l’importante obiettivo di creare assieme un sistema di rapporti anche in campo economico e imprenditoriale. Non possiamo comunque non dire, e questo deve far riflettere, che le nostre organizzazioni sono a rischio e che, senza un cambiamento strutturale che riguarda in primis la legge, le prospettive all’orizzonte sono ben magre. Questo non ha niente a che vedere con l’importo dei contributi concessi! Prima abbiamo parlato di limiti e di presupposti per il cambiamento delle nostre associazioni: i limiti sono posti dalla legge e dai regolamenti, ma anche dalle nostre abitudini come dirigenti. I presupposti, invece, sono una maggiore sicurezza che da troppo tempo ci manca. E’ necessario infatti che il primo anticipo arrivi entro il primo trimestre dell’anno. L’esperienza dimostra che solo il 90% dell’anticipo ci permette di programmare con cura le attività, assicurando quindi un massimo di ricadute delle stesse. Non giova a nessuno ricevere contributi alla fine dell’anno e poi dover organizzare attività in poco tempo per spenderli… come se la qualità delle stesse fosse irrilevante! La sicurezza di poter pagare una parte delle spese ci permetterebbe, come gruppi dirigenti, di concentrarci su altro : di discutere su nuove iniziative, nuovi modi di lavorare, prefiggerci nuovi obiettivi, far germogliare altre idee; semplicemente : programmare!

E’ triste dirlo, ma per il momento siamo più impegnati a sopravvivere che a vivere! Avendo accennato al tema dei contributi, vorrei fare un passo indietro di qualche anno e riportare alla vostra memoria la nozione dello svantaggio, un parametro di assegnazione, ormai troppo raro: qui in Svizzera, e chi ha cambiato Euro in Franchi di recente lo sa, lo svantaggio del cambio esiste, eccome!!

2.3 Le Federazioni

Le 7 Federazioni sarde esistenti al Mondo, si sono indebolite in questi ultimi anni. Le cause sono molteplici: la prima è politica con una perdita del loro raggio d’azione, anche dovuta al passaggio della gestione dal piano di utilizzo totale a quello unicamente per le attività. Questo penalizza notevolmente soprattutto i Circoli, perché i criteri di ripartizione stabiliti dai diversi piani annuali (e diversi per ogni anno) non tengono conto delle realtà delle singole associazioni, dei costi degli affitti, delle spese in generale oppure dei bisogni specifici. Anche in questo senso una semplificazione della burocrazia è assolutamente necessaria: sarebbe il momento di sedersi assieme e stabilire criteri che durerebbero poi negli anni! A contribuire ulteriormente a questo indebolimento, vi è sicuramente  una perdita di credibilità da parte nostra per errori commessi in buona fede, ma anche perché troppo spesso non esiste da parte dell’amministrazione la cultura dell’aiutare a non sbagliare ma solo quella del punire, del sanzionare. Vi è, inoltre,  un allontanamento dalla politica, causato da interlocutori che troppo spesso non ci hanno dato udienza, facendo si che certe situazioni si protraessero nel tempo e creassero tensioni, logorio e demotivazione. Per quelli che insinuano malignamente che noi come Federazione dovremmo esser più compatti, che alcune situazioni avremmo potuto oltre che dovuto evitarle, poniamo una domanda : “Come avremmo potuto compattarci, se anche solo per incontrarci dobbiamo chiedere un’autorizzazione?” Sarebbe molto apprezzato anche qui un segnale tangibile di fiducia, cambiando questo regolamento e concedendo che per le loro riunioni, i presidenti di Federazione non debbano chiedere questa autorizzazione. Questo ci permetterebbe, non solo di crescere, beneficiando gli uni delle esperienze degli altri, ma soprattutto di programmare e realizzare attività comuni !

Infine crediamo che, anche la presenza dei Presidenti di Federazione in consulta, come invitati, possa contribuire ad un nostro rafforzamento della politica di sviluppo, oltre che a mantenere una panoramica globale sempre attuale della situazione.

2.4 Le associazioni di tutela

Altro elemento reale del mondo dell’emigrazione organizzata sono le associazioni di tutela. A tratti ci sfugge ancora la loro funzione concreta e la loro sistemazione attuale. Tuttavia, visto che siamo qui a parlare delle strutture del mondo dell’emigrazione e di cambiamento, credo che anche la loro azione debba essere volta al raggiungimento degli stessi obiettivi in funzione delle nuove esigenze. Ci sembra che alcune di esse non corrispondono più a una rappresentanza politica né ancora meno ad una rappresentanza sociale. La loro presenza, in modo particolare in seno alla Consulta, è sproporzionata per quanto rappresentano e toglie voce e spazio al mondo dell’emigrazione che vive fuori della Sardegna. Chiediamo qui un’azione concreta che ridimensioni questa voce in Consulta.

2.5 La Consulta

E’ necessario, dare più peso alla Consulta regionale dell’Emigrazione e lasciare che essa funga da vero e proprio anello di congiungimento tra il mondo dei sardi fuori dall’Isola e la Giunta Regionale. Riteniamo che la sua funzione debba essere incrementata da un potere decisionale e non solo consultativo. E’ innegabile che anche questo importante organo del nostro mondo abbia potenzialità maggiori di quelle che esprime oggi. Tutti noi, circoli e Federazione ne riconosciamo l’importanza e ne vorremmo un rafforzamento. Se la legge prevede solo che esprima pareri, allora è una ragione in più per rivederla per renderla più confacente alle esigenze.

2.6 I sistemi informativi

Non possiamo non aprire questo capitolo con la nostra protesta forte e unanime alla chiusura del Messaggero Sardo, decisa dal taglio di contributo del piano annuale 2010. Condividiamo il fatto che il sistema informativo debba essere rinforzato e potenziato anche con mezzi alternativi al cartaceo, ma condanniamo la chiusura del Messaggero o anche il suo ridimensionamento, in quanto, ad oggi, esso rappresenta ancora l’unica memoria scritta del mondo dell’emigrazione. Una storia che va avanti da più di 40 anni e che niente allo stato attuale può sostituire. Siamo convinti che ci siano alternative a questa situazione e speriamo vivamente che vengano trovate. Parallelamente, conveniamo che nuovi sistemi informativi concorrono alla nostra esigenza e volontà di dare più voce ai sardi fuori dall’Isola, per riuscire finalmente anche a sensibilizzare i sardi in Sardegna sul “chi siamo”, mostrandoci sotto una veste nuova e spogliandoci delle etichette che ci incollano addosso e che non sempre ci corrispondono. Aspettiamo di vedere risultati concreti però, tenendo presente che altri progetti nel passato hanno perseguito scopi simili, rivelandosi alla fine fallimentari. E’ in ogni modo sicuro che serve una campagna di comunicazione a 360° e che questi cambiamenti possono essere l’occasione giusta per farla ! Dobbiamo acquisire maggiore visibilità e un’immagine unitaria che ci rafforzi! Ci permettiamo anche di aggiungere che qualunque organizzazione al passo con i tempi non può essere sprovvista di un sito internet attualizzato, e che è impensabile attirare i giovani senza essere presenti sui social media: Twitter o Facebook, tanto per citare due nomi , se oggi ci evocano solo qualcosa, sono una chiave di volta fondamentale per il futuro. In questa direzione andrà anche l’impegno della nostra Federazione per gli anni a venire.

2.7 Gli strumenti

Il Piano annuale e triennale, seppur buoni nel loro contenuto, restano troppo spesso semplici dichiarazioni d’intenzioni e per troppi aspetti solamente teorici. Chiediamo che vengano affiancati da una pianificazione dettagliata che definisca nel corso dell’anno le varie tappe e le scadenze per le realizzazioni di queste e ne definisca le responsabilità: chi deve fare che cosa e fino a che momento. Questo permetterebbe di creare ancora una volta programmazione efficace, che dia frutti! Come già detto, sarebbe utile stabilire criteri fissi per la suddivisione delle risorse e non cambiarli ogni anno. E’ difficile spiegare a burocrati esperti quante difficoltà hanno i dirigenti delle associazioni a doversi conformare ogni anno con regole nuove e diverse. Creare un gruppo di lavoro che veda al tavolo la parte politica, gli Uffici e il mondo dell’emigrazione, il cui frutto sarebbe un lavoro unitario capace di riscontrare il consenso di tutti. Questo anche nella stesura dei piani che invece, come organizzazioni ci troviamo troppo spesso a subire. Infine, urge trovare un modo per evitare qualunque interpretazione sulle spese o ancora meno decisioni arbitrarie su eventuali tagli.

2.8 Gli uffici

Un punto fermo delle nostre associazioni sono gli Uffici dell’amministrazione regionale. La reciproca collaborazione quasi quotidiana è una base indispensabile al nostro operato. Probabilmente, o forse ci piace illuderci che sia cosi, dal funzionamento delle nostre organizzazioni dipendono anche alcuni posti di lavoro in RAS. Ebbene, è un fatto inconfutabile che il rapporto odierno con gli uffici deve cambiare. Si deve uscire dall’abitudine dei soliti interlocutori e si devono riconoscere i ruoli in base agli stessi e non in base alle conoscenze o simpatie personali, per non dire di comodità! Siamo naturalmente d’accordo che leggi e regolamenti vengano applicati (sperando che alcuni vengano anche cambiati), ma auspichiamo che quando questi lascino spazio all’interpretazione o al libero arbitrio, le decisioni vengano prese in un senso che vada a nostro vantaggio, non a nostro svantaggio. Come esempio concreto possiamo citare il contributo che ci è stato concesso per questo congresso. L’anticipo erogato è stato solo del 50%. Né la legge, né nessun regolamento impone questo limite. Si tratta, quindi, ancora una volta di una decisione assolutamente soggettiva e arbitraria. Ribadiamo con forza che la gestione delle nostre organizzazioni è frutto del mero volontariato e questo non deve pesare sui bilanci delle nostre economie personali, cosa che immancabilmente succede in casi come questi e non solo !! Inaccettabile è anche non ricevere regolarmente il dettaglio delle voci di spesa che non ci sono state riconosciute a contributo, ma solo l’importo complessivo per associazione. Ci viene negata la possibilità di non ripetere errori che vanno a svantaggio delle nostre organizzazioni e quindi della comunità sarda all’estero della quale siamo al servizio. La cultura del punire e non dell’aiutare che ho citato prima la ritroviamo anche in questo. V’immaginiamo dietro alle vostre scrivanie, a cercare ogni minimo pretesto per aumentare il carico di lavoro ormai alle soglie dell’insostenibile, senza personale fisso e a contestare ogni minima cosa che lasci spazio all’interpretazione. Se la percezione del nostro mondo in Sardegna è cosi debole, permettetecelo, è anche per colpa vostra ! Alcuni di voi sono tra i primi a non credere all’utilità delle nostre associazioni: come fidarci e soprattutto, come lavorare assieme in queste condizioni. E’ pura utopia! Non è di certo così che cresceremo e non è di certo così che le tensioni, oltre che il lavoro, diminuiranno. Queste divisioni non fanno bene, né a noi, né a nessuno. Alcune nostre affermazioni sulla stampa di quest’ultimi anni non sono piaciute, ma spesso sono l’unico modo che abbiamo per attirare l’attenzione generale, oltre che politica, su questi soprusi, che non siamo assolutamente d’accordo di subire. Ribadiamo ancora una volta con forza, che sia l’esistenza che i contributi al mondo dell’emigrazione sono dovuti per una legge regionale, che ha riconosciuto nell’emigrazione dei sardi all’estero un potenziale di sviluppo e di ricchezza per la Sardegna. Non è una gentile concessione di nessuno a nessuno! E se ci permettete un ultimo suggerimento. Investite anche voi un po’ sulle capacità relazionali, seguendo magari qualche seminario sulle competenze sociali: servirà a rinfrescare la nozione, per alcuni troppo sbiadita, di servizio al cittadino !

3. Il cambiamento

Abbiamo toccato in modo succinto alcuni temi della realtà sarda, nonché le strutture legate al nostro mondo. Tutto questo vuole essere solo una premessa al cambiamento che ci deve investire, se vogliamo dare continuità alle nostre organizzazioni. La Sardegna è in assoluto la regione che investe di più per i propri emigrati, ma anche tra quelle che ha un bisogno più impellente dei benefici che queste organizzazioni possono generare.

3.1 Le giovani generazioni

Non si può parlare di cambiamento senza parlare di giovani generazioni! I circoli sono nati, lo abbiamo già detto, come luogo di ritrovo, d’aggregazione, e d’inserimento, per sardi che, arrivati qui, parlavano a stento la lingua del posto e non erano ancora abituati alla cultura e alle tradizioni locali. Le manifestazioni xenofobe di quegli anni, li hanno resi per certi versi, delle vere e proprie oasi nel deserto, dove si coltivava in primis l’idea del rientro. Col passare degli anni, in molti si sono integrati e le nuove generazioni si sono lasciate alle spalle questa fase di bisogno materiale e spirituale. Per questo, oggi i giovani non si identificano più nei modelli associativi tradizionali e – senza rinnegarne il valore storico e simbolico – rivendicano la necessità di sviluppare nuove forme organizzative, in una logica di maggior impegno culturale e sociale. I giovani vogliono veicolare un’immagine della Sardegna diversa da quella dei loro genitori. Una cultura contemporanea, non più radicata nel mito del ritorno. Si tratta di organizzazioni molto più flessibili e dinamiche, che per alcun versi potrebbero anche essere limitate nel tempo in quando legate a  progetti specifici. Per dare un segnale forte alle giovani generazioni e a quanto abbiamo bisogno di loro, chiediamo che venga istituzionalizzata la presenza di un giovane in Consulta. Perché non è produttivo parlare di giovani solo davanti alle platee, ma avendo troppo spesso fallito nel nostro intento di attirarli nelle nostre organizzazioni, dobbiamo andare a prenderli là dove sono e dare alla loro voce il giusto peso. E’ l’approccio che deve cambiare, perché siamo noi ad aver bisogno di loro, più che loro di noi, trovando un compromesso tra le mentalità, le visioni, le esperienze e soprattutto le strutture in cui si riconoscono queste due, talvolta, tre generazioni a confronto, che non rinneghi il passato, ma che dia continuità nel segno del futuro. Da qui la proposta di un convegno di giovani sardi nel Mondo che possa dare voce alle nuove generazioni di sardi che vivono fuori dalla Sardegna. Lo si potrebbe fare in Sardegna stesso, creando cosi uno scambio con i coetanei residenti.

3.2 Una struttura superata

Abbiamo detto che non possiamo attirare le giovani generazioni in strutture in cui esse non si riconoscono; che le nostre strutture non sono più tutte al passo con la realtà, né con le aspettative odierne, perché nate in un contesto storico, in cui le esigenze erano ben diverse e troppo spesso legate ad esso. Ciò deve cambiare. Come ? Noi, come associazioni dobbiamo uscire dagli schemi attuali e allargare il nostro raggio d’azione. Dobbiamo fare più promozione e più attività qualificata e qualificante, magari anche in modo diverso da come ci proponiamo oggi. Dobbiamo anche riuscire a quantificare i risultati di quanto fatto e soprattutto dobbiamo parlarne! Dobbiamo rafforzare ancora ulteriormente la collaborazione e le relazioni con le istituzioni italiane in Svizzera e soprattutto con quelle svizzere, anche a dimostrare l’avvenuta integrazione. Dobbiamo collaborare con tutte le strutture del mondo dell’emigrazione, tra cui anche le associazioni di tutela, per rafforzare il legame tra la Sardegna e i sardi fuori dall’isola. Questo con la consapevolezza della forza che ci da, la conoscenza delle realtà dei luoghi in cui viviamo. Se aprirsi verso l’esterno è un fatto vitale, forse non sempre sarà necessario conservare una sede come punto di riferimento. Questa non deve nemmeno essere una prerogativa all’esistenza di un’associazione perché é l’iniziativa a dover  prevalere sulla sede fisica. Siamo in un periodo di razionalizzazione: questo non significa investire meno, ma investire meglio, in modo mirato. Gli affitti non sempre sono un’investimento, poiché la sfida di oggi è la globalizzazione e la conservazione delle proprie specificità, vivendo e relazionandosi con il mondo intero! Da questa nuova struttura dei Circoli deve derivare una nuova struttura di Federazione che si trasformerebbe in polo culturale e promozionale esteso in modo capillare sul territorio nazionale. Diventeremmo un nucleo operativo, efficiente ed efficace; una vera ambasciata con rappresentatività istituzionale riconosciuta, che si avvarrebbe dei coordinatori di riferimento nei determinati luoghi di residenza. Questi potrebbero essere gli attuali Circoli, con o senza sede, secondo le esigenze dello stesso, ma anche gruppi di persone o singoli che hanno un’idea valida per promuovere la Sardegna, che non necessariamente aderiscono ad un’associazione, ma che ne potrebbero costituire una di progetto, ad es. Proprio questo è a nostro avviso il miglior sistema per essere attivi dove non esistono circoli di riferimento e per poter operare con gruppi che non aderiscono alle associazioni come le abbiamo intese fino ad oggi. Avremo un’unica voce, ma più forte e questa conterà quando toccheremo tematiche che ci competono : vale a dire i diritti nostri, ma facenti parte dell’insieme della comunità italiana, come ad esempio i corsi di lingua e cultura italiana, i servizi consolari, e via discorrendo. Questo rafforzamento, tra l’altro, ci darebbe maggiore forza interlocutrice nei confronti delle istituzioni locali e faciliterebbe anche forme di finanziamento alternative ai contributi RAS. Crediamo sinceramente che sia giunto il momento di accettare i nostri limiti, che seppur ci hanno permesso di creare da zero quanto oggi abbiamo, non ci permettono più di crescere oltre, senza l’apporto di nuove intelligenze o collaborazioni. È palese che dobbiamo poter appoggiare la gestione strategica delle nostre organizzazioni, fatta da volontari, a figure di grande professionalità, specializzate nella promozione e nell’organizzazione di eventi, avvalendoci quindi di nuove competenze. Tutto questo non farà altro che rafforzarci, e anche se il cambiamento ci spaventa, questo è umano, sappiamo in coscienza che questa sia l’unica strada da percorrere per dare un nuovo slancio ed una prospettiva futura alla rete di cui facciamo parte. Da domani deve cominciare un periodo di transizione che ci permetta di introdurre e sperimentare nuovi schemi associativi. Proponiamo un ulteriore incontro, che possiamo impegnarci anche ad organizzare, al fine di creare un progetto unitario che riprenda queste proposte come base di partenza, ma che permetta il suo arricchimento  o completamento da parte di tutte le parti in causa, che sono tante. Si dovrebbe sfociare in una nuova concezione delle nostre organizzazioni, che comporterebbe anche il cambiamento della legge 7/91, per renderla finalmente attuale e in sintonia con le esigenze e le strutture dei tempi moderni.

3.3 Noi e la Regione

In tema di cambiamenti, e in coerenza con questo ruolo principale di ambasciatori della Sardegna nel mondo, è palese che l’Assessorato del Lavoro raccoglie solo una parte delle competenze che ci rappresentano. Per questo chiediamo con forza che il governo regionale tenga fede alla promessa e agli impegni presi in campagna elettorale, creando per i sardi nel mondo una nuova struttura a sè, ufficio, agenzia o altro, direttamente sotto la presidenza della Giunta, la cui esistenza e funzione viene descritta e sancita in una legge regionale. Abbiamo bisogno di una nuova struttura che associ competenze che non possono derivare da un singolo assessorato e, soprattutto, di una struttura che sia anche burocraticamente più snella e decisionalmente più agile, capace di fornire risposte rapide a situazioni in evoluzione.  Sembra scontato, ma a scanso di equivoci ribadiamo che il mondo dell’emigrazione deve partecipare a tutta la discussione che tocchi questo cambiamento strutturale. Infine, nuovamente a costo di essere scontati, chiediamo con forza che ci sia una rappresentanza di “tecnici” specifica in quest’agenzia, che provenga dal mondo migrante sardo. Qualcuno che ne conosca difficoltà e potenzialità e possa sostenere anche a livello burocratico una struttura meno obsoleta, poiché arricchita dell’esperienza estera ed abbia un approccio ed un’obiettività diversa da chi risiede stabilmente nella nostra isola. Qualcuno che possa dare imput su politiche di rientro, che come classe politica deve essere portata avanti, qualcuno che mostri i vantaggi della defiscalizzatone a chi porta il proprio patrimonio in Sardegna, ma più semplicemente qualcuno che creda che le politiche regionali per l’emigrazione debbano e possano generare benefici per la Sardegna. 

3.4 Strumenti per contare e rappresentanza politica

Appartenenza identitaria e globalizzazione, memoria, storia e esigenze attuali, visione futura. Come andare oltre ? Oggi abbiamo dato qualche idea, a nostro avviso concreta, di come rinnovarci, a prescindere dal tanto filosofare e dalle tante sterili dichiarazioni di intenti che si sentono in giro. Come assicurarci però che tutto ciò avvenga ? Siamo ancora sforniti di strumenti per avere un peso politico e quindi il rischio è ancora che da domani questo congresso venga ricordato per la bellissima Lucerna o per altre 100 cose una più banale dell’altra, ma non per quanto di concreto si può facilmente realizzare, se solo vi fosse la volontà di tradurre la teoria di queste proposte in azioni concrete. Per poter contare e agire bisogna avere una rappresentanza politica e noi non ne abbiamo! E’ semplicemente ingiusto e quindi discriminante che i sardi all’estero non possano esprimere il loro voto, se non recandosi personalmente in Sardegna per eleggere il Consiglio Regionale. Rivendichiamo quindi con forza un’azione che consenta ai sardi nel mondo di votare direttamente per il Consiglio Regionale dal luogo in cui risiedono. Se istituire dei seggi è troppo complicato o oneroso, allora che si voti per corrispondenza, gestita e centralizzata direttamente dall’isola. Ciò consentirebbe una equità di trattamento per un diritto civico così importante. Tale innovazione ridarebbe a tutti la stessa possibilità di decidere per la propria rappresentanza, attuando di fatto una vera politica di INTEGRAZIONE, anche nella nostra terra di origine e concedendoci la facoltà di prendere veramente parte attiva alla vita politica della nostra regione. Oggi, in sostanza, si viola il diritto di circa un terzo del popolo sardo ed è il momento di porvi rimedio.

4. Conclusione

Crediamo di aver cosi dimostrato di conoscere la direzione da prendere e la strada che ci porterà a destinazione. Abbiamo fatto delle proposte: assieme possiamo riempirle di altri contenuti che possono e devono diventare gli strumenti reali per creare continuità e dare forza a questa fiamma ormai troppo fievole.  Ciò sarà possibile solo se avremo la responsabilità di capire ed accettare che è cambiata un’epoca ed una nuova, se lo vogliamo, può cominciare. Vi invitiamo quindi, assieme a noi, a fare questo passo concreto che ci porterà verso un futuro diverso, che tutti auspichiamo migliore, perché, ne siamo profondamente convinti, senza il contributo di chi vive fuori, non ci potrà essere rinascita, né tanto meno sviluppo per la Sardegna. Come disse Gramsci,: “Se la politica ci divide, la Sardegna ci deve unire!”  Forza paris !

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5 commenti

  1. Desidero ricevere la rivista TOTTUS IN PARI per sentirmi unita a voi attraverso la conoscenza dei vostri problemi e
    la condivisione della vostra coraggiosa e intraprendente vita da emigrati
    CON SIMPATIA E L’AUGURIO DI VIVERE L’EMIGRAZIONE COME RISORSA UMANA CIVILE ED ECONOMICA

  2. Paolo Sanna (Lugano - Svizzera)

    Ringrazio Tottus in Pari per aver messo a disposizione la relazione di Francesca.
    Conoscendone lo spirito battagliero non mi meraviglia il suo modo coraggioso di affrontare i problemi, poco incline al giro di parole e diretto come l’alcol sulle ferite.
    Non mi dilungo ma sottoscrivo in pieno i punti 3.2 – 3.3 – 3.4.
    Ah! se i sardi fossimo più uniti, meno permalosi ma sopratutto più democratici.
    Se anche alle minoranze si vorrà dare ascolto, volentieri ci uniremo alla voce della Federazione Svizzera forti della nostra autonomia.
    Sempre che si riesca a superare diffidenza e vecchi rancori ormai fuori luogo.
    Il presidente del circolo ‘SA BERRITTA’ di Lugano
    Paolo Sanna

  3. Giovanni Urracci (Birr - Svizzera)

    errore grave quello di non aver invitato al dibattito congressuale il sardi del circolo amsicora birr:
    anche lo slogan non risulta rispettato nella relazione di francesca fais…. tutto fumo, niente arrosto….
    malgrado le poche considerazioni, mettiamo anche noi le nostre proposte da valutare unitariamente nei 135 circolo sardi in europa.
    Care e Cari Corregionali,
    sono molto contento e compiaciuto di partecipare al congresso dei Sardi in Svizzera. Nel mio intervento cercherò di mettere in evidenza le ragioni di chi vive all’estero sperando che queste nostre ragioni abbiano spazio nel dibattito congressuale.
    Condividiamo sicuramente la relazione introduttiva della segreteria della Federazione che ci ha portati, come avevamo auspicato e previsto, verso buoni e importanti traguardi che qualcuno agli inizi di questo percorso giudicava (o forse sperava) fossero irraggiungibili.
    La segreteria ha lavorato molto e noi crediamo abbia lavorato bene.
    La nascita dello slogan LE ASSOCIAZIONI SARDE IN SVIZZERA, UN PASSO CONCRETO VERSO UN FUTURO DIVERSO é sicuramente un grande segnale per lo scenario politico migratorio e per la Regione Sardegna.
    A noi Sardi del Circolo Amsicora Birr piace molto il senso dato a questa assise da questa nostra organizzazione che domani sera trasformeremo ufficialmente in “LE ASSOCIAZIONI SARDE IN SVIZZERA e cioè….UN PASSATO CONCRETO VERSO UN FUTURO DIVERSO . La parola ASSOCIAZIONI SARDE IN SVIZZERA” é il nostro grande segno distintivo.
    Io, cari Corregionali, vivo nel cantone Argoviese, e da quelle parti avevamo fino agli anni 80/90, quasi 500 iscritti. Successivamente la federazione, in seguito all’operazione che ha portato all’espulsione e sospensione di militanti come me, ha pensato bene di cancellare anche il nome del circolo Grazia Deledda Di Baden ed in quel contesto anche molti di noi, per trasferirlo a Zurigo dal Padre e padrone il cui nome nemmeno voglio ricordare
    Al momento, anche se abbiamo ripreso a lavorare, facendo nascere un`altro Circolo al quale aderiscono 240 famiglie come ai tempi della grande partecipazione volontaria, abbiamo qualche difficoltà nei rapporti e nelle prospettive di un lavoro comune e condiviso.
    In seguito alla scelta della Federazione nei nostri confronti, tra i corregionali si è diffusa la sfiducia, ed é dura da farla superare.
    Malgrado quel disastro politico in Federazione, ripeto che oggi possiamo contare nella nostra circoscrizione 240 famiglie sarde e 100 famiglie iscritte e tra loro una buona media di donne, giovani e meno giovani, uno dei più anziani e temperato sono io con 66 anni compiuti da poco.
    Non è mia abitudine soffermarmi su questioni fumose, ma mi piace arrivare al nocciolo delle questioni. Vi dico in sintesi le urgenze che dovrebbero essere affrontate e superate in Svizzera:
    · il comites, comitati di rappresentanza eletti dagli emigranti stessi per tutelare i diritti e conservare la lingua e cultura italiana all`estero, sono uno strumento politico cheva rivisto e noi del Circolo Sardo Amsicora dovremo dire la nostra a tal proposito, cercando di capire come e quando può essere inserito un discorso di rappresentanza regionale che miri al una collaborazione con la regione;
    · anche il famoso CGIE,rappresentanti autonomi con concordanza con le autorità consolari vanno rifondati;
    · bisogna poi mantenere nei luoghi possibili le ambasciate, i consolati, se non fosse possibile almeno agenzie consolari per poter dare un servizio ai corregionali e connazionali.
    · Rileviamo anche ed evidenziamo le difficoltà di gestione delle riunioni dei Comites. Nei prossimi Comites dovremo inviare molti più Sardi ed amici della Sardegna per farli finalmente funzionare;
    · Reclamiamo inoltre trasparenza. I parlamentari eletti il 9 aprile nella circoscrizione estero dovrebbero dimettersi dai Comites poiché con le loro assenze ne ostacolano il lavoro. Mi riferisco in particolare agli eletti dalla Svizzera ma anche ai 12 deputati e 6 senatori nel mondo.
    · Il voto all`estero del 9 aprile ha penalizzato le comunità italiane ed in questo contesto anche le associazioni Sarde vicine alla politica migratoria che, pur costituendo il gruppo di elettori più numerosi in Europa non sono, siamo, riusciti ad eleggere nessuno dei nostri corregionali.
    · Avviare dei maggiori controlli sui circoli che spesso operano in maniera disorganizzata e con personale insufficiente e inadeguato, troppo spesso solo per mancanza di formazione.
    · Va sviluppato inoltre il discorso dei trasporti ed enti di formazione professionale dei sindacati italiani all’estero.
    Come tutti sapete dal 2003 siamo usciti dalla Federazione Sarda per ragioni politiche. Quella scelta fu motivata a parere di molti di noi dal fatto che questa Federazione aveva perso il suo filo d’Arianna, non era più compatibile col progetto iniziale e storico che l’ aveva sempre contraddistinta per la difesa dei valori delle fasce più deboli nella società. Di residenza. La scelta di costruire una legge ad personam legge 1991/07 era la fine di un percorso di scelte non più condivisibili. La tendenza mirava a spostare e ghettizzare la società sarda, intanto oggi avvenuta con soltanto una % del 2%.
    Né dimentichiamo la sempre maggiore riduzione degli spazi concessi nella dialettica politica a persone che veramente desideravano impegnarsi ed infine la poca trasparenza nelle scelte dei dirigenti.
    La nostra adesione al circolo sardo amsicora significa semplicemente che continueremo, in maniera organica e più concreta, l’impegno per una società nuova, per la libertà e la dignità delle fasce più deboli della società, dei lavoratori. Insomma, per un futuro migliore.
    Di battaglie ne abbiamo fatte e ne dobbiamo fare.
    Ricordiamo la discriminazione praticata dai governI Pili/Soru e Capellacci quando i corregionali ricevettero come premio la riduzione dei contributi ai circoli verso la Svizzera, che oggi la stragrande maggioranza di corregionali aderenti ai circoli da anni di versamenti ridotti. Certo questa finanziaria non ci aiuta, come promesso, e questa è proprio la parte in ombra del bilancio in Sardegna, ma proprio per questo però dobbiamo continuare la lotta per il riconoscimento dei nostri diritti come stabilito anche dalla Cassazione.
    All’estero siamo molto attenti alla questione lavoro e alle discriminazioni che fanno i datori di lavoro verso i nostri corregionali.
    Dobbiamo continuare ad avere buone relazioni con i sindacati in Svizzera come l`Unia i Syna, che da soli non riescono se non vengono appoggiati e spinti in avanti da noi sardi italiani lavoratori.
    Il nostro lavoro amici é teso verso un nuovo modo di affrontare le questioni.
    Dobbiamo adoperarci peri più giovani non solo per scrivere indirizzi ed affrancare lettere o per attaccare manifesti. Da noi i giovani e le donne devono contribuire allo sviluppo e al dibattito della nostra organizzazione.
    A Zurigo tempo fa cera stato un convegno di donne e politica, questo convegno é stato di estremo interesse ed é ben riuscito e le donne hanno svolto un ruolo determinante, insieme a tutte le altre italiane, per la riuscita dell’iniziativa.
    Come tutti voi ben saprete no,i amiche ed amici militanti da oltre 40 anni in emigrazioni, facemmo nascere in Svizzera associazioni in collaborazione con altre istituzioni, al servizio degli emigrati e ricordo a tutti voi presenti il nostro slogan che era : Dignità, Onestà e Serietà:
    all’ora individuammo il cuore della nostra battaglia nella costruzione di una comunità di corregionali e connazionali che avesse avuto la capacità di uscire dalla subalternità nella quale si trovava e conquistare coscienza del loro ruoli di protagonisti nel paese ospitante.
    L’operazione all’epoca riuscì con una chiara politica di riqualificazione culturale e linguistica. Solo così si arriva ad avere gli strumenti necessari per una vera integrazione che superi qualunque condizione di subordinazione.
    Vi dico brevementequale potrebbe essere il nostro programma ed i nostri obiettivi in Svizzera.
    Consolati:Più personale qualificato. ridurre i tempi di attesa per i servizi.
    comites e cgie: trasparenza, controllo e affissione dei bilanci in Consolato.
    Lingua e cultura italiana in Europa: Riforma legge 153/71 – Maggiori istituzioni scolastiche italiane in Europa
    – enti pubblici su formazione professionale con lingua e cultura italiana, fondi ministeriali destinati all’ istruzione di insegnanti bilingue del posto, per combattere il precariato, utile per trovare lavoro.
    politica locale per partecipare attivamente come cittadini e italiani: Assistenza ai giovani in mobilità per studio o lavoro
    – Garantire l’assistenza sanitaria ai giovani, disoccupati e studenti.
    Pensioni degli Italiani in Europa: Difesa dei diritti del lavoro – Adeguamento automatico delle pensioni al caro vita.
    – Istituzione di servizi locali efficienti di consulenza fiscale per rispondere alle richieste di assistenza in merito alla legislazione fiscale e previdenziale italiana.
    – eliminazione della tassa,spazzatura per gli emigrati. (ICI)
    -eliminazione della tassa sulla seconda casa
    Associazioni: Contributi regionali e dei Consolati, alle associazioni che effettivamente lavorano per i corregionali e connazionali.
    Concludo con qualche considerazione sulla situazione generale che stiamo vivendo in Italia.
    Noi Sardi appassionati e militantii dobbiamo ben marcare le nostre differenze da tutti gli altri, compresi i partiti in svizzera di qualsiasi colore essi siano a partire dal Bilancio disastro del Governo Prodi e Berlusconi che aumentò le spese militari ben oltre a quelle di tutti i governi dal 48 ad oggi, che ci consegnò la famigerata Legge 30 sulla precarietà, che tagliò le pensioni e non fecero nulla sui diritti civili.
    Noi diciamo che serve un’altra linea di condotta, coerente sia quando è all’opposizione sia quando governa.
    Una coerenza che faccia della lotta alla guerra e alla precarietà il suo baricentro di lotta.
    Noi vogliamo ricostruire una unità fra noi sardi ed amici italiani che non abbia al centro della sua iniziativa il conflitto sociale, i movimenti e non le istituzioni.
    Dobbiamo ridare speranza a chi crede in un’altra Sardegna ed italia, di porre al centro i nostri contenuti che devono essere :
    1) salario minimo di 1.300 € al mese che pagheranno direttamente le aziende e scala mobile dei salari, se aumenta l’inflazione aumentano i salari automaticamente.
    2) Salario sociale per disoccupati e precari, fatti di servizi gratuiti e parte monetaria. Può essere finanziato rialzando l’irpef per i redditi più alti dal 46 al 51% come era alcuni anni fa. E legge per calmierare il prezzo degli affitti.
    3) Grandi investimenti (almeno 10-15 miliardi) in scuola e sanità pubblica attraverso la lotta all’evasione fiscale, ripristino ICI su proprietà vaticane, aumento dell ICI su proprietà di lusso, fine dei finanziamenti alla scuola privata e drastica riduzione delle spese militari.
    4) Libere unioni civili per omosessuali, libertà sessuale, difesa della 194.
    5) ritiro immediato da tutti i teatri di Guerra della truppe italiane.
    Oggi ci viene chiesto se stringeremo alleanze elettorali e con chi eventualmente
    Ci sembra difficile, non per settarismo, ma per quello che concretamente hanno fatto i governi nella versione democratica avere dei legami serrati con qualcuno ma credo che dovremo essere disponibili a votare insieme singole misure… come ad esempio il ritiro delle truppe dall’Afghanistan. E dovremo essere disponibili anche a votare con chiunque anche la questione dell’aumento dei salari.
    Dobbiamo proporre inoltre un drastico aumento degli ispettori del lavoro. Non si può un giorno piangere i morti e il giorno dopo proporre di detassare gli straordinari come fanno il PD e il PDL… la lunghezza dell’orario di lavoro è la principale causa di morte. Insomma é inaccettabile portare i lavoratori a rischiare la propria vita per 6 euro all’ora.
    Amici sardi ed autorità presenti, avanti dunque nell`onestà e nell`esempio di noi tutti Lavoratrici e lavoratori
    Grazie

  4. Giovanni Urracci

    A questo proposito vorrei, una volta di piu’, ricordare la specificita’ della presenza italiana in questo Paese che, complessivamente, non credo trovi analogie nel mondo. Innanzitutto la Svizzera sara’ anche piccola territorialmente ma vi risiedono oltre mezzo milione di cittadini italiani con una rete di 11 Uffici consolari dove lavorano 156 persone, compresi i contrattisti, cio’ significando che abbiamo un impiegato consolare ogni 3.237 cittadini. Sarebbe interessante ed utile poter fare qualche confronto con altri Paesi, evitando, per amor di patria, quello con qualsiasi amministrazione locale in Italia !
    Grazie ad una statistica elaborata dall’Ambasciata d’Italia in Berna sappiamo anche, per esempio, che dalla rete consolare, nel 2004, sono stati rilasciati 109.218 atti consolari e 70.385 visti. Anche in questo caso sarebbe interessante ed utile poter fare qualche confronto !
    Vogliamo parlare di pensioni ? Ebbene anche in questo campo non dimentichiamo che su 400.000 pensioni pagate all’estero dall’INPS, ben 23.000 sono versate in Svizzera e, come operatore di patronato, il sottoscritto sa benissimo che molto spesso i pensionati debbono rivolgersi alla rete consolare per adempimenti burocratici connessi alla pensione. Vogliamo, invece, parlare di fisco ? Da una indagine in Svizzera e’ emerso che in questo Paese vi sono circa 70.000 italiani con una proprieta’ immobiliare in Italia che ogni anno li obbliga a degli adempimenti fiscali, senza contare tutti gli altri problemi connessi ad una abitazione. Questo non crea, forse, lavoro per la rete consolare ? Anche in questo caso sarebbe interessante ed utile poter fare qualche confronto con altri Paesi in cui ci si lamenta della propria situazione e si imputa alla comunita italiana in Svizzera di essere privilegiata per l’abbondanza degli Uffici consolari di cui dispone !
    Vogliamo, infine, parlare di scuola e di corsi di lingua e cultura ? Anche in questo settore abbiamo in Svizzera, per esempio, la scuola statale a livello elementare di Zurigo, molte altre scuole paritarie e riconosciute, un prestigioso liceo artistico italo-svizzero, ben 15.000 ragazzi che mediamente frequentano ogni anno i corsi di lingua e cultura.
    Tutto questo non comporta un notevole impegno per la rete consolare ? Quanti altri Paesi di emigrazione italiana possono far valere una situazione analoga ? Da questa serie di esempi credo che sia gia’ evidente quali possano essere i bisogni di servizi da parte dello Stato italiano che necessita la comunita’ italiana in questo Paese, che il sottoscritto ha sempre definito la 21.a Regione italiana per il reciproco e forte intreccio di interessi che li accomuna.
    Oltretutto se l’interscambio commerciale tra i due Paesi ammonta a 29 miliardi di franchi svizzeri, con un saldo attivo per l’Italia di 3,5 miliardi (l’Italia e’ il secondo partner commerciale della Svizzera), credo che il merito sia anche della comunita’ italiana, o no ?
    Dopodiche’ non e’ che non si capisca, a cominciare dal sottoscritto, che il mondo e’ cambiato, che le nostre comunita’ all’estero, anche in Svizzera, siano sempre meno composte da emigrati e sempre piu’ da seconde e terze generazioni e che, quindi, i loro bisogni siano oggi in gran parte cambiati, che le nuove tecnologie possono aiutare nel razionalizzare determinati servizi anche dei consolati. Certo che anche il sottoscritto comprende tutto questo. Pero’ qualcuno dovrebbe avere la pazienza di spiegare perche’, quando si ristruttura la rete consolare come si e fatto a man bassa in Svizzera, si chiudono le Agenzie ed i Consolati e non si toccano, invece, i Consolati Generali, i cui costi di gestione sono certamente molto piu’ alti, tanto che oggi nella Confederazione su 11 Uffici ben 5 sono Consolati Generali i cui servizi, tra l’altro, non sono certamente percepiti come migliori dai connazionali !
    Ed a proposito di servizi consolari, nonostante la situazione di privilegio che avremmo in Svizzera, tanto da suscitare l’invidia degli italiani che vivono in altri Paesi, resta il fatto che anche nella Confederazione i servizi consolari sono tutt’altro che apprezzati dalla comunita’ italiana. Anzi le critiche sono quotidiane, diffuse ed anche feroci, in particolare dalle seconde e terze generazioni che fanno, ovviamente, un confronto con l’efficienza dei servizi erogati dagli uffici pubblici elvetici.
    Allora perche’, malgrado se ne discuta da anni ed anni, ancora oggi non si e’ strutturata in modo organico la rete dei corrispondenti consolari che offrono i loro servizi alla collettivita’ a titolo di puro volontariato rimettendoci, spesso, anche di tasca loro ? Un lavoro encomiabile, anche come filtro per la stessa rete consolare, che, tra l’altro, ha reso meno tragica la bufala dei cosi detti “Sportelli consolari” che dovevano essere la soluzione di onorevole compromesso per sopperire alla chiusura delle 10 sedi consolari avvenuta negli anni novanta.
    Perche’, nonostante l’articolo 11 della legge 152/2001, ancora oggi il Ministero degli Affari Esteri non conclude la convenzione con i Patronati, i quali chiedono solo che, finalmente, venga loro riconosciuto ufficialmente tutto quel lavoro che all’estero hanno sempre svolto a supporto della rete consolare ? Da addetto ai lavori il sottoscritto puo’ garantire che nei patronati una buona parte dell’attivita’ svolta quotidianamente non ha niente a che fare con le pensioni e cioe’ con il lavoro istituzionale di queste strutture e che senza i patronati ricadrebbe, ovviamente, sulla rete consolare !
    Una convenzione MAE/Patronati potrebbe aiutare la rete e rendere meno penalizzante per le comunita italiane all’estero non solo una eventuale razionalizzazione ma anche una ulteriore ristrutturazione della rete consolare e consentirebbe un utilizzo migliore delle sinergie delle due reti erogatrici di servizi di cui possono avvalersi gli italiani in Svizzera e in altre parti del mondo. Infatti questa convenzione potrebbe rendere anche possibile un uso piu’ proficuo e piu’ diffuso sul territorio dell’informatica per l’erogazione dei servizi ai cittadini italiani. Proprio con il coinvolgimento ufficiale dei patronati, una volta messi in rete con gli Uffici consolari (gia da tempo lo sono con l’INPS) sarebbe possibile avvalersi delle nuove tecnologie, e quindi di avere dei servizi consolari di prossimita’, anche da parte di quegli emigrati anziani che altrimenti non sarebbero in condizione di servirsi dell’informatica. Purtroppo l’Italia e il Paese dei talk-show televisivi dove le chiacchiere hanno sempre la meglio sui fatti e quindi passano gli anni ed anche a riguardo dei rimedi per migliorare la funzionalita’ della rete consolare, se non addirittura di una riforma del MAE, si continua a chiacchierare ed a produrre documenti, soprattutto nei Comites e nel Cgie, senza che poi da parte di chi di dovere ci si metta mano e si risolva il problema. Un problema, peraltro, non nuovo ma che e’ stato notevolmente aggravato dai tagli (quasi il 50%) delle risorse per il funzionamento della rete all’estero che il MAE ha subito, tra il 2004 ed il 2006.
    Ma fino a quando i cittadini italiani all’estero, gli utenti della rete consolare, saranno disposti ancora a sopportare questa situazione ? A dover ascoltare e riascoltare le piu’ svariate musichette ogni qualvolta si telefona ad un consolato prima che qualcuno sollevi la cornetta ammesso che cio’ avvenga ? A dover aspettare anni per una cittadinanza, attendere mesi per un passaporto oppure per un visto? Non sarebbe l’ora che i diciotto parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero prendessero di petto questo problema ?

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