MONUMENTO AL TURISMO "MADE IN SARDINIA": QUANDO I SARDI NON AMANO LA PROPRIA TERRA …

12mila metri cubi di cemento a La Caletta di Carloforte

12mila metri cubi di cemento a La Caletta di Carloforte


di Stefano Deliperi

 Il “turismo made in Sardinia” è una filosofia che, nel mondo, pochi oserebbero invidiare: infatti, riesce ad eliminare lentamente la primaria fonte di attrazione turistica, coprendola di cemento, per ottenere vantaggi minimi per la popolazione locale. Insomma, noi sardi non siamo dei grandi economisti, con il massimo sforzo (ossia con la distruzione dei beni paesaggistici e culturali) riusciamo ad ottenere il minimo risultato (la Sardegna continua ad essere una delle regioni italiane con il più alto tasso di disoccupazione e le occupazioni legate al turismo sono, essenzialmente, stagionali). E, cosa veramente singolare, nonostante le pezze ai pantaloni, continuiamo a pensare che il “turismo made in Sardinia” devastatore di ambiente e dignità, sia un prodotto valido anche per il futuro.

Un esempio di turismo made in Sardinia è il sontuoso monumento alla locale filosofia di vita che ritroviamo a Carloforte, nello specifico a La Caletta, l’ex Hotel Esit: oltre 12.000 metri cubi di filosofia sarda trasformata in cemento e spalmata su un piccolo gioiello naturalistico. Quindi, una bruttezza in piena regola che, però, fa capire per quale motivo la Sardegna, pur avendo un patrimonio ambientale, storico, culturale, straordinario non riesce a fare del turismo la sua fonte di ricchezza: i sardi, al contrario di quel che narra la leggenda, non amano la propria terra.

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2 commenti

  1. roberta murroni

    scusate,sono rimasta indietro.. ricordo che alla caletta c’era un bellissimo albergo,ormai diroccato. Lo stanno ricostruendo?

  2. Giordano Branca

    Credo che il discorso sia più complesso e articolato, lo spazio ed il tempo disponibili forse non sono sufficienti per affrontare l’argomento a tutto tondo.
    Frequento l’isola di Carloforte da quando avevo 7 anni, ora ne ho 59.
    Ritengo che il degrado di questi ultimi 50 anni non sia e non possa essere attribuito al restauro dell’albergo esistente (ex Esit), che occupava un volume di 10.000 mc., quello attuale, supera di poco i 12.000.
    Guardando più attentamente la baia, si può scorgere un agglomerato di case private che sommate superano di gran lunga la volumetria dell’albergo, occupando un’area equivalente, e si continua a costruire.
    Mi domando se del resto dell’isola se ne sta occupando qualcuno.
    Non ho è non pretendo di imporre soluzioni definitive riferite al presente ed al futuro dell’isola o più in generale della Sardegna, ma se mi fosse chiesto di decidere tra uno sviluppo del tipo industriale vedi Portovesme, inquinamento ambientale, malattie professionali ecc., e quello del turismo "controllato", non avrei dubbi, sceglerei il secondo.

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