di Massimo Deiana
Sulla continuità territoriale si assiste ad un dibattito troppo spesso caratterizzato dalla superficiale conoscenza del fenomeno e dalla approssimativa comprensione dei suoi meccanismi di funzionamento. Può quindi rivelarsi utile fare chiarezza su alcuni elementi spesso misconosciuti. L’attuale sistema di continuità territoriale “maggiore” (per Roma e Milano) si fonda su un decreto ministeriale del 2008 faticosamente condiviso con la Commissione europea, che non prevede alcuna contribuzione finanziaria a favore dei vettori che volano sub onere di servizio pubblico (è dal 2004 che la continuità con Roma e Milano non è più sovvenzionata). Le rotte sono aperte a tutti i vettori che accettano di anno in anno di esercitarle alle condizioni di servizio imposte dall’amministrazione: per tali rotte non è stata bandita né esperita alcuna gara, che avrebbe comportato il loro affidamento in esclusiva ad un unico vettore. Il “modello sardo” dell’accettazione degli oneri di servizio pubblico senza la successiva fase della gara è un unicum nel panorama comunitario: rappresentando una eccezione, ha avuto difficoltà ad essere accettato dagli organismi comunitari, che tuttavia hanno dovuto riconoscerne la coerenza con la normativa del reg. CEE 2408/92, vigente all’epoca della sua proposizione (inizi del 2008). In particolare la Commissione europea ha ammesso il contingentamento temporale delle accettazioni dei vettori, permesse solo due volte l’anno, 60 giorni prima dell’inizio di ciascuna stagione aeronautica, e ciò ha finora assicurato una gestione ordinata dei livelli di servizio e degli operativi dei voli, evitando sia gravi carenze che eccessi di capacità. Il nuovo regolamento 1008 del 2008, in vigore da un anno e mezzo, non consente più soluzioni di questo tipo; infatti il comma 8 dell’articolo 16 esplicitamente afferma che qualsiasi vettore aereo comunitario è autorizzato in qualsiasi momento ad istituire servizi aerei conformi agli oneri. Modificare il sistema attuale potrebbe quindi compromettere delicati equilibri non più riproducibili: un rischio così elevato suggerisce molta cautela nell’iniziativa di rinnovamento del sistema, che appare dettata più dalla demagogica necessità politica di distinguersi dal passato, che da reali esigenze tecniche. Anche sulla annunciata tariffa unica per residenti e non residenti, di per sé virtuosa e condivisibile, è necessario dissipare la foschia. Un’ora di volo (la tratta media) di un aeromobile medio (da 160 a 180 posti), operato da una compagnia media (non una low cost), costa oggi intorno ai 7000 euro (considerato il tasso di cambio euro/ dollaro e il costo del jet fuel ). Tale somma è omnicomprensiva di tutti i costi diretti e indiretti e anche di una ragionevole remunerazione del capitale investito dal vettore, nella misura del 5 – 6%. Il coefficiente di riempimento medio annuo si attesta intorno al 65%: ciò significa che su ogni aeromobile si imbarcano mediamente 110 passeggeri e che la tariffa di equilibrio, sostenibile dal mercato, si aggira intorno ai 65 euro per passeggero. Poiché attualmente la tariffa per i residenti è più bassa di oltre 15 euro, due sono le soluzioni: o si convincono i sardi a pagare di più per far volare tutti con prezzi sostenibili, o si interviene con un sostegno finanziario per estendere a tutti le tariffe di continuità territoriale. Se volessimo applicare a residenti e non residenti che volano da e per la Sardegna (oltre 3 milioni di passeggeri l’anno) una tariffa media di 50 euro, dovremmo impiegare circa 45/50 milioni di euro all’anno di risorse pubbliche, molto più dei 20 milioni stanziati dalla Regione Sardegna con la legge regionale N. 10 del 13 aprile 2010, che si palesa quindi come un intervento inadeguato a raggiungere gli scopi dichiarati. Le risorse pubbliche andrebbero comunque impiegate seguendo il percorso obbligato segnato dalla procedura dell’articolo 136 della legge 144/99 e dagli articoli 16 e 17 del regolamento 1008/2008, che non conosce né ammette, ahinoi, altre strade o scorciatoie. Quindi: conferenza di servizi per la definizione degli oneri di servizio pubblico, imposizione degli oneri, bando della successiva gara d’appalto, pubblicazione in Italia e in Europa di oneri e gara, decorso dei termini di rispetto, espletamento delle gare, affidamento delle rotte. È bene tenere a mente che si tratta di un iter complesso della durata media di circa 6 mesi, al netto degli eventuali ritardi determinati dai ricorsi.