Fabrizio Fenu ha presentato il suo libro "La bambina e la miniera" al circolo sardo di Milano

di Sergio Portas (nella foto Fabrizio Fenu)

 

Fabrizio Fenu se ne è venuto qua al circolo culturale sardo di Milano con in tasca il suo libro: "La bambina e la miniera". E’ nato a Oristano (Nel ’70) e si è laureato in lettere moderne a Cagliari prima di mettere radici a Carbonia, e la miniera di cui scrive è quella di Serbariu: che da lì venisse carbone per produrre l’energia che mandava avanti l’Italia autarchica del 1938, è appena il caso di ricordarlo, ai sardi. Quelli di una certa età però, che i bambini niente ne sanno, ben che gli vada hanno ancora qualche bisnonno che vi ha lasciato la gioventù, in uno di quei 130 chilometri di gallerie, divisi in otto piani, trecento metri sotto terra, duecento dei quali sotto il livello del mare.  E’ appena il caso di ricordare che l’economia di gran lunga più fiorente del globo (viaggia con tassi di crescita superiori all’8%), quella cinese, ancora oggi si alimenta soprattutto col carbone delle sue innumerevoli miniere. E naturalmente il carbone cinese costa di gran lunga meno di qualsiasi prodotto analogo italiano, oltre ad avere un più alto potere calorifico (ce ne vuole meno per riscaldare una medesima quantità di acqua). Trattasi di antracite, quello di Serbariu è litantrace con in più un bel 6% di zolfo che, per ogni tonnellata bruciata emette tanto di quell’anidride solforosa che al confronto la tanto deprecata anidride carbonica fa la figura di un’essenza di rose. In attesa che le tecnologie del futuro riescano a rimediare a tanto scempio ambientale e chimico, le miniere sarde di carbone sono quasi tutte chiuse. Ma quando nacque quella di Serbariu, portandosi dietro la nascita di Carbonia, fece l’effetto del petrolio che gli inglesi, ai nostri giorni, avrebbero trovato nel mar del nord. L’Italia fascista aveva da poco subito l’onta delle sanzioni economiche da parte dell’ONU. Al fondatore dell’impero era venuto in mente di attaccare un altro stato sovrano che pure alle nazioni unite aveva un seggio, l’Etiopia di Hailé Selassié, il negus neghesti (re dei re), e gli altri paesi, che pure altrettante porcherie avevano fatto in passato, segnatamente Francia e Inghilterra, non avevano gradito. Da qui le sanzioni. Girava allora per il paese un bel manifesto in cui un balilla scuro di capelli faceva bellamente pipì su di un cartello con su scritto"sanzioni". Fedele al suo credo della prima ora il regime che comandava il paese, rispondeva al mondo "civile" con uno dei suoi slogan più scontati: "Me ne frego". Però avevamo bisogno del petrolio inglese, da qui la necessità di invenire in poco tempo fonti di energia alternativa: il carbone sardo fu il classico cacio sui maccheroni. Fa un certo effetto guardare (istituto Luce, anche sul sito della regione, Sardegna Digital Library) sua eccellenza il cavalier Benito Mussolini che arringa una folla di almeno cinquantamila persone, tutte accalcate nella piazza principale di Carbonia, nel dicembre del ’38. Solo due anni prima lì non era che una landa desolata e malarica, Serbariu era solo un paesetto con poche centinaia di abitanti. Carbonia, il più giovane comune d’Italia, esordì con 12.000 abitanti e, a sentire il Duce, in due anni avrebbe raddoppiato la cifra. In realtà nel 1947 nelle gallerie lavoravano 12.000 operai. Minatori. E’ questa realtà storica che Fenu ci tiene a conservare, a tramandare. Anche suo nonno è stato minatore a Carbonia. Ora il nipote lavora al museo che il comune ha allestito, dove prima erano le entrate delle gallerie, al Museo del carbone, e dal filmato che scorre sulle pareti del circolo sardo (opera di Giovanni Cervo) ne viene un effetto di sorprendente efficienza con un’offerta turistica di alta qualità. Sono scuole di ogni ordine e grado che vengono qua a misurare quale fatica abbiano dovuto fare i minatori di allora per contribuire all’edificazione di una società in cui la fatica del lavoro fosse meno opprimente. Nei vagoncini che ancora possiamo vedere occorreva stipare una tonnellata di carbone per riempirli completamente. E la squadra di quattro persone doveva riempirne trenta in ogni giornata lavorativa. Col pericolo dei crolli, causa dell’80% dei morti sul lavoro, e in trenta anni che la miniera fu attiva i decessi ammontarono a 380. Nell’ultimo secolo, dice Fenu, in tutta la Sardegna sono morte nelle miniere 1200 persone. Che, dico io, andrebbero ricordate almeno quanto i morti della brigata "Sassari"nella "grande guerra" del 15-18. Nelle miniere della Sardegna la guerra è durata centinaia di anni. E allora ben venga questo libretto di cinquanta pagine (edito da Arkadia), impreziosito dai coloratissimi disegni dei bambini delle scuole elementari di…Leffe. E che ci azzecca, direbbe quel tal politico oggi di moda, Leffe con Carbonia? Leffe è a mala pena conosciuta dai calciofili italioti per aver una squadra di calcio che gioca in serie B, ospite perenne dello stadio di Bergamo, (la famosa Albinoleffe) perché il suo non può ospitare il numero di spettatori previsto dalla divisione sportiva in cui milita. Anche qui c’è una storia di emigrazione che fa da collante alle cose. La sorella di Fenu ha ricominciato a ingrandire quel numero dei laureati sardi che vanno in continente in cerca di lavoro ed è finita a insegnare nella cittadina bergamasca (suoi gli alunni dei disegni pieni di colore). Prima di lei, anni cinquanta, da Morgongiori la mamma dell’attuale sindaco Carrara era venuta a cercare lavoro nel tessile, e qui si è fermata facendosi una famiglia. Il sindaco di Leffe è oggi qui a Milano, ha sponsorizzato la pubblicazione del libro, parla con gli occhi lucidi della terra che ha dato i natali a sua madre. Quella terra che allora, udite udite, attraeva dalla penisola la manodopera che avrebbe scavato nelle sue miniere. A Carbonia gli italiani che emigrarono vennero soprattutto dal Veneto e dalla Sicilia. E fu una storia classica di emigrazione, di integrazione e di accettazione. Il libro parla di questo, con una nonna, venuta dall’alta Italia, che racconta alla nipotina tutto il suo stupore, di bimba dell’epoca, nel ritrovarsi in una realtà magica, fatta di case spaziose che prevedevano l’inaudita e lussuosa presenza di un bagno interno. Una stufa immensa che si mangiava quasi gratis il carbone necessario per lenire il freddo dei miti inverni sulcitani, niente a vedere con la neve e il ghiaccio dell’altipiano di Asiago dove, dice oggi il giornale, arriva a esserci meno quarantotto gradi centigradi! Carbonia era stata urbanisticamente pensata in maniera gerarchica, con le ville in centro città, ai minatori era promesso uno stipendio più elevato della media nazionale, e la casa, e un orto di dimensioni notevoli. Mussolini, il giorno dell’inaugurazione, urlò di 100 lire che, per premio, dovevano essere versate a ogni minatore. Le urla di "Duce, Duce"mai si levarono con più entusiasmo dalla folla presente allora. Pochi anni e sarebbe stata la guerra"sbagliata" e piazzale Loreto. Scrive Sallustio ("La congiura di Catilina". Barberaeditore a pag.69): "Ma le azioni di chi è dotato di grande potere e trascorre la vita in una posizione eminente sono conosciute da tutti. Così, più grande è la fortuna, più ridotta è la libertà di agire: non è permesso amare, né odiare, meno che mai adirarsi. Quella che negli altri si chiama collera, in chi governa è definita superbia e crudeltà&quo
t;.  Vale, a mio avviso, per Giulio Cesare, per Mussolini, per i governanti di ogni latitudine ed epoca.

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2 commenti

  1. Franco L. (Londra - Inghilterra)

    Gentilissima Redazione, permettetemi di cuore di farvi i complimenti per questo sito. Davvero bello.. è un piacere leggere tutti i giorni aggiornamenti sulle attività degli emigrati ma anche le notizie della Sardegna. Un bel lavoro prezioso che sto apprezzando. Molto meglio di tanti giornali che pensano solo a far cassa e agli emigrati non dedicano una riga… Un caro saluto da Londra. E sempre tottusinpari!!!!!

  2. Pierre Charmetant

    Bonjour Fabrizio Merci pour la visite de la mine le 19 avril, très intéressante!
    J’ai commencé à lire le livre Flavia e il minatore, intéressant, un peu difficile quand on ne parle pas italien!!
    Bonne continuation, j’espère que le voyage à Genève s’est bien passé!
    Pierre Claire, et Naomi

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