Come vivere la Sardegna risiedendo lontano dall'Italia?

di Mario Sconamila (immagine di Helsinki in Finlandia, la nazione dove vive l’autore dell’articolo)

Cosa deve fare il sardo che vive lontano dalla Sardegna e più in generale dall’Italia? Leggere quotidianamente le notizie, commentarle intimamente e verificarle ogni qualvolta rientra per brevissimi periodi nel Belpaese di una volta. Le conferme dal vivo sono sempre, ahimè, più sconsolanti di quelle immaginate. La Sardegna è ormai in condizioni preoccupanti, per non dire disperate, stante la situazione occupazionale senza più sbocchi. Quale futuro si prospetta per le nuove generazioni? La famosa frase che ci trasmisero i nostri progenitori, "metter su casa", sembra rappresentare l’emblema della cattiva coscienza della società in cui si è invischiati. Oggi come oggi programmare il domani è palesemente imbarazzante. Ci si accorge di questa realtà quando all’estero incontri i giovani italiani (e sardi) alla ricerca di un qualcosa che possa gratificarli: senti le loro storie e ti viene la malinconia. Quello che infastidisce maggiormente è l’esistenza di due Italie, ben distinte e separate fra loro: quella degli onesti e l’altra dei disonesti. Quella che contribuisce fino all’ultimo euro pagando regolarmente le tasse e quella altezzosa, fintamente vittimista, urlante, provocatoria, maleducata, che viceversa le evade e nel contempo non lesina critiche feroci nei riguardi dei "lavoratori dipendenti", segno tangibile di un’arroganza che può farla franca in ogni circostanza. Queste due Italie sono sempre esistite, quasi si trattasse di una decisione divina. Non solo: la parte disonesta sa benissimo che alla bisogna arriverà uno "scudo fiscale" o un condono che oltre ogni limite agevolerà tale loro ladrocinio. Qualcuno ha mai letto un articolo di fondo di un giornale che evidenzi in modo esplicito questa vergogna e in particolare proponga metodi drastici per eliminarla e risolverla? Assolutamente no. Di queste cose non si può parlare in Italia. Solo una volta all’anno, quando l’Agenzia delle Entrate pubblica le dichiarazioni dei redditi dei contribuenti e ci rende edotti delle risibili cifre denunciate dai milioni di italiani disonesti, l’inesistente opinione pubblica sembra avere un sussulto: ma dopo un giorno tutto svanisce, tutto si disperde, come le speranze dei giovani che confidano in un futuro dignitoso. Leviamoci dalla testa l’idea e la speranza che qualcosa cambi: l’equilibrio dell’Italia si fonda, e non solo da oggi, proprio sull’esistenza degli onesti e disonesti: dovesse spezzarsi questo filo, troppe Istituzioni consolidate andrebbero in rovina. Per quanto possa apparire paradossale, la realtà è questa. A nessun potere, da quello politico ad altri, compreso quello dei media e della stampa, conviene stravolgere questo dato di fatto.
Io risiedo in un Paese scandinavo e proprio quella dell’equità contributiva e fiscale risulta essere forse la differenza maggiore fra le due realtà in cui ho vissuto. Qui il senso civico delle persone impone la contribuzione corretta: è quasi una regola religiosa che impari dalla nascita. In Italia, viceversa, si diventa quasi degli eroi e si viene acclamati dal popolo ogniqualvolta si riesce ad imbrogliare lo Stato. Una questione di mentalità, direi. Rientra quindi nella norma che i giovani finlandesi a ventidue anni possano tranquillamente vivere da soli e rendersi indipendenti: la Stato, ovvero la moltitudine della popolazione che ha contribuito a questo traguardo, aiuterà tali giovani provvedendo, fra le altre cose, anche a delle agevolazioni impensabili in Italia. E la Sardegna? Cerchiamo di essere fino in fondo onesti e coerenti con noi stessi e non affidiamoci a presunte affiliazioni a correnti partitiche di qualsivoglia specie. Perché la verità è proprio questa: l’appartenenza ad una parte politica risulta essere il peggiore viatico per cercare di individuare cause e risolvere problemi. Ci illudiamo che con la frase "la colpa è degli altri" noi si possa essere in pace con la propria coscienza. E questo vale ancor di più in Italia, dove il settarismo politico e il livore verso la parte avversa raggiunge livelli sconosciuti altrove. Possibile che ancora, giunti al terzo millennio, non si sia capito, eccetto qualche timida, timorosa e inconsistente protesta verbale o scritta, che la Sardegna non conti assolutamente nulla agli occhi dei vari Governi centrali? Quale ulteriore documentazione deve ancora essere prodotta? Perché questa paura o ritrosia ad ammetterlo esplicitamente senza mezze misure? Noi sardi saremo, e la Storia l’ha insegnato, sempre una terra di conquista e soprattutto di confine, agli estremi dell’interesse dei potenti di turno; sempre estraniati e allontanati dalle decisioni che riguardano la nostra terra. Ma c’è di più: a questo si aggiunge anche la beffa e la derisione, rappresentata da foto che ritraggono i nostri rappresentanti regionali perennemente sorridenti che hanno avuto il finto zuccherino di un incontro spettacolare col potere centrale. E nessuno che si renda conto dell’ulteriore offesa che queste sceneggiate si riflettono verso coloro che attendono, con una sempre più flebile speranza. La verità è una sola: noi Sardi siamo sempre degli estranei, al di là delle parole ipocrite di circostanza. Conseguentemente i nostri politici, a livello nazionale, oltre che emarginati, fanno solo atto di presenza e nulla più. Giriamola pure a nostro uso e consumo questa evidenza: la sostanza non cambia. Né si intravedono notizie e comportamenti migliori da parte dei politici locali, quelli che nella maggioranza e nell’opposizione sovrintendono le sorti e gli interessi della Regione. I recenti squallidi casi di assenteismo massiccio ne sono un’ulteriore dimostrazione, semmai ci fosse ulteriore bisogno. E poiché la realtà è questa, urgono decisioni immediate, anche se impopolari. Egregi signori onorevoli che a livello regionale e nazionale rappresentate la Sardegna e la sua popolazione, è lecito che un sardo lontano dalla propria Isola vi inviti e vi solleciti ad un atto liberatorio, dignitoso e non provocatorio? Ebbene, abbiate l’onestà e la compiacenza di invitare tutte le giovani generazioni ad espatriare e cercare possibilmente all’estero un lavoro foriero di un avvenire sereno. Non continuate con le promesse che non saranno mantenute. Non confidate troppo sulla disperazione e necessità altrui per procacciare voti e benemerenze. Abbiate il coraggio e soprattutto la dignità di questo proclama: forse non lo sapete, ma molti ammireranno il vostro coraggio e la vostra impossibilità di cambiare i nefasti destini della Sardegna. Agite in prima persona: non fate come coloro che criticano ed emettono sentenze unilaterali senza avere il coraggio di firmarsi con nome e cognome.

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9 commenti

  1. Giampaolo Nonnis

    Ciao Mario, mi fa piacere incontrarti per caso su internet e leggere un tuo scritto così appassionato e che in massima parte condivido. Putroppo oggi in Italia ai soliti mali storici che denunci con chiarezza si aggiunge l’anomalia del governo Berlusconi e dei suoi accoliti. Di fatto stiamo attraversando una grave crisi economica e ad una strisciante riduzione degli spazi di democrazia. E’ necessario che i giovani sappiano trovare quella forza e quell’energia necessaria per un forte impegno sociale capace di dare all’Italia ed alla Sardegna una valida ed onesta classe politica. Ciao Giampaolo Nonnis

  2. Bello ed appassionante questo articolo. Ma anche difficile. Non da capire, ma da commentare. La mia impressione è che al fondo della sua analisi, peraltro acuta e reale, ci sia un equivoco, un fraintendimento, un vulnus (per così dire), dovuto, probabilmente, alla lontananza. La nostalgia dell’esule, in altri termini, contribuisce a sovrapporre, in qualche misura, il desiderio alla realtà. E la realtà è che l’Italia (e anche la Sardegna, nella misura in cui Essa ne fa parte) è così come è. E se fosse diversa, non sarebbe Italia, sarebbe Svezia, Gran Bretagna o Francia. Ho vissuto anche io all’estero, godendo dei vantaggi di vivere in un paese dove nessuno ti frega il parcheggio; negli uffici pubblici sei un vero signore; non fai la fila alle poste e non sei un evasore fiscale per principio; lo Stato non è un nemico ma cerca di essere amico; ed il politico non ruba ( o non se ne fa accorgere; oppure sa limitare le sue ruberie nel limite della decenza); le raccomandazioni sono discrete, la meritocrazia prevale sempre, i furbi sono esecrati e da esecrare(potrei continuare ma mi sembra abbastanza). Ma non erano l’Italia. Col tempo ho capito che la cialtroneria, il pressapochismo, il nepotismo, la cultura e le pratiche mafiose, il mammismo ed il paternalismo, il “tengo famiglia” coi suoi corollari di codardìa, menefreghismo, millanteria e servilismo sono tutte caratteristiche che rendono l’Italia ciò che è. Ed ho capito che senza queste sue caratteristiche non sarebbe l’Italia, sarebbe un altro posto; forse un posto troppo bello, che non può esistere sulla terra ma se esiste, esiste in un’altra dimensione. E’ vero che siamo in viaggio, su questa terra, ma nonb si tratta purtroppo di un viaggio turistico o di piacere. Poi c’è la Sardegna. E qui ci sarebbe ancora di più di dire. Ma credo di avere già abusato dello spazio e del tempo del lettore; e quindi rimando il discorso ad un’altra occasione. Auguri

  3. Un Giovane Cagliaritano

    Carissimo conterraneo, condivido in parte la tua visione assai pessimistica della Sardegna. Sono del parere che si sn fatti passi avanti nel Nostro territorio , per far sembrare una regione, La Sardegna, la Migliore nel Mediterraneo. Guardiamo un pò i fatti accaduti in Campania, o all’Aquila, che a parer mio , sn + nefasti di quanto si potrebbe pensare. Molte promesse, Molti spot pubblicitari da parte di Un Governo assai poco propenso ai problemi reali del paese, ma che si diletta solo ai problemi del premier stesso. Niente o perlomeno poco si è fatto per risolvere i problemi che in quelle regioni hanno. Per non parlare della “caccia all’extracomunitario” che in questi gg , si sente parlare nei nostri tg di parte.Io sn un 31 enne di Cagliari,che ha un lavoro fisso e che è felicemente fidanzato con una “continetale” che è venuta qui ad abitare , e ti posso dire garantire, che nella mia terra, nella Nostra terra, abbiamo molti + servizi che in ogni altra regione. Non ci manca pressochè nulla. Ospedali, Supermercati, Distributori, Negozi, e qualsiasi voglia si possa cercare, noi lo abbiamo. Siamo stati i primi ad avere un decifict pari allo zero nelle strutture sanitarie, primi nelle consulenze spcialistiche oncologiche e primi (è questo è un triste primato) a dover assaggiare in modo assai salato il passaggio dall’analogico al digitale. dove tuttora lo si sta pompando, e dove sai bene anche tu, non essendo in Italia, che è una tecnologia vetusta e obsoleta. è semmai la mentalità sarda che dovrebbe cambiare. la mentalità, che hai espresso tu, ovvero pessimistica, vittima di turno, la quale dscrive la Sardegna come terzo mondo nella quale non è possibile uscire, dove non si risolvono problemi o cui è impossibile vivere.Per quanto riguarda gli onesti e i disonesti, non è questione che lo fanno o meno, è una questione semmai “che glielo permettono” , perche non è si è mai fatta una serie di leggi per colpire effettivamente chi evade le tasse e chi ci passa sono sempre di noi contribuenti o gli impiegati statali, che si vedon togliere quasi 700 euro di tasse (trattenute) per compensare agli sprechi che vengono fatti. Se si pensasse meno ai problemi personali dell’escort di turno, del politico che va dalla trans, del Morgan tossico escluso a Sanremo, al Grande Fratello e ai nefasti personaggi che ci abitano e al falso mondo che circondano, fatti di starlette, di marchi di esteriorità, ad Amici e a tutte queste varie amenità che colpiscono e che ci inculcano tramite i canali nazionali, si vivrebbe meglio. La Sardegna si è svegliata e si sta rendedo conto che non è dissimile dagli altri, e in questi gg , ammiro come moltissimi esponenti si stiano dando da fare, a Roma, per risolvere il problema dell’ALCOA. io sn una persona ottimista e penso che in questi anni si possa e si deva fare di più in Sardegna, perche diventi capitale del mediterrano, capitale del Turismo, dove esiste un mare bellissimo, osannato e invidiato anche dagli americani. per cui sn del parere che parlare sia giusto, ma definire allo sbando la Sardegna sia un grandissimo errore. ti potrei dire anche perche non sei rimato qui? a lottare? perche non sei rimato a goderti la Sardegna, piuttosto che andartene??? é molto facile tagliare la corda quando va male per poi ripensarci quando ci saranno tempi migliori. Mi viene in mente, l’anno scorso , quando il Cagliari Calcio era ultimo in classifica, dove c’erano alcuni nomi sconosciuti, e dove tutta Cagliari, disprezzava la nostra squadra sportiva per eccellenza, per poi salire sul carretto del vincitore quando si è salvata in largo anticipo e saltare allegramente in Piazza Yenne.Ora sta dimostrando (anche alle grandi)che è un ottima squadra fatta di nomi comuni che andranno sicuramente in nazionale. Pensaci. Mauro – Cagliari

  4. Cosa aggiungere? La situazione è quella ben descritta. L’attuale crisi italiana è drammatica, ma va sottolineato giustamente che la Sardegna merita un particolare discorso a parte, perchè immersa in una realtà ai limiti della disperazione. Sembra che non ci sia più uno sbocco, nessuna speranza d’uscirne fuori. Dagli altri, specialmente dai politici, non possiamo aspettarci alcunchè. Dovremmo noi Sardi scuotere il giogo e ribellarci.Ma non ne abbiamo la forza. Sembra che non abbiamo orgoglio. Siamo succubi del potere centrale. E’ da secoli che siamo maltrattati e trascurati: sempre, come allora: pocos, locos, y malos unidos.Ci mancano uomini della levatura di un Emilio Lussu, tanto per fare un esempio.Non ci resta che sperare, confidare nelle nuove generazioni.

  5. mi sta bene cio’ che dici..in quanto la mia ragazza e’ di Tampere…ricordati pero’ che loro sono 5 milioni..e noi siamo quasi sessanta…ce’ una leggera differenza…

  6. ALl Giovane Cagliaritano:Sapessi quanti Sardi vengono negli ospedali di Milano. Se fosse vero quanto dici non sarebbe così. Cosa vuol dire che è comodo andarsene dalla Sardegna? Mi sono laureato a Cagliari nel 1967 in Ingegneria Mineraria con 110/110 e sono stato subito assunto da una delle più importanti Imprese di costruzioni di opere pubbliche del mondo a Milano, dove tuttora risiedo ormai pensionato. Cero il clima non è quello della Sardegna ma tutte le volte che torno a Cagliari mi rendo conto che ho fatto la scelta giusta. Sento sempre discorsi come i tuoi, che la Sardegna è bella, ecc. ma la vita è sempre la stessa: i negozi aprono alle 17 anche d’inverno, i turisti negli alberghi e nei ristoranti, gestiti dai Sardi, sono considerati “rompiscatole” da evitare o da pelare (i Sardi sono ospitali nelle proprie case, ma si sentono “servi” nelle attività ricettive e si comportano con “orgoglio”…). Ovviamente si lamentano dell’invasione dei Continentali che depredano la Santa Sardegna, ecc. ecc.

  7. Grazie Mario per ricordarci che la Sardegna è anche un Popolo, e non lo strumento da sfruttare solo a scopo di benefici altrui e a fini politici. E’ trascorso appena un’anno dalle elezioni Regionali, dove una gran parte dei sardi hanno festeggiato i risultati con molta energia e uforia, forse gli stessi che in questi giorni manifestano nelle strade disillusi e amari delle grandi promesse… Giovane Cagliaritano, accusare chi stà fuori di aver abbandonato l’isola non mi sembra corretto, se conoscevi meglio la storia dell’emigrazione sarda dovresti riflettere al perché OGGI si emigra ancora con le lauree in tasca. Certo la Sardegna è migliorata dagli anni 50 a oggi e meno male, ma noi sardi che viviamo fuori sappiamo benissimo come si vive e le difficoltà che si affrontano ancora nel quotidiano, noi non giudichiamo con pessimismo direi piuttosto con meno “rassegnazione” e più “autocritica”.Ma ho l’impressione che i tempi migliori, siano ancora molto lontani!!!

  8. Emigrato Anziano

    Cosa deve fare un sardo che vive fuori dalla Sardegna??Come faccio io da Cuneo: guardarla in cartolina!

  9. eviargentina

    L’isola è, suo malgrado, scuola di guerra. Soldati inglesi e polacchi oggi, prima di partire per l’Iraq, fanno le prove di caccia all’iracheno nelle nostre colline, in mezzo al nostro mirto, sul nostro mare.
    E noi zitti nelle coscienze perchè magari ci portano qualche busta paga.
    Zitti perchè vengono addestrati i nostri stessi militari sardi. Piangiamo quando la malattia se li sta portando via e Zitti… Zitti… diventiamo orgogliosi all’occasione se li si vede in Tv sul fronte di guerra a rischiare di perdere i loro venti anni nel deserto perché ondate di clientelismo scellerato e incompetenze politiche hanno reso la nostra terra povera.
    Chiediamoci quanti milanesi ci sono lì al fronte?!
    Sull’isola i militari di decine di paesi provano, nelle nostre campagne o sul nostro mare i proiettili ad alta capacità di perforazione fatti di uranio impoverito che useranno poi in battaglia. Non hanno alcun tipo di vincolo, limite o legge da rispettare. Nessuno può fare domande, nessuno può impedire che facciano i loro giochi di guerra senza curarsi se questi possono compromettere la salute e la vita di tante persone. In questo modo, grazie a questa paradossale anarchia-militare, nascono le "sindromi", come quella conosciuta del "Salto di Quirra".
    C’è una parte della popolazione nel Sud-Est dell’ isola che si è ammalata di cancro, niente di nuovo o di particolarmente speciale, se non fosse che questa così detta "parte" è una percentuale della popolazione molto più alta della media nazionale e di quella riconosciuta come "normale"dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
    Molti dei cittadini ammalati del paese di Quirra sono persone che hanno avuto a che fare con la base, che hanno lavorato all’interno o ci abitano vicino. Uomini, donne, ragazze, ragazzini, bambini che stanno vivendo lo stesso strazio di quei militari che hanno fatto le missioni. Ex-Jugoslavia come il Salto di Quirra, come l’Iraq? Sardi in missione nella propria terra, sardi in missione in terre straniere.
    Uomini che combattono guerre che non riconoscono, che non gli appartengono. Chiamati, infine, ad affrontare la guerra di tutte le guerre senza più indennità di missione o sesnso della patria che li sostenga, ma solo la convinzione che, forse, se fossero nati a Milano…vedete anche questa e povertà in Sardegna Il « veltro sardesco » di Più che l’amare è, come sempre, una deformazione dannunziana del senso della lealtà e del sentimento dell’onore dei sardi. Se i sardi accorrono numerosi a prestar servizio tra gli agenti di custodia, i carabinieri, le guardie di finanza, la polizia ecc. ciò si deve alla miseria sempre più dura delle loro famiglie. E forse anche, bisogna pur riconoscerlo, a quella congenita incapacità di iniziativa, a quelle deficienze di ambizione che si spiegano con l’affievolita resistenza dei centri nervosi minati dalla secolare malaria e dalla denutrizione. La forza di volontà dei sardi è più materiata di caparbia che di tenacia.

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