Intervista alla nuorese Maria Giacobbe: una scrittrice sarda a Copenaghen in Danimarca

di Giusy Porru

Al suo attivo una ventina di volumi, racconti, romanzi e memorie. Come lei stessa tiene a precisare: i suoi libri sono stati concepiti e scritti in italiano. Nella sua opera  ci sono anche quattro raccolte di poesie scritte in danese e inedite in Italia, un volume di saggi in gran parte scritti in danese, appositamente tradotti dall’italiano per un editore danese, e due antologie bilingui di "Poesia moderna danese".

50 anni e più di attività con numerosi articoli e saggi pubblicati in diverse lingue e paesi ma prevalentemente in Italia; ci parli dei suoi primi anni all’estero come è riuscita a immergersi nel suo lavoro in un paese completamente diverso e nuovo.

Quando nel  1958 mi trasferii in Danimarca, ero in Italia quella che si potrebbe definire "una giovane scrittrice di successo": il mio primo libro (Diario d’una maestrina) aveva già avuto il prestigioso Premio Viareggio Opera Prima e la Palma d’Oro del’Unione Donne Italiane. Se ne era scritto e parlato molto in Italia e all’estero, già erano in cantiere le prime traduzioni (in francese, spagnolo, catalano, tedesco, russo, cinese, finlandese, etc.) e i miei articoli sul periodico "Il Mondo", diretto da Mario Pannunzio, venivano pubblicati con grande rilievo e spesso venivano riportati e commentati su altri giornali e riviste anche all’estero. Il mio trasferimento in DK perciò non passò inosservato: ci furono interviste alla radio e sui maggiori quotidiani ai quali subito fui invitata a collaborare. Cosa che feci, naturalmente con l’aiuto di un traduttore.

Quanto e in che misura le sue esperienze all’estero hanno influito nei suoi scritti?

Se le viviamo con coraggio e consapevolezza, tutte le esperienze di vita ci fanno crescere e ci maturano. Quelle all’estero (se le viviamo limpidamente e senza lasciarci accecare dalla nostalgia) amplificano la nostra visuale e rendono più profonda e precisa la nostra prospettiva anche sul nostro paese di provenienza. Tutto questo ha naturalmente avuto i suoi riflessi nella mia opera.

Le maggiori difficoltà  che ha incontrato?

Usai il primo anno in DK per continuare il mio lavoro di pubblicista in Italia, in Danimarca e in Svizzera, e per scrivere il mio secondo libro ("Piccole Cronache") che venne, come il primo, stampato in Italia dall’editore Laterza e, più tardi, come man mano tutti i miei libri, anche in traduzione danese in Danimarca. Contemporaneamente cominciai a leggere (con l’aiuto del dizionario) i giornali danesi e, piano piano, anche poesie e romanzi moderni in questa lingua. Delle poesie – per poterne meglio penetrare il significato – mi facevo delle traduzioni scritte. Traduzioni che qualche anno più tardi furono il primo nucleo dell’antologia bilingue "Poesia moderna danese/Moderne dansk poesi" (650 pagg.) pubblicata nelle Edizioni di Comunità di Adriano Olivetti. Qualche anno più tardi, su richiesta dell’Editore Einaudi, insieme allo scrittore danese Uffe Harder curai l’antologia, pure bilingue, "Giovani Poeti Danesi" (325 pagg.). La mia conoscenza profonda e diretta del linguaggio poetico danese mi permise,  dal 1976 in poi, di scrivere e pubblicare in danese le mie poesie e perciò di essere considerata dalla critica e dal pubblico come "una scrittrice danese… nata in Sardegna".

Tra i suoi recenti premi ha ricevuto anche la "Navicella d’argento" istituita dal comune di Castelsardo per segnalare "i sardi che si son fatti onore e hanno dato lustro alla Sardegna nel Mondo" Un giusto riconoscimento che ci ricorda la sua lunga lontananza dalla terra natale  come "emigrata",  quanto è stato difficile?

Come sanno bene tutti quelli che lo hanno provato (e ora nel mondo siamo miliardi!), l’espatrio ("disterru", in sardo) non è mai un processo facile. E’ un processo difficile, ogni tanto drammatico, e sempre faticoso e pericoloso. Qualche volta mi è capitato di paragonarlo al trapianto di un albero: l’albero da trapiantare deve portare con sé le sue radici – senza di quelle sarebbe un fusto destinato ben presto a seccarsi – ma deve subito fare del suo meglio per adattarsi alla nuova terra, cercandovi un humus che, senza far marcire le vecchie radici, possa farne spuntare di nuove e vitali. In altre parole: secondo me, bisogna conservare le memorie e farne tesoro, ma bisogna anche bandire le nostalgie che spesso falsano il passato creandovi paradisi che non sono mai esistiti,che hanno l’effetto nefasto di far disprezzare il presente,  di impedire alla "nuova terra" di nutrire le nuove radici che sono necessarie all’albero per vivere, mettere foglie e fruttificare.

Alcuni libri di successo come "Il diario di una maestrina"-" Maschere e angeli nudi"-"Il mare" e "Arcipelaghi" sono ambientati nel suo paese natio. Ho appena finito di leggere « Chiamalo pure amore » dove pensavo di ritrovare ancora la mia amata Sardegna e invece ritrovo me stessa….

Infatti… l’essere "sarde" non può farci meno europee e meno "donne". E in questo libro mi premeva di provare a descrivere alcune delle diverse condizioni dell’essere donna nell’ Europa del XX secolo, e non di mitizzare su una supposta standardizzata sardità impermeabile ai tempi e ai luoghi.

Nella vita si possono fare degli errori  e mi perdoni l’inevitabile domanda: Ha qualche rimpianto?

 Forse sarebbe più giusto dire che "tutto ha il suo prezzo" e che io, abitando all’estero, ho pagato il prezzo di non aver abbastanza curato il mondo editoriale italiano dal quale man mano inevitabilmente mi sono allontanata e che mi rappresentava all’estero meglio di quello (piccolo) dan
ese. Dopo la morte dolorosa e prematura di Mario Pannunzio e la chiusura de "Il Mondo", mi è mancato l’ottimo canale che negli anni aveva continuato a tenermi in contatto con i lettori italiani, senza che io mi curassi di crearmene altri, anche perché mi ero concentrata sulla necessità di coltivare la mia nuova radice danese. Di questa radice facevano parte i due figli nati rispettivamente nel dicembre del ’59 e nel febbraio del ’64, e dei quali mi sono sempre occupata personalmente e da sola. Non mi "pento" di nulla, ho fatto sempre e spesso con sacrificio, ciò che le circostanze mi chiedevano di fare, l’ho fatto onestamente e  meglio che potessi senza mai esitare a varcare le porte aperte. Ho avuto e ho le mie soddisfazioni professionali e personali, ma – per tornare al proverbio – "tutto ha il suo prezzo".

Lei è riconosciuta per il suo costante impegno sociale e civile, e segue molto da vicino la politica attuale in Italia, cosa ne pensa?

Come noi tutti italiani all’estero, che da lontano vedono meglio (anche perché si hanno maggiori possibilità di confronto) e si vede anche con molto dolore quanto gli italiani nel corso della storia abbiano chinato la testa di fronte alle disonestà e alle ingiustizie liberticide, talvolta quasi allegramente scegliendosi i vari Mussolini o Berlusconi come icone da osannare. Si ha il dovere di continuare a sperare e FARE quanto si può (poco o molto che sia) per evitare la resa totale e affrettare la rinascita.

Il suo ultimo lavoro?

Ho appena terminato un racconto per un libro collettivo su Cagliari (che sarà pubblicato in italiano e in inglese) e l’ho intitolato "A Cagliari con Glenn Mill". Ne sono piuttosto contenta e mi dispiace che i tempi di pubblicazione in Italia siano sempre così lenti.

 

 

Maria Giacobbe su Wikipedia

Nel 1958 si trasferisce a Copenaghen dove vivrà con il marito lo scrittore Uffe Harder. La Giacobbe per le sue attività e produzioni in campo culturale (sia in italiano che in danese) ha ricevuto riconoscimenti sia in Danimarca che in Italia. Con le sue opere e la sua attività ha contribuito notevolmente alla conoscenza della cultura sarda e italiana in Danimarca e danese in Italia. Molte sue opere sono state pubblicate prima in Danimarca e successivamente in Italia. Ha pubblicato oltre dieci libri fra cui romanzi, raccolte di racconti e cinque antologie di poesie. Il suo primo libro "Diario di una maestrina" uscì nel 1957 e vinse il Premio Viareggio-Opera prima e la Palma d’oro dell’Unione Donne italiane. L’opera è stata tradotta in oltre 15 lingue. Nel 1975 ha pubblicato "Le radici" un libro di memorie della Nuoro dei suoi avi, tema che sarà ripreso anche nel successivo "Maschere e angeli nudi" (2000). Nel 2000 il regista Giovanni Columbu ha realizzato un film dal suo romanzo del 1995 "Gli arcipelaghi". Attualmente (2008) è presidente del Comitato degli scrittori danese per la difesa della libertà di espressione ed è membro fondatore del Comitato per la coesistenza israelo-palestinesa.

Opere

Diario di una maestrina, Laterza, Milano 1957

Il mare, Vallecchi, Firenze 1967

Eurydike, s.l., Gyldendal, 1970

Stemmer og breve fra den europaeiske provinc, s.l., Gyldendal, 1978

Le radici, Cagliari, Edizioni della Torre, 1977; 1979; 1996; Il Maestrale, Nuoro 2005.

Kald det sa bare kaerlighed: tre noveller, s.l., Gyldendal, 1986

Gli arcipelaghi, Biblioteca del Vascello, Roma 1995 e Il Maestrale, Nuoro 2001.

Maschere e angeli nudi: ritratto d’infanzia, Il Maestrale, Nuoro 1999.

Pòju Luàdu, Il Maestrale, Nuoro 2005

Chiamalo pure amore, Il Maestrale, Nuoro 2008

Saggi

Poesia moderna danese, Milano, Edizioni di Comunità, 1971

Grazia Deledda. Introduzione alla Sardegna, Milano, Bompiani, 1973; 1974

Giovani poeti danesi, Torino, Einaudi, 1979

Laererinde pa sardinien, s.l., Gyldendal, 1979

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Un commento

  1. Ho appena letto l’intervista di Maria Giacobbe, dopo aver finito il suo "Maschere e angeli nudi".
    Che bel libro. Che bella persona.

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