Tottus in Pari, 271: Sapori, suoni e tradizioni della Barbagia

Dove il tempo è ancora lento, dove l’ospitalità è ancora sacra, dove le tradizioni sono ancora vive, dove la natura parla ancora con il silenzio

Tre giorni di un’assoluta intensità quelli auspicati dalle Federazioni degli emigrati sardi d’Olanda e Italia per sostenere e valorizzare le zone interne della Sardegna. Un educational promozionale sulla "Valle del Flumendosa" in Sardegna, che in particolare ha rimirato l’Ecomuseo del Comune di Seulo e la miniera di "Funtana Raminosa" a Gadoni. In occasione della manifestazione "Autunno in Barbagia – Cortes Apertas", programmata dalla Camera di Commercio di Nuoro, hanno preso parte a questa celebrazione, una delegazione di giornalisti e operatori turistici della Provincia di Milano e una delegazione di emigrati sardi provenienti dall’Olanda. L’appuntamento in Sardegna è stato il secondo passo di un Progetto nato nel 2008 che ha avuto un preambolo in Olanda con un convegno ad Arnhem e si concluderà nel prossimo mese di febbraio, con un rendezvous alla Bit, la Borsa Internazionale del Turismo a Milano ove verranno invitati gli operatori isolani a promuovere le loro zone.

Il piatto forte dell’appuntamento barbaricino è stato il seminario che si è tenuto a Gadoni, denominato "Dal Flumendosa al Mare". Molteplici gli aspetti affrontati dai relatori intervenuti nel cercare di dare risposte concrete per individuare un futuro migliore per potenziare le zone interne. Lo hanno fatto egregiamente, negli interventi del seminario coordinato da Tonino Mulas, presidente della FASI, il sindaco di Gadoni, Antonello Secci; il presidente della Federazione dei circoli sardi in Olanda, Mario Agus; il vice Presidente della Camera di Commercio di Nuoro, Pinuccio Meloni; il direttore della Confcommercio di Nuoro, Gianluca Deriu; il capo gabinetto dell’Assessorato al Turismo della Regione Sardegna, Franco Sergio Pisano; l’assessore al turismo della provincia di Cagliari, Gianpiero Comandini; il Presidente dell’Assoturismo Lombardia, Giuseppe Grosso; il vice Presidente della Fiavet Lombardia, Alberto Ferrini; il responsabile alla Cultura dell’Unione del Commercio e Turismo della Provincia di Milano, Enzo Guercilena; il Presidente dell’Associazione Culturale "Su Scusurgiu" di Seulo, Giancarlo Boi. 

La Sardegna è stata caratterizzata per lunga parte della sua storia da una vicenda demografica e insediativa assai peculiare per un’isola, quella cioè di coste quasi disabitate e di una popolazione che è rimasta a lungo concentrata nelle zone interne della stessa isola. Sono note le cause storiche di questa vicenda (coste malariche ed esposte alle incursioni dell’invasore di turno). Questa antica caratteristica della Sardegna è oggi completamente rovesciata: anche chi percorre con occhio da turista l’isola nella lunga estate sarda, percepisce chiaramente come le coste siano intasate, ma basta spostarsi di pochi chilometri verso l’interno ed ecco che si ha la netta sensazione di spazi vuoti. I dati dell’ultimo censimento, così come le rilevazioni anagrafiche dei Comuni, confermano un fenomeno e una tendenza ormai noti da tempo, ossia il progressivo declino demografico di vaste zone cosiddette interne della Sardegna. Non è una novità in assoluto, ma quello che i dati mettono in luce è il rischio di una vera e propria irreversibilità di questo processo. Ciò che in particolare colpisce è che anche quelle aree interne, quei comuni medi delle Barbagie, che fino a qualche tempo fa per lo meno "tenevano" in termini di popolazione, mostrano una accelerazione consistente nello spopolamento: le morti superano costantemente le nascite e i trasferimenti di residenza aumentano anno dopo anno senza che siano neanche parzialmente compensati da nuovi arrivi, senza contare i casi numerosi di chi mantiene soltanto una residenza anagrafica ma vive, studia o lavora fuori da questi comuni. Che futuro c’è per queste vaste zone che ormai rappresentano oltre la metà del territorio sardo? È immaginabile una Sardegna vuota all’interno, consegnata alla insicurezza e al vandalismo crescente e a un degrado irreversibile dal punto di vista demografico, sociale ed economico? Possiamo immaginare le zone interne ridotte a una sorta di "riserva indiana", nella quale una popolazione accampata sulle coste si limita a qualche incursione nei territori barbarici dell’interno per vari approvvigionamenti? Chi ancora resiste nei paesi dell’interno, probabilmente vive bene, o almeno abbastanza bene. Ha spazio, aria pulita, cibi generalmente genuini. D’estate poi, quando in molti tornano per qualche giorno al paese d’origine, può apprezzare, tra uno spuntino in compagnia e una sagra paesana, una qualità di vita raramente riscontrabile altrove. Il ruolo degli amministratori locali non è certo invidiabile. Anche quelli più lucidi e consapevoli del degrado della situazione (e sono tanti) sono spesso soli: presi tra gruppi locali di prepotenti che fanno valere interessi non sempre limpidi, in mezzo a una popolazione locale spesso rassegnata, apatica e diffidente verso ogni novità; tra uno Stato e una Regione Sardegna spesso distratti o del tutto sordi verso territori che contano troppo poco politicamente ed economicamente. In realtà, solo se il degrado socio-economico e lo spopolamento diventano una questione "regionale", della Sardegna intera, c’è forse qualche speranza che la tendenza al peggio possa essere interrotta. L’altra tematica calda del seminario oltre allo spopolamento è quella della destagionalizzazione del turismo al di fuori del periodo estivo: è un imperativo che la Sardegna deve affrontare per renderlo un vero asse prioritario dello sviluppo economico. Non è pensabile che un operatore del settore turistico scarichi esclusivamente nell’arco del breve periodo estivo, l’ammortamento dei costi di una struttura. Allo stesso tempo, la fortissima concentrazione estiva del turismo provoca tutta un’altra serie di problemi collaterali: lievitazione dei prezzi; scarsa professionalità delle risorse umane occupate (che spesso sono lavoratori stagionali); decremento della qualità dei servizi offerti; affollamento e degrado delle aree di maggior richiamo turistico. Destagionalizzare significa creare i presupposti per una "maturazione" del comparto e dei servizi offerti con ovvie ricadute e benefici per l’intero settore. Gli strumenti per avviare la destagionalizzazione possono essere diversi e vanno coordinati in funzione del tipo di pubblico ai quali ci si rivolge. Le zone interne della Sardegna non brillano certo nel panorama italiano per capacità di intercettare il turismo estero, ma anche su altri fronti tipici del turismo destagionalizzato come il turismo congressuale o il turismo culturale si ha una posizione di assoluta retroguardia. Non esiste una ricetta semplice e facile con cui si possa affrontare questo tema. E’ sicuramente necessario intervenire con azioni programmate di sistema come ad esempio la messa in rete (fisica e virtuale) dei beni museali, identificare percorsi culturali sui quali investire in termini di ricevimento (formazione di guide, allestimento degli spazi, organizzazione di eventi e/o mostre).

Di contorno, la manifestazione "Autunno in Barbagia" che si è tenuta a Gadoni, denominata "Prendas de ierru" ha offerto spunti di interesse. Le serate folkloristiche con la rassegna corale dei cori polifonici a cui hanno preso parte il "Boghes de Gaudiu’onu" di Gadoni, il "Sant’Atzei" di Simaxis e il "Padentes" di Desulo; lo spettacolo con Giuliano Marongiu e il gruppo folk "Santa Barbara" di Gadoni. Sono state organizzate successivamente delle escursioni alla miniera di Funtana Raminosa a cui ha fatto seguito la presentazione del libro "Sardegna: minatori e memorie" a cura dell’omonima associazione locale; l’escursione sul Gennargentu, sul Monte Perdedu e alle suggestive gole del fiume Flumendosa con le guide dell’Eco Museo di Seulo. Affascinante il rito locale con la riproposizione de "Sa Fracchera e is concas de mortu".

Un ringraziamento per la formidabile esperienza vissuta:

•-       Alla straordinaria ospitalità delle comunità di Seulo e Gadoni

•-       A Giancarlo Boi e Antonello Murgia dell’associazione "Su Scusurgiu" di Seulo

•-       Alla gentilezza e accoglienza della famiglia Moi che gestisce l’Hotel Miramonti di Seulo

•-       Alle guide dell’Eco Museo di Seulo

Un pensiero finale va ad Enzo Guercilena, che con noi ha vissuto questa esperienza, deceduto all’ospedale di Nuoro, a causa di un malore fulminante che lo ha colpito dopo il convegno di Gadoni. Valentina Telò, Massimiliano Perlato

 

"SPECIALE"EDUCATIONAL PROMOZIONALE DELLE ZONE INTERNE DELLA SARDEGNA

SEULO, DOVE IL MUSEO E’ TUTTO A CIELO APERTO

È uno dei settanta Comuni della Provincia di Cagliari, ma certo non si può confondere con nessun altro dell’area più meridionale dell’Isola. Seulo, infatti, sta in Barbagia, sul Gennargentu, vanta una ricchezza ambientale fatta di boschi, cascate, fiumi che hanno spinto i suoi abitanti a dar vita qui all’unico ecomuseo della Sardegna. Ci sono anche monumenti archeologici, ma le più grandi opere d’arte qui non le ha costruite l’uomo, bensì una natura dalla straordinaria capacità inventiva. Grazie anche ai cinque operatori dell’ecomuseo, i visitatori possono conoscere attraverso escursioni non soltanto gli oggetti di una vita quotidiana classica dell’economia agro pastorale ma anche l’architettura del centro storico, i tacchi calcarei del paesaggio carsico, le piscine naturali del Flumendosa, le cascate e i salti d’acqua. Ciò che colpisce nei 920 abitanti di Seulo è quanto siano partecipi e orgogliosi del loro patrimonio ambientale, storico, culturale, di identità. In effetti prima ancora dell’idea di costruire una politica di offerta turistica c’è nella nostra comunità una sincera passione per i luoghi della cultura e della natura. Non a caso nei fine settimana la popolazione si triplica. Aprono le loro case in paese i tremila che vivono a Cagliari e nel suo hinterland, ai quali vanno tuttavia aggiungendosi turisti che occupano i due alberghi, i quattro agriturismo e il ristorante in un centro che va trasformandosi da paese esclusivamente agropastorale in centro dotato anche di moderni servizi. Rilevante il ruolo dell’Ecomuseo dell’Alto Flumendosa, con la sua capacità di offrire agli ospiti itinerari nella natura, nel Parco geominerario, nell’archeologia. A Seulo non c’è che l’imbarazzo della scelta. Fantastica è la vista sulla valle del Flumendosa e su Punta La Marmora, la cima più elevate del Gennargentu, per non parlare del percorso dei tacchi calcarei. Incredibile la bellezza di Su stampu ‘e su Turrunu , monumentale inghiottitoio con cascata nel territorio verso Sadali. E che dire di Sa stiddiosa e delle piscine naturale sul fiume»? Siamo insomma in un piccolo Paradiso, per di più amatissimo dai suoi abitanti. Giancarlo Boi, veterinario con la passione per un paese del quale è stato sindaco per dieci anni, ha messo su un’associazione che anche nel nome rivela l’amore per le sue radici. «Si chiama Su scusorgiu , che significa – spiega citando letterati e poeti – tesoro nascosto. Un tesoro che si può trovare in tanti luoghi: nel cavo di un albero, in un buco sotto terra coperto da un lastrone di pietra, fra i muri o nel tetto di una casa vecchia, o allo scoperto sotto un albero o sopra un sasso». Su Scusorgiu però, non è un tesoro stabile, né a disposizione di chiunque. Va cercato, sognato, come la foresta primaria nella zona di Su Sciusciu, l’unico bosco mai toccato da mano (e roncola) umana. O come i trenta chilometri da percorrere su un Flumendosa immerso nel bosco, capace di costruire venti laghetti artificiali. O gli ovili che si possono visitare accompagnati dagli operatori dlel’Ecomuseo partecipando alla mungitura, alla tosatura, ai momenti centrali della vita dei pastori nelle loro pinnette. Seulo è tutto questo, ma anche altro: è archeologia, con i suoi tre nuraghi, le domus de janas e le tombe dei giganti. Ed è gastronomia di qualità, soprattutto con i suoi rinomati prosciutti. «C’è abbastanza- sostiene Giancarlo Boi – per costruire un progetto di sviluppo locale che punti sulla valorizzazione delle risorse ambientali e dei patrimoni culturali.

L’Ecomuseo è incentrato sulle tradizioni agropastorali e si basa su 7 percorsi tematici:

– Il Percorso Geologico Naturalistico "Su Stampu de Su Turrunu"

– Il Percorso Urbano, Agrario e delle Chiese campestri

– Il Percorso Forestale

– Il Percorso Pastorale

– Il Percorso dell’Acqua e del Fiume

– Il Percorso Geologico e Pastorale – Il Percorso Minerario

In ognuno di questi percorsi vi sono sentieri escursionistici brevi, medi e lunghi, adatti a tutti, dai bambini agli anziani, agli escursionisti esperti. Gli operatori dell’Ecomuseo svolgono diversi laboratori sulle agropastorali e di educazione ambientale:

– Il Laboratorio del Formaggio

– Il Laboratorio del Pane

– Il Laboratorio dei Giochi e dei Giocattoli Tradizionali

– I Laboratori di osservazione-orientamento

 

"SPECIALE" EDUCATIONAL PROMOZIONALE DELLE ZONE INTERNE DELLA SARDEGNA

LA MINIERA DI FUNTANA RAMINOSA A GADONI

Il complesso minerario di Funtana Raminosa si trova nel comune di Gadoni, in provincia di Nuoro – tra la Barbagia di Belvì e la Barbagia di Seulo – ed è considerato uno dei più antichi della Sardegna. Il complesso minerario di Funtana Raminosa si trova nel comune di Gadoni, in provincia di Nuoro – tra la Barbagia di Belvì e la Barbagia di Seulo – ed è considerato uno dei più antichi della Sardegna: le prime estrazioni di rame risalgono infatti all’età nuragica, così come testimoniato da importanti reperti archeologici localizzati nella zona. La miniera fu sicuramente attiva già in epoca romana, grazie al ritrovamento di utensili di vario genere, di un particolare lingotto di rame e di lunghe gallerie.  Funtana Raminosa si è sviluppata sulla sponda sinistra del Rio Saraxinus, a circa 2 Km dalla confluenza col fiume Flumendosa (il secondo fiume sardo per lunghezza) e rappresenta attualmente uno dei più importanti esempi di recupero e valorizzazione di strutture minerarie a fini turistici e culturali. Nel 1915 Funtana Raminosa venne data in concessione all’impresa italo-francese ‘Sociétés Anonyme des Mines de Cuivre de Sardaigne’, che investì cospicui capitali per la modernizzazione dei sistemi di estrazione e per la costruzione di una grande laveria meccanica. Fu in quell’occasione che venne sperimentato – per la prima volta e con successo – il sistema della ‘Flottazione’ per il trattamento dei minerali misti.  Nel 1936, al sopraggiungere di difficoltà finanziarie, la miniera passò alla ‘Società Anonima Funtana Raminosa’, la quale favorì la nascita di un piccolo villaggio minerario in cui erano presenti  –  oltre ad un laboratorio chimico e ad alcune officine  –  anche una scuola, un ambulatorio e uno spaccio.  Negli anni ’40, il complesso minerario di Funtana Raminosa fu affidato alla ‘Società Cogne Spa’, la quale concentrò i propri sforzi nell’ottica di un ulteriore aumento della produzione mineraria. Venne realizzata una teleferica lunga 1 chilometro, che permetteva il trasporto del minerale fino alla località "Taccu Zippiri"; da qui, il materiale veniva portato con dei grossi camion alla stazione ferroviaria di Ortuabis per poi raggiungere il porto di Cagliari per essere imbarcato. Nel 1956, venne realizzata una seconda teleferica, che consentì di ottimizzare ulteriormente il trasporto dei grezzi. Una terza teleferica venne progettata negli anni successivi, ma non fu mai realizzata. Nei primi anni ’60 fu la ‘Società Cuprifera Sarda’ ad investire importanti capitali, dando benessere al comune di Gadoni e ai paesi limitrofi.  Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 iniziò una seria crisi mineraria, che comportò la chiusura di molte miniere fra cui anche quella della non lontana Seui. Il complesso minerario di Funtana Raminosa passò quindi sotto la gestione della ‘EGAM’, una società a prevalente partecipazione statale che diede avvio a importanti lavori di ristrutturazione dei cantieri sotterranei permettendo, tra l’altro, la costruzione di una moderna rampa d’accesso. Alla EGAM subentrò in un secondo momento la SAMIM, che portò avanti la strategia di ammodernamento e potenziamento delle tecniche di produzione, tanto che venne progettato un nuovo impianto di trattamento del minerale da 1000 tonnellate al giorno. Il progetto, tuttavia, si dimostrò presto azzardato in quanto le riserve di minerale accertato si dimostrarono enormemente inferiori alle attese. Pertanto quell’impianto, costato ben 30 miliardi di lire ed entrato in funzione nel 1982, lavorò per soli 8 mesi per poi essere smantellato. Funtana Raminosa chiuse definitivamente i battenti nel 1983. I motivi che ne determinarono la chiusura furono essenzialmente due: la scarsa convenienza economica, per quegli anni, del processo di estrazione del rame e del piombo e il forte inquinamento delle falde acquifere. Questo imponente complesso minerario sarà sempre ricordato come il più ricco giacimento di rame di tutta la Sardegna.

 

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IL PARCO DEL GENNARGENTU

Il parco, area tra le più suggestive e incontaminate dell’isola e d’Italia, ricade nei territori di Aritzo, Arzana, Baunei, Belvì, Desulo, Dorgali, Fonni, Gairo, Lodine, Meana Sardo, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda, Seui, Seulo, Sorgono, Talana, Tiana, Tonara, Urzulei, Ussassai, Villagrande-Strisaili. Comprende tre grandi sistemi: il Gennargentu ("porta d’argento"), imponente complesso di scisti paleozoici dalle pendici boscate e le cime steppose, che costituisce la massima elevazione dell’isola (Punta Lamarmora, 1834); il Supramonte, vastissimo altopiano di calcari e dolomie del mesozoico (Monte Corrasi, m 1463), ricco di acque sotterranee e caratterizzato da un paesaggio tormentato e selvaggio. Tra i siti più belli: il Supramonte di Oliena e la valle di Lanaittu; il Supramonte di Orgosolo, nel quale sopravvivono lecci ultrasecolari (Foresta Demaniale Montes); la sorgente carsica di Su Gologone, la più importante della Sardegna; il cany
on di Su Gorroppu, il più profondo d’Italia e forse d’Europa, con pareti alte sino a 450 m; la dolina di Su Suercone, immenso inghiottitoio che include una stazione di tassi secolari, cavità e voragini; le grotte Su Bentu e Sa Oche, estese per circa 15 km; il golfo di Orosei, naturale appendice a mare del Supramonte, che si estende da Cala Gonone a Santa Maria Navarrese con scenografiche pareti calcaree a falesia, dove si aprono grotte (Bue Marino-Dorgali) ed incantevoli calette (Cala Luna-Dorgali). Il paesaggio vegetale del Gennargentu muta col salire di quota: alle pendici residuano lembi della lecceta che fino all’800 interessava l’intera montagna; più in alto sono presenti roverelle, aceri, ginepri, formazioni di agrifoglio e isolati tassi; sulle cime crescono erbe perenni ed arbusti prostrati, con preziosi endemismi e specie esclusive. Nel Supramonte dominano le foreste di leccio, autentici santuari della natura e mai tagliate in alcune località. Molto ricca la fauna, con specie endemiche esclusive della Sardegna: tra i mammiferi i mufloni, la cui popolazione è in ripresa, cervi sardi e daini reintrodotti, gatti selvatici, volpi e ghiri; l’avifauna annovera quasi cento specie nidificanti, tra cui il grifone, il falco della regina, l’aquila reale, l’astore, lo sparviero, la poiana; anfibi, rettili e insetti, con la rara farfalla Papilio Hospiton; importanti anche gli invertebrati degli ambienti di grotta e la foca monaca, che ha dato il nome alla Grotta del Bue Marino e i cui avvistamenti nelle acque del Golfo di Orosei sono sempre più rari. L’area del parco, in particolare il Supramonte di Oliena e il Lanaittu, conserva importanti siti archeologici: la grotta Corbeddu, che ha restituito i più antichi resti ossei della Sardegna (paleolitico inferiore); il villaggio nuragico del Monte Tiscali, quasi intatto nel profondo di una dolina, e quello di Sa Sedda ‘e Sos Carros, cui è annessa un’area sacra. Risalgono al neolitico i graffiti rupestri della grotta del Bue Marino-Dorgali, ma abbondano nel restante territorio i monumenti prenuragici (domus de janas, dolmen, menhir) e nuragici (nuraghi, villaggi, santuari, tombe dei giganti).

Massimiliano Perlato

 

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IL RITO DE "IS FRACCHERAS"  A GADONI

Campane a morto, corone di pervinca e steli di asfodelo. Ecco come si svolgevano i festeggiamenti, nei giorni del 1° e del 2 novembre. A mezzogiorno cominciavano a suonare ininterrottamente le campane a morto (I’agonia) per 24 ore finché non si concludeva la Messa a mezzogiorno. Non era compito facile, e proprio per questo i campanari si alternavano, in genere il gruppo era formato da circa 10 persone, giovani e adulti, i quali restavano svegli e attivi, e nei tempi di attesa cuocevano castagne arrosto e bevevano del buon vino nero. La mattina del 2 novembre, per commemorare i defunti, veniva celebrata la Santa Messa in cimitero, alla quale partecipava l’intera comunità. Dopo la Messa, il parroco si soffermava su ogni tomba, per dare ‘Is assoluziones’ che consistevano in una serie di preghiere, e questo in cambio di un’offerta fatta dai familiari. La stessa mattina si era soliti mettere sulla croce delle tombe, una corona di pervinca ‘proinca’. La corona veniva realizzata intrecciando la pervinca e abbellendola con fiori di carta colorata (poiché la pervinca in novembre non fiorisce). Nel pomeriggio, il sacerdote, accompagnato dai campanari, andava di casa in casa a chiedere le offerte, che consistevano in denaro o in prodotti (castagne, noci, nocciole, patate, dolci dolci etc.) da destinare alle anime ‘pro sas animas’, si usava dire. La sera del 2 novembre si svolgeva un’altra manifestazione detta ‘Is Fraccheras’. Due o tre giorni prima del 2 novembre, i Gadonesi, uomini e donne, si recavano nei terreni vicino al paese che costituivano ‘Su a pardu’ a raccogliere l’asfodelo S’iscraria per preparare ‘Is Fraccheras’. Gli steli di asfodelo venivano legati sistematicamente attorno alla ferula ‘Sa feurra’, facendo dei lunghi fasci di circa 2 o 3 metri, in alcuni casi anche 4. All’interno del fascio si inserivano steli di ‘`Canna pudescia’ che è molto infiammabile, si continuava così fino a far raggiungere al fascio il diametro di 30/40 centimetri e a volte anche 50. Il tutto veniva legato con ‘Si sterzu’ e raramente con spago, perché il fuoco lo bruciava e poteva disfare ‘Sa Fracchera’ (nell’antichità classica, l’asfodelo era considerato il fiore tipico del regno dei morti). Il compito di sorreggerla era affidato ai giovani, che la portavano per le vie del paese. All’imbrunire, veniva dato fuoco all’estremità anteriore della ‘Fracchera’ e i partecipanti dovevano correre senza spegnerla per le vie del paese. La stessa notte del 2 novembre si era soliti fare ‘Sa conca e mortu’, realizzata con una zucca, la quale veniva svuotata dalle parti molli e venivano scavati dei fori a forma di occhi, naso e bocca. A rendere macabro il rito era una candela sistemata all’interno della zucca. Veniva posata sui vecchi muri, in genere bui, o sui davanzali delle finestre. I passanti, vedendola erano soliti spaventarsi.

 

SEMINARIO IN SARDEGNA AL GEOVILLAGE DI OLBIA

PUNTIAMO SUL TURISMO SOSTENIBILE

La Sardegna si prepara ad affrontare una nuova sfida sul fronte del turismo, garanzia di destagionalizzazione. Per le peculiarità del suo territorio, l’isola si candida ad essere terra ideale dove far attecchire il turismo attivo, la nuova frontiera del turismo sostenibile.  Un settore capace di catturare flussi turistici tutto l’anno, di far uscire la Sardegna dalla condizione di stagionalità: a questo punta la Regione. E la scommessa è cominciata. Il 3 e il 4 dicembre, l’assessorato al Turismo e l’Agenzia governativa regionale Sardegna Promozione hanno chiamato a raccolta in città gli attori di quest’importante fetta dell’industria delle vacanze, oltre 550 gli iscritti, un seminario tecnico che ha consentito di effettuare una mappatura regionale dell’esistente: «operatori, strutture e risorse naturali da mettere in campo per costruire il sistema e creare un’offerta turistica che oggi non esiste – ha spiegato l’assessore Bastianino Sannitu, illustrando il progetto, già presentato a Cagliari -, un’offerta turistica che dia un’immagine unitaria e complessiva della Sardegna, capace di presentarsi alla sfida del futuro nel mercato internazionale».  Un segmento in forte espansione il turismo attivo, filosofia di viaggio che va oltre la contemplazione del paesaggio e implica un impegno attivo del visitatore, con una fruizione del territorio a basso impatto ambientale: cicloturismo, trekking, windsurf, golf, vela, equitazione, sci nautico e molte altre le attività da sfruttare. «Sempre più imprenditori sono interessati a utilizzare questi nuovi canali&ra
quo;, ha aggiunto il sindaco Gianni Giovannelli apprezzando il progetto della Regione, «la sensibilità in proposito è molto alta, c’è voglia di fare», ha rimarcato la presidente della Provincia Pietrina Murrighile soffermandosi soprattutto sulla delocalizzazione dell’offerta verso le zone interne, mentre Letizia Locci di "Sardegna promozione" e Gavino Docche, uno degli operatori pionieri del turismo attivo, hanno evidenziato l’importanza della promozione unitaria della Sardegna.  Oltre alla realizzazione della mappatura, il seminario ha consentito di redigere il 1º Rapporto sul turismo attivo in Sardegna che servirà a definire una strategia per lanciare l’isola come destinazione ideale del turismo attivo. Non solo, è stata l’occasione per gettare le basi per il 1º Workshop internazionale del turismo attivo in Sardegna "Bitas", previsto nel 2010, iniziativa per favorire l’incontro tra l’offerta turistica sarda e la domanda nazionale e internazionale.

Tiziana Simula

 

L’INTERVENTO DEL "CENTRO SERVIZI F.A.S.I" A OLBIA

IL SALUTO DEGLI EMIGRATI SARDI

Sono Gianni Casu e sono qui in rappresentanza di Eurotarget Viaggi Centro Servizi F.A.S.I. (Federazione Associazioni Sarde in Italia) con i suoi 70 Circoli Sardi sparsi in tutto il continente. Porto a tutti voi i saluti del nostro Presidente Tonino Mulas e del nostro responsabile F.A.S.I. ai trasporti Filippo Soggiu. Devo ringraziare I’assessore al turismo On. Sebastiano Sannitu e I’agenzia Governativa Regionale Sardegna Promozione per avermi dato I’opportunità di presenziare a questa importante iniziativa e parlare ad un folto pubblico di operatori del turismo attivo in Sardegna. La F.A.S.I. già da oltre 20 anni fa del turismo attivo: ogni circolo sardo promuove la Sardegna nel territorio ove hanno le sedi organizzando: scambi tra scuole, tour in Sardegna, soggiorni in periodi di bassa e media stagione. Ogni Circolo Sardo è collegato al Centro Servizi e tutti assieme contribuiscono ad inviare in Sardegna migliaia di persone. Quando nel 1995 i circoli sardi della provincia di Milano presentarono a Monza il convegno per la riconversione dell’area geomineraria del Sulcis-Iglesiente, nessuno in Sardegna avrebbe scommesso che molte cose sarebbero cambiate nell’Iglesiente, che i minatori sarebbero diventati accompagnatori turistici e guardiani del Parco Geomineraio, che alcune miniere fossero utilizzate e visitate da migliaia di turisti. Da allora non vi e alcun tour in Sardegna che non visiti questa zona. Voi operatori turistici, potete rivolgervi alla F.A.S.I. per promuovere nelle nostre "vetrine" il prodotto "Sardegna". I 70 circoli e associazioni sarde aderenti alla F.A.S.I., come vi ho anticipato, hanno superato da tanto tempo la fase di essere un punta di sola assistenza e di solo ritrovo per bere la birra Ichnusa: ora sono centri di elaborazione progetti rivolti alla commercializzazione dei prodotti della Sardegna e fanno turismo, cultura, folklore. La F.A.S.I. nel 2004 ha creato il Centro Servizi acquisendo il 49% di un’agenzia viaggi di Milano. Oggi siamo un grande operatore nel settore dei trasporti marittimi per la Sardegna. Questo ci permette di ottenere delle convenzioni vantaggiose per tutti i nostri associati. Possiamo mettere la nostra esperienza a vostra disposizione per fornire il servizio di bigliettazione ai vostri futuri clienti. Contattateci! Faccio anche in quest’occasione, la proposta che ho già fatto la scorsa settimana al convegno "Emigrazione e Turismo" tenutosi a Villa Olmo a Como: noi in Sardegna abbiamo qualcosa che nessuno al mondo ha: i Nuraghi. Ebbene v’invitiamo a cercare di programmare in futuro una notte nei Nuraghi, attorno ad un fuoco, raccontando fa storia e la vita di chi migliaia di anni fa popolava quei villaggi, dormire all’aperto su una stuoia di giunco coperti da "sa este" (mantello di agnello e montone), cenare con pane, "casu" e carne arrosto. Questa emozione solo noi in Sardegna possiamo proporla. Chiudo rinnovando i complimenti agli organizzatori di questa seminario.

Gianni Casu

 

DOPO BUENOS AIRES, ELIANA SANNA OSPITE DEL « DOMOSARDA » A PARIGI

IL « CONCERTO PER DUE CONTINENTI » SBARCA IN EUROPA

L’associazione « Domosarda » ha organizzato a Parigi nel quartiere Champs Elysée,  presso la prestigiosa Sala della Chiesa « Notre Dame de consolation », in collaborazione con la FASI (Federazione delle Associazioni Sarde in Italia), il « concerto per due continenti », la proposta che entra nel quadro dei progetti annuali della Regione Sardegna. Per l’occasione é stato organizzato anche un pranzo alla « sarda ». Il presidente del « Domosarda » Francesco Laconi dopo aver ringraziato i soci per  essere venuti numerosi alla serata, ha dato la parola  al presidente della FASI Tonino Mulas per i saluti e per presentare il concerto che dopo Buenos Aires viene proposto a Parigi. Il pubblico attento all’esibizione  ha molto apprezzato la voce della cantante lirica Eliana Sanna (sardo-argentina !) accompagnata al piano dal maestro Alessandro Binazzini che per l’occasione ha proposto anche l’Ave Maria di Lau Silesu il grande compositore sardo che ha vissuto gran parte della sua vita a Parigi. Francesco Laconi

 

"LA LEGGENDA DI REDENTA TIRIA", TRATTO DAL ROMANZO DI SALVATORE NIFFOI

A MILANO, PER LA FESTA DEL TEATRO

Con l’inizio dell’autunno Milano a mò di scaramanzia decide di fare il tutto esaurito, almeno per due giorni, nei numerosi teatri della città e del circondario: per darvi un’idea io mi sono fermato al numero sessanta della pagina 24 delle 40 che compongono la "brochure" che decanta l’avvenimento a "Festa del Teatro", 24/25 ottobre, biglietti gratis o al massimo quattro euro, ci
nque per chi compra da internet: al teatro Libero di via Savona la Compagnia dei Teatri Possibili mette in scena "La leggenda di Redenta Tiria". Dal libro che ha lanciato Salvatore Niffoi nell’empireo della letteratura italiana, a mio parere il più bello di quelli che ha pubblicato per Adelphi.Si clicca nel sito, si accetta tutto quello che vogliono da te in termini di privacy e quant’altro, gli si dà il numero della carta di credito sbagliando non più di ventisette volte, e il gioco è fatto. Stampi l’OK e il biglietto mezz’ora prima dell’inizio. Attore, regista, organizzatore, direttore del teatro è Corrado D’Elia. Attribuendogli il premio internazionale Luigi Pirandello 2009 la giuria (nomi prestigiosi) lo definisce:"una delle figure più complete dell’attuale panorama teatrale italiano". Qui è seduto su di uno sgabello, il microfono che gli pende dall’orecchio, camicia candida che sembra lavata di fresco anche per lo sfondo nero delle quinte, accoglie il pubblico dirottandolo allegramente verso un buffet di prodotti sardi,: salsiccia, pecorino, pane carasau, un vino nero da bottiglioni con scritto:"Ogliastra". Sempre ridendo ci informa che il Cagliari ha finalmente vinto la sua prima partita al Sant’Elia. Alla sua destra, le mani già sulle tastiere c’è Marco Piras, una colonna della storia musicale sarda, dal 1980 docente del conservatorio di Sassari, contrabbassista dell’omonima orchestra sinfonica,da più di 25 anni si occupa di musica, suonandola, componendola, producendola in qualità di editore, arrangiatore. Le sue biografie parlano di oltre cento titoli discografici, innumerevoli gli artisti con cui ha collaborato, tra i sardi Maria Carta, Piero Marras, Paolo Fresu e decine d’ altri. Con Marisa Sannia ha firmato gli arrangiamenti di tutta la produzione in lingua sarda. E’ con le sue canzoni in sottofondo, ma a intervalli sovrastano la voce dell’attore come schiuma di mare irrefrenabile,che Corrado D’Elia va a leggere alcuni brani del libro di Niffoi. A produrre quella magia che sempre emerge dall’incontro di vene poetiche diverse, ma capaci di comunicare se i sentimenti e le sensazioni scaturiscono dall’animo più puro. Qui in verità è la poesia sarda più classica che entra in gioco, le liriche di Antioco Casula (Montanaru), quelle di Francesco Masala, arrangiate in canzoni che Marisa Sannia interpreta con voce calda e ninnante. L’artista di Iglesias, prematuramente scomparsa, ci ha lasciato un ultimo disco in regalo: "Rosa de papel" , pubblicato postumo. In esso, sempre con Marco Piras agli arrangiamenti,  si misura cantando in spagnolo liriche di Federico Garcia Lorca. Dal suo "Libro de poemas" piuttosto che dal "Romancero gitano". Le canzoni che Marco Piras mette in sottofondo stasera invece sono cantate in sardo. Alcune dall’album :"Nanas e Janas", altre da "Melagranada" e "Sa oghe de su entu e de su mare". Di quest’ultimo  Giorgio Maimone ha scritto trattarsi di uno dei dischi più belli sentiti negli ultimi anni, uno di quelli schiaffabili tra "gli indimenticabili". E dovreste sentirla la "Ninna nanna de Anton’Istene" mischiarsi alla voce impostata del D’Elia mentre dice di Abacrasta:"…il nome del mio paese, non lo troverete in nessuna enciclopedia…al mondo non lo conosce nessuno perché ha solo milleottocentoventisette anime,novemila pecore, millesettecento capre, duecentoquindici televisori,quattrocentonovanta vitture e millecentosessantatré telefonini…" (ninna nanna, pizzinu/ninna nanna/ti leo in coa e canto a duru duru)."Quando passa  uno di Abacrasta, si fanno il segno della croce e  si domandano: "E a quello quando gli tocca?" (e pustis ti regalo elveghes chentu/ e una tanca tottu fiorida/ una este de panno  tottu colorida/ e taccompagno finz’a Gennargentu). E va avanti così con la voce dell’attore che fa il paio con la Voce che sentono quelli di Abacrasta:"Ajò preparati, che il tuo tempo è scaduto", e allora per gli uomini c’è sempre pronta una cinghia, una corda per le donne a cui tocca. Nelle tanche non c’è un albero che non sia diventato una croce. Drommidi segura/segura e sin affannu/sunrisa mia de luna/mirada incantadora/sos ojos lughentes/lughentes che s’aurora. Canta nel mentre Marisa Sannia, con le tastiere di marco Piras che magicamente riarrangiano le note che conosce a memoria. Ha scritto la cantante d’Iglesias:" La poesia non si legge con gli occhi, si legge con la voce. Gli occhi ci aiutano a decifrarla l’orecchio a scoprirne il ritmo, ma la voce ci dà la possibilità di ricrearla". E’ serata di poesia questa, in grazia del libro di Niffoi in primis, con la sua lingua "ibridata", che si fonda sulla commistione di italiano e "limba". E i suoi personaggi, tutti esagerati di vita, con nomi improbabili, Genuariu  Candela,  Serafina Vuddi Vuddi o Chilleddu Malevadadu, che era nato sordo, cieco e muto,tre disgrazie in una, come se già non bastasse quella di vivere. Ma anche, quando Santa Lucia gli fa la grazia, la mamma scoprì che il figlio aveva gli occhi più belli del mondo, erano acquosi e profondi,come due biglie di mare rubate agli abissi. Aiò,Aiò,Aiò,Aiò/su pizzinu Aiò Aiò/car ‘e mela pilu ‘e oro/de sa mamma su tesoro. E quando la cieca Redenta Tiria, i capelli neri come ali di corvo, bussa alla porta di Michele Isoppe e finalmente riesce a salvarlo dall’impiccarsi lo spettacolo va a finire. Chie sò, chie sò/narami chie sò/chie sò, /Deo so sa gherra /deo so sa paghe/so sirbone a fùa/ so disamistade. Sussurra Marisa Sannia. Con quelle parole che paiono tessute e diventano tela di cotone che prende forma, colore, disegno per venir fuori dal corpo e andare nel mondo. Come credono i Dogon del Mali. Alla fine gli applausi si mischiano alla commozione, la gente si avvicina agli attori, anche io vado a scambiare due parole con Marco Piras, in mano l’immancabile gazzetta a dimostrazione che le nuove province sarde non sono un’astrazione, come lui credeva. Mi dice che lo spettacolo riprenderà ad Aprile con tutti i musicisti presenti, e una cantante. Non a al posto di Marisa Sannia, che lei è insostituibile, ma per farcela ricordare con meno dolore. Come cantava Garcia Lorca in "Memento": "Quando morirò/seppellitemi con la mia chitarra/sottola rena. Quando morirò/ fra gli aranci/ e la menta. Cuando yo me muera/ enterradme/ si querèis/ en una veleta. Cuando yo me muera.

Sergio Portas

LA FESTA SARDA DELL’ACSIT DI FIRENZE PER PROMUOVERE L’ISOLA

BATTE FORTE IL CUORE SARDO NEL MUGELLO

Si è svolta a Borgo San Lorenzo la Prima Festa dei Sardi del Mugello. Fortissimamente voluta dagli allevatori Sardi, attorno ai quali si sono radunati volontari della zona,
e, coordinati dall’Associazione Culturale dei Sardi in Toscana,la manifestazione ha offerto, ai cittadini del Mugello e non solo , l’occasione di degustare i migliori piatti tipici della cucina Sarda.
I due giorni hanno visto la partecipazione di oltre mille persone tra cui molti amministratori dei comuni locali, del Comune di Firenze, della Provincia di Firenze e della Regione Toscana che non sono voluti mancare a questo primo appuntamento. L’intero ricavato della manifestazione è stato devoluto alla Fondazione Ospedale Pediatrico Meyer di Firenze. Questa cifra è stata consegnata, mercoledì 2 dicembre, al Direttore Dott. Carlo Barburini, con orgoglio e con soddisfazione dal Rappresentante degli allevatori del Mugello "Tore" Farina e dal Presidente Acsit di Firenze Elio Turis, alla presenza di  una rappresentanza dei volontari a cui si deve il successo di tale manifestazione.

Elio Turis

 

GRANDE FESTA DEI SARDI DEL CIRCOLO DI HORNU IN BELGIO

L’ISOLA NEL BORINAGE

Presso la Sala della Maison du Peuple di Hornu, gremita di un pubblico venuto da tutte le parti del Belgio e non solo, infatti, erano presenti anche sardi del nord della Francia del circolo di Douai, si è tenuta la "Grande Festa Sarda", organizzata come ogni anno dall’associazione dei "Sardi del Borinage" di Hornu. Il Presidente del circolo Carlo Murgia, ha preso la parola per ringraziare il folto pubblico, che fedelmente ogni anno partecipa con passione. Tra le personalità presenti, il sindaco di Boussu, l’assessore alla cultura di Saint Ghislain. Era presente anche Giovanna Corda, europarlamentare, che ha potuto parlare in sardi ai suoi corregionali intervenuti dai circoli di Genk, Douai, Charleroi e Liegi. Alla manifestazione ha preso parte il gruppo femminile dei "Pandelas", che hanno regalato un’esibizione molto seguita. La musica etnica è proposta in modo spettacolare dalle camaleontiche ragazze sarde che dopo gli straordinari successi ottenuti in Italia con circa 900 concerti in 13 anni di carriera, si sono proposte per la prima volta in Belgio. Lo show è stato principalmente un tributo ai Tazenda e al compianto Andrea Parodi. Lo spettacolo "Fizzos de Caronte" ha proposto anche gli strumenti tipici isolani come le launeddas, la fisarmonica, l’organetto diatonico, il solittu, la trunfa.

ci riferisce Carlo Murgia

 

LA SARDEGNA A MILANO CON 46 AZIENDA AGRO ALIMENTARI

LA XIV EDIZIONE DELL’ARTIGIANATO IN FIERA

La Sardegna è una terra non solo famosa per il suo mare, ma anche per le eccellenze agro-alimentari. Ecco perché alla quattordicesima edizione dell’Artigiano in Fiera di Milano (uno degli eventi più apprezzati dal pubblico milanese e non solo), su iniziativa dell’assessorato regionale dell’Agricoltura, hanno partecipato anche le imprese artigianali rappresentative di tutte le filiere del comparto agricolo isolano. Un’occasione non solo per esporre tutti i prodotti tipici e di qualità della nostra Isola, ma di metterli anche in vendita e offrire, ai visitatori, un’idea diversa per i doni natalizi. Assieme allo stand della Regione, nel polo fieristico di Rho Fieramilano c’erano 46 aziende di vari settori: lattiero-caseario, salumi, oleario, ortofrutta, vitivinicolo, ittico, pane e pasta, prodotti tipici, miele, dolci.  "Abbiamo previsto la presenza di numerose nostre imprese artigianali – spiega l’assessore dell’Agricoltura Andrea Prato – perché questa manifestazione è un appuntamento di richiamo e i visitatori, considerato che è aperto al pubblico, possono conoscere da vicino le eccellenze agro-alimentari della Sardegna e magari orientare i propri regali natalizi. Le aziende da parte loro hanno un’occasione importante e strategica per promuovere, vendere i propri prodotti e instaurare nuovi rapporti commerciali. La Regione sostiene questa e tutte le iniziative che possano valorizzare, anche in termini economici e di business, le nostre produzioni e le aziende sarde". Tra le caratteristiche dell’Artigiano in Fiera la presenza di un pubblico ampio che comprende dettaglianti, grossisti e distributori proveniente da tutta Italia. Per questa edizione i dati della manifestazione sono da record: oltre 3.000 espositori, 140.000 metri quadrati di superficie espositiva, circa 30.000 operatori specializzati e oltre 3 milioni di visitatori attesi. Più di cento i Paesi stranieri rappresentati.

 

FORMAGGI D’ECCELLENZA E PASCOLI DOC DELLA PECORA NERA DI ARBUS

NEL CAMPIDANO DUE CONCORSI

Si sono svolti in Sardegna, a Villamar nella provincia del Medio Campidano, i due concordi che Città del Bio organizza per offrire una vetrina alle migliori produzioni dei pecorini e formaggi bio. Quest’anno l’iniziativa si è spostata in Sardegna. Un giusto riconoscimento a questa terra di greggi transumanti e pascoli doc. Un appuntamento per far incontrare i produttori, intenditori, consumatori e appassionati, per degustare, confrontare e premiare il meglio dei formaggi di tutta Italia. I pecorini della Sardegna hanno incontrato e si sono confrontati con gli altri formaggi a latte ovino, le produzioni casearie tipiche delle più antiche tradizioni locali che hanno incontrato il meglio della produzione biologica. I concorsi si sono svolti nella splendida cornice del "Quartiere Maiorchino" del centro storico di Villamar, è stata anche l’occasione per ammirare la tipica architettura urbana con le tradizionali abitazioni campi danesi e i diversi monumenti tra cui la Chiesa romanica di San Pietro e il retablo cinquecentesco del maestro Pietro Cavaro. La manifestazione ha permesso, inoltre, di conoscere, grazie alla rassegna de Is Matzoccas, un simbolo oggi in di
suso, ma nel passato particolarmente emblematico: il semplice bastone dei pastori, che diventa un vero e proprio cimelio sacro, arricchito da sculture lignee a tutto tondo. A fregiarsi dei riconoscimenti del premio sono stati i pastori e casari: ma con loro sono risultati vincitori anche i territori di grande qualità ambientale su cui hanno pascolato le pecore e le capre di tutta Italia. L’evento è stato anche l’occasione per dare risalto alla pecora nera che rappresenta una delle principali biodiversità presenti nel territorio del Medio Campidano. L’ovino di Arbus messo da parte per parecchio tempo, è di nuovo al centro dell’interesse. Ormai invia d’estinzione, in appena tre anni ha più che raddoppiato le presenze. A suscitare attenzione è il suo manto naturale e non solo per il colore. Una lana che, infeltrita con latte, olio d’oliva, miele e liscivia, arreda la casa, impreziosisce i gioielli ed entra nella linea beauty.

Massimiliano Perlato

 

COME SVENDERE UNA DELLE PIU’ BELLE COSTE DEL MEDITERRANEO

INVASORI BARBARICI

L’idea che và per la maggiore dei sardi quale popolo orgoglioso, tenace, portato all’indipendenza ed all’autogoverno è, da rivedere radicalmente. A parte le tante invasioni più o meno cruente che la Sardegna ha visto nel corso dei secoli (dai cartaginesi ai romani, dai vandali ai bizantini, dagli arabi ai saraceni, dai pisani ai genovesi, dagli aragonesi ai piemontesi, agli alleati anglo-americani), conserviamo tuttora – nelle tante varianti – sa limba, la più fedele discendente del latino (lingua degli invasori) e tutt’oggi, nonostante roboanti dichiarazioni, sos istranzos che approdano sulle nostre coste ricevono un’accoglienza straordinariamente benevola. E’ il caso di tanti speculatori immobiliari nel corso degli ultimi decenni.   Rapinatori di territorio che spesso hanno lasciato soltanto briciole o macerie agli indigeni. Chiedetelo, giusto per fare un esempio, ai tanti piccoli imprenditori rimasti sul lastrico grazie al bresciano Bertelli impegnato a cementificare Stintino. Tuttavia la solfa non è cambiata. Tra vari casi spicca quello della costa di Teulada, da Capo Spartivento a Tuerredda, a Malfatano. Uno dei grandi tratti di costa (circa 35 km) ancora in gran parte integri del Mediterraneo. Rocce, piccole calette (Tuerredda, Campionna, Piscinnì), ambienti dunali, stagni (Piscinnì, Tuerredda), porti naturali già utilizzati in antichità (come la Merkat fenicia nel rìas di Malfatano). Da parecchi anni incombe il tentativo speculativo su questo autentico paradiso costiero. Negli anni ’70 del secolo scorso furono i lombardi Monzino, attraverso la loro società S.I.T.A.S. s.p.a., a progettare su quasi 900 ettari di costa la nuova Costa Smeralda nel sud Sardegna. Si doveva chiamare Costa Dorada: alberghi, ville, campi da golf con centinaia di migliaia di metri cubi di volumetrie. Non se ne fece quasi nulla. Soltanto la durissima opposizione legale delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra condusse alle condanne in sede penale ed alla successiva demolizione delle opere abusive del tentativo speculativo nella splendida baia di Piscinnì, enclave amministrativa di Domus de Maria, portata avanti in un primo momento dal gruppo Monzino, successivamente da una società aderente alla Lega delle Cooperative. Qualche anno fa la Società immobiliare venne rilevata dalla Forma Urbis s.p.a. di due architetti-imprenditori veneti, Gianpietro Gallina e Albano Salmaso, che fecero proclamare, con sovrano sprezzo del ridicolo, all’allora Sindaco di Teulada Tore Mocci l’arrivo sulle coste sulcitane di ben 2.500 posti di lavoro ed anche di più grazie ai 180 mila metri cubi di alberghi e ville di lusso che gli intraprendenti veneti affermavano di voler realizzare.  In realtà non hanno realizzato un bel niente, così come a Capo Pecora, sulla costa di Arbus, dove hanno rilevato la storica azienda agricola sul mare dei Casana. A questi architetti-imprenditori evidentemente interessava farsi approvare i progetti immobiliari e rivendere a prezzi esorbitanti. Ed è quello che hanno fatto. Anche dividendo in cinque l’unico progetto immobiliare, con l’avvallo della Regione autonoma della Sardegna, ai fini delle valutazioni di impatto ambientale, in contrasto con la direttiva comunitaria in materia (la n. 85/337/CEE, integrata e modificata dalla n. 97/11/CE). Così ha visto la nascita il nuovo progetto comprendente il complesso ricettivo "eco-compatibile" Malfatano Resort s.p.a., una joint venture composta da Sansedoni s.p.a. (40%, gruppo Fondazione Monte dei Paschi di Siena), famiglia Benetton attraverso la Ricerca Finanziaria s.p.a. (25%), Gruppo Toffano (24%), Silvano Toti s.p.a. (11%). Forte l’interesse del gruppo Marcegaglia. Sarebbe stato il momento, con l’Amministrazione regionale Soru, di acquisire l’area, con i mezzi previsti dalla legge, alla disponibilità della recente Agenzia della Conservatoria delle coste della Sardegna. Ma non se n’è voluto fare nulla. Secondo le
affermazioni dell’Amministrazione comunale di Teulada, ormai non vi sarebbe alcun ostacolo per spalmare i
140 mila metri cubi di volumetrie complessive sui 700 ettari di costa. Ed i lavori sono stati recentemente avviati, prevedendo (deliberazione Consiglio comunale Teulada n.37 del 3 ottobre 2008) lo spostamento di 33.500 metri cubi ed una variazione di destinazione d’uso. Ancora una volta sono state le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra a rivolgersi alle amministrazioni pubbliche competenti ed alla magistratura, auspicando un efficace intervento in tempi brevi. Non basta il lento assassinio ambientale della splendida spiaggia di Tuerredda, "assalita" da centinaia di bagnanti, da chioschi e da "generose" concessioni demaniali, non basta l’emblematica vicenda della lottizzazione abusiva di Baia delle Ginestre ad opera dei lombardi Antonioli, non basta il fallimento turistico dell’allucinante cubo di cemento dell’Hotel Rocce Rosse, poi trasformato in condominio. Il turismo mattonaro ha le sembianze di Emma Marcegaglia e dei Benetton, mentre gli indigeni che da generazioni vivono e lavorano a Malfatano stanno per essere cacciati da casa loro (e dai loro 5 ettari nel bel mezzo della lottizzazione) perché disturbano. Come i Mapuche della Patagonia.  Emblematico e da vedere il film-documentario Furriadroxius, di Michele Mossa e Michele Trentini, sugli ultimi abitanti della comunità agro-pastorale di Malfatano. Nell’indifferenza della Regione Sardegna, delle amministrazioni locali, delle forze politiche e degli stessi teuladini. Fuori dai piedi, oggi si costruiscono ville da 380 mq. di coperto in vendita e migliaia di mq. di giardino esclusivo a 1,5 milioni di euro l’una, così racconta sorridendo chi sta sui mezzi cingolati, vero?

Stefano Deliperi

 

VOLGE AL TERMINE LA "COMMEDIA NUCLEARE" CHE COINVOLGERA’ ANCHE LA SARDEGNA

LA PORCATA ATOMICA

Ancora vociferazioni sulle sedi delle prossime centrali nucleari italiche. Dopo le chiacchiere (voce dal sen fuggita) del presidente di ENEL circa una decisione governativa in merito, circola da qualche giorno un elenco di località nelle quali dovrebbero sorgere le nuove centrali. Uno di questi luoghi è Oristano. L’elenco è vecchio e non attendibile, ma torna buono per tener desta l’attenzione (e sviarla da altro, ovviamente). Immediate le reazioni della classe politica sarda. Quelli filogovernativi a gettare acqua sul fuoco, quelli  diversamente concordi a indignarsi e promettere una dura opposizione (!). Ovviamente sto parlando degli esponenti dei partiti italiani in Sardegna. Ora, lasciamo perdere l’assurdità intrinseca, in linea tecnica ed economica, di tutta l’operazione atomica del governo italiano (che sarà pure da barzelletta, ma i danni li combina sul serio e grossi pure): qui c’è un bel cortocircuito politico che vale la pena di evidenziare. Ora, se sei l’esponente istituzionale di uno schieramento politico italiano (che tu sia sardo o meno, poco importa), che titolo hai per opporti, in nome e per conto di un territorio formalmente italiano, a una legittima decisione del tuo governo? A che titolo i politici sardi dei partiti italiani possono rifiutare la responsabilità di partecipare alla risoluzione di un problema nazionale? Perché è un problema nazionale: attiene all’approvvigionamento energetico dello stato cui quei politici fanno riferimento come orizzonte istituzionale e culturale. D’altra parte, quando si trattò di accogliere i rifiuti campani, proprio in virtù di una solidarietà "nazionale", il presidente Soru decise positivamente. Con la stessa ratio la Sardegna dovrebbe accollarsi la propria parte, se questa è la valutazione del governo "nazionale", anche in materia di nucleare. Insomma, i politici sardi che si riconoscono nell’Italia e ne incarnano le istituzioni non hanno alcuna legittima voce in capitolo nell’opporsi in linea di principio a una decisione del genere. Poche scene, dunque. O si mette in discussione l’assetto complessivo dei rapporti tra Italia e Sardegna, oppure lascino perdere questa sceneggiata e diano spazio a chi, a buon diritto, può opporsi alla trasformazione della Sardegna nel sito di stoccaggio delle scorie radioattive italiane (perché questo è il vero rischio) o alla sede privilegiata dei progetti nucleari italici. Ossia, tutti coloro – cittadini, movimenti, ecc. – che non intendono riconoscersi nell’Italia come stato e come comunità nazionale. Con buona pace del povero Cappellacci, che – sprovveduto promettitore dilettante, poco degno del suo (gran) maestro – già si immaginava costretto a farsi passare sul corpaccione palestrato i blindati e gli autorimorchi destinati alla realizzazione della porcata atomica.

Omar Onnis

 

TROPPO FRAGILE IN TESSUTO INDUSTRIALE IN SARDEGNA

LA CRISI E’ SEMPRE APERTA

E’ tregua sulla vicenda Alcoa. La
multinazionale americana infatti ritira (almeno per ora) il piano di fermata, impegnandosi a far sì che la produzione di Portovesme riprenda al più presto. Si tratta di un risultato importante, per i duemila lavoratori del Sulcis, dopo settimane di tensioni culminate nella manifestazione a Roma, contrassegnata da grande tensione e persino da scontri con le forze dell’ordine. La svolta è stata siglata nel corso di un vertice tra il Governo, la Regione, i sindacati, i vertici di Alcoa Italia, i quali si aspettano una riduzione del costo dell’energia (sui 30 euro a megawatt in linea con la media europea, contro i 48 euro attuali) ed un intervento che tolga di mezzo la maxi sanzione imposta dall’Unione Europea. La decisione di chiudere gli impianti di Fusina (in Veneto) e Portovesme era arrivata dopo una condanna di Bruxelles a pagare 300 milioni di euro (più gli interessi) di sanzione per falsa concorrenza e aiuti di Stato; la stessa condanna aveva anche riportato le tariffe per Alcoa al prezzo pieno. Prezzi insostenibili secondo la multinazionale perché l’elettricità rappresenta il 35 per cento dei costi di produzione dell’alluminio. Ora l’impegno del Governo (anche grazie alla forte pressione esercitata dagli Enti Locali) è quello di cercare una soluzione per le grandi industrie "energivore" a cui sarà consentito di acquistare elettricità dal resto d’Europa (dove l’energia costa circa 20 euro al megawatt). Altro fronte aperto, quello della Vynils Italia, che ha in Sardegna lo stabilimento di Porto Torres. L’azienda si trova attualmente in amministrazione straordinaria. Obiettivo dei commissari incaricati dal Ministero delle Attività Produttive è quello di "tentare di rimettere in moto gli impianti, riprendere la produzione, acquisire nuove quote di mercato e mettersi in vetrina per passare poi al miglior offerente" .
Non si tratta di una impresa semplice. L’azienda non ha denari per andare avanti per molto, deve anche fare i conti con clienti che non pagano, vanta crediti per milioni. Ora si apre qualche spiraglio. Gli operai di Porto Torres in lotta hanno così deciso di sospendere l’occupazione degli impianti, dopo aver incassato l’impegno del presidente della Regione Cappellacci ad intraprendere una azione incisiva alla ricerca di un Istituto di credito disponibile a mettere a disposizione della Vynils fideiussioni bancarie per 20 milioni. Cappellacci si è impegnato ad intervenire anche nei confronti di Eni, (che ha invece annunciato di non volere fare più sconti a nessuno) per quanto riguarda le forniture di energia, ed a prevedere, in Finanziaria, interventi di sostegno agli operai che nei prossimi giorni si troveranno in Cassa integrazione. Diverso il giudizio politico sulla vicenda. Per l’ex presidente della Regione Renato Soru "in Sardegna sono state cancellate tante cose, senza aver visto una Regione forte e autorevole in grado di opporsi". Per questo, osserva l’ex governatore, "ora non è facile credere alle promesse del Governo". La replica della Presidenza della Giunta non si è fatta attendere, rivendicando il successo derivante dalla "grande prova di unità data a Roma dai sardi, che al di là degli schieramenti, si stanno adoperando per evitare la chiusura degli stabilimenti Alcoa". Ciò che emerge, ancora una volta, è la fragilità del tessuto industriale isolano. Le tante crisi stanno, una dietro l’altra, cancellando migliaia e migliaia di posti di lavoro, gettando ombre nerissime sul futuro dell’intero sistema economico isolano. Sembra mancare (non da ora, per la verità), una visione complessiva della questione. Si ondeggia tra l’esigenza di salvare il salvabile, sotto la pressione sociale della disperazione delle maestranze coinvolte nelle diverse crisi in atto (e pronte a gesti di protesta sempre più eclatanti), e la consapevolezza che si è di fronte a qualcosa di più di crisi passeggere. Sarebbe occorso ridiscutere tempestivamente, dalle fondamenta, quali prospettive potesse avere la presenza dell’industria in Sardegna, programmando per tempo una riconversione che mettesse al riparo i nostri stabilimenti dai marosi della competizione selvaggia dei mercati internazionali. Tutto questo non è stato fatto, e ci si trova invece ancora di fronte a questioni quali quelle del costo dell’energia, e del "gap" che la Sardegna paga nei confronti dei suoi competitori. Auspichiamo che, in questo critico frangente, ci sia lo spazio anche su una riflessione seria sull’argomento. In caso contrario, non passerà molto tempo che ci troveremo testimoni di nuove crisi, nuove disperazioni, nuove (e sempre più esasperate) tensioni sociali.

Roberto Scema

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Un commento

  1. Ignazio Basile (Cagliari)

    Vi scrivo nella mia qualità di docente coordinatore e regista di un gruppo teatrale all’interno dell’ITCG “E. Mattei” di Decimomannu per dirvi che la RAS ci ha finanziato un viaggio in Europa per portare il nostro nuovo lavoro teatrale, la commedia musicale “S’Urtima Jana”. L’anno scorso siamo stati a Madrid e quest’anno vorremmo andare in Francia (possibilmente nella zona di Marsiglia; ma andrebbe bene anche Parigi o Grenoble o alta località importante dal punto di vista culturale). Preciso che la mia scuola copre tutti i costi di viaggio e di soggiorno del gruppo teatrale e dei docenti accompagnatori. Ci serve l’appoggio logistico per la rappresentazione che vorremmo fare in collaborazione con un Circolo dei Sardi che abbia la disponibilità di un teatro o di una sala teatrale adatta ad una rappresentazione teatrale. Il lavoro è in lingua sarda ma abbiamo curato anche la traduzione in lingua italiane ed in lingua francese. A richiesta posso inviare la trama, il copione e tutti i raggualgi necessari. In attesa di riscontro porgo cordialissimi saluti.

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