Mostra dal 28.9 al 7.10 nel Palazzo della Regione Trentino sui diritti umani in Argentina

di Josefina Pace

 

 

"DIRITTI UMANI IN ARGENTINA: LE NONNE DI PIAZZA DI MAGGIO E I BAMBINI DESAPARECIDOS"

 

TRENTO

PALAZZO DELLA REGIONE AUTONOMA

TRENTINO ─ ALTO ADIGE/SÜDTIROL

28 SETTEMBRE ─ 7 OTTOBRE

 

 

 

 

 

 

 

                                                               "Los viejos amores que no están,

                                                                        la ilusión de los que perdieron,

                                                                         todas las promesas que se van,

                                                                            Y los que en cualquier guerra

                                                                                                        se cayeron.  

                                                                   Todo está guardado en la memoria

                                                                      sueño de la vida y de la historia"

                                                                                     (León Gieco)                             

                                                                                                     

                                   &n
bsp;                                                                                   
                                                                                      

  "Todo está guardado en la memoria, sueño de la vida y de la  historia" (tutto è racchiuso nella memoria, sogno della vita e della storia); come un’autentica colonna sonora, non ci potevano essere versi migliori che quelli del cantautore argentino León Gieco per rappresentare lo straordinario evento del 24 marzo 2004. In quel giorno è stato compiuto un passo fondamentale per il recupero della memoria nella Repubblica Argentina. Con l’inaugurazione del Museo della Memoria nella vecchia sede dell’Esma (Escuela de Mecánica de la Armada), il campo di concentramento più grande di tutta l’America Latina, si è compiuto un passo straordinario a favore dell’affermazione della giustizia e al tempo stesso sorprendente, se pensiamo alle misure politiche dei governi democratici che promulgarono leggi di indulti in nome della riconciliazione nazionale. 

 

Quel giorno, in cui si commemoravano i ventotto anni  del golpe militare, si respirò finalmente, aria di giustizia. Soprattutto per coloro che subirono torture, l’esilio o morti orrende, durante la peggiore e terribile dittatura che governò l’Argentina nel ventesimo secolo. I militari si erano abituati a detenere il potere talmente tanto, che conoscevano meglio la Casa Rosada (sede del governo), che le proprie caserme! E le conseguenze a livello politico, economico e sociale, sembrano essere eterne. Essi lasciarono un paese in ginocchio, caratterizzato da un debito estero dalle dimensioni astronomiche e con una profonda ferita aperta nella dimensione morale. Ferita rappresentata dai trentamila desaparecidos, dalle migliaia di esiliati e dal furto di bambini e neonati, strappati alle proprie mamme e famiglie. Parafrasando il testo della scrittrice e giornalista argentina María Seoane ─ Argentina paesi dei paradossi ─ possiamo tranquillamente affermare che sotto ogni punto di vista è uno dei paesi più contraddittori al mondo. Infatti ad un paese potenzialmente ricco, considerato una volta "il granaio del mondo", si contrappone la triste realtà di larghe masse di popolazione povere che sono aumentate vertiginosamente dopo la crisi dell’anno 2001. Le immagini dei "Cacerolazos" (marcia delle casseruole) fecero il giro del mondo, impressionando sia i paesi più sviluppati che quelli sottosviluppati. Molti parlarono di un crack economico-finanziario, ma pochi capirono e tuttora capiscono che non fu altro che il risultato finale di decenni di crisi e disastri che periodicamente si sono ripetuti nella storia argentina sin dal 6 settembre del 1930. In quel giorno ci fu il primo colpo di Stato, che depose l’anziano presidente, Hipólito Irigoyen. L’Argentina dell’inizio del secolo scorso era un paese prospero e in via di sviluppo che rappresentava la speranza di immigrati di tutto il mondo. Più di cento nazionalità si contavano fra queste genti a cui si aprivano nuove e interessanti prospettive. Buenos Aires era considerata la "Parigi del Sud" e per lo straordinario sviluppo e crescita di quei tempi lo era per davvero. Da quel momento l’Argentina divenne il paese più "europeo" dell’America Latina e come è facile supporre e  constatare, dall’Europa ha ereditato pregi e difetti, moltiplicandoli a dismisura. Il commercio con l’Europa e soprattutto con la Gran Bretagna  garantiva capitali e investimenti in infrastrutture. Il paese esportava principalmente materie prime e semilavorati. Per non parlare della carne, tuttora la punta di diamante delle esportazioni argentine. Ciò consentì un rapido sviluppo delle principali città. Basti pensare che Buenos Aires nel 1913 contava la prima linea metropolitana dell’America Latina e molto prima di tanti paesi europei. A Milano verrà costruita soltanto nei primi anni Sessanta. L’aristocrazia latifondista, la Chiesa tradizionalista e l’Esercito sanguinario, furono la "triade" che congiurarono e deposero tante volte i presidenti eletti democraticamente. L’obiettivo era quello di conservare il potere acquisito sin dall’Indipendenza avvenuta nel 1816, che favoriva i diritti di pochi a scapito degli obblighi della maggioranza. Nel Novecento con l’arrivo di tanti immigrati (in maggioranza italiani e spagnoli) e la formazione di una forte classe media gli equilibri mutarono e ogni qualvolta  si minavano i poteri della triade, la reazione non si faceva attendere. E venne perpetuata in modo brutale, antidemocratico e in definitiva disastroso per tutti. A tutto ciò dobbiamo aggiungere dagli anni Sessanta, le sfortunate congiunture internazionali dettate dallo scontro Est-Ovest e l’influenza del capitale finanziario internazionale, rappresentato principalmente dalle imprese multinazionali. A partire dal 1976, il processo di deindustrializzazione e di indebitamento estero, sommato all’eccidio, all’esilio e all’imprigionamento di migliaia di argentini, al sacrificio di un’altra generazione nell’avventura militare della guerra per le isole Malvinas (Falkland) nel 1982, alla repressione selvaggia contro la cultura e la formazione, e alla fuga di cervelli, costruirono la base della tragedia che approdò, nel giro di tre decenni, alla decadenza che oggi il mondo guarda con preoccupazione. Si potrebbe dire che l’Argentina per le caratteristiche citate in precedenza rappresenta una specie di laboratorio del mondo occidentale, dove è possibile sperimentare in modo integrale qualsiasi tipo di ricetta da implementare eventualmente nel Primo Mondo.

Negli anni Novanta con l’arrivo di Carlos Menem al potere si compì la liquidazione finale per completare l’opera iniziata dalla dittatura. Sotto l’ombrello ideologico del pragmatismo, del neoliberalismo e delle riforme di mercato, il governo corrotto di Menem, svendette il patrimonio nazionale a prezzo irrisorio e in tempo record, portando all’anomia una società che era candidata al boom dei consumi  e a un presunto ingresso nel Primo Mondo. L’Argentina arrivò persino ad alienare  il petrolio e tutte le imprese dell’energia, delle telecomunicazioni e dei servizi. L’ultimo decennio del secolo scorso comportò alla fine, un allargamento mai conosciuto prima del divario fra poveri e ricchi, che raggiunse il livello di quasi 1 a 40, e l’accu
mulo del maggior debito estero della storia.

Tutto ciò non poteva che portare all’esplosione del modello economico imposto col fuoco e  col sangue dalla dittatura del 1976, e proseguito dai governi democratici che succedettero a essa, nel dicembre del 2001. I notiziari di tutto il pianeta mostrarono dai teleschermi la ribellione soprattutto del ceto medio urbano e la repressione che questa volta costò trenta morti e quattrocento feriti. In effetti con il corralito, confisca dei depositi bancari dei piccoli risparmiatori a favore delle banche private, in maggioranza straniere, dettate dal ministro dell’economia Domingo Cavallo, oltre 45 mila milioni di dollari venivano sottratti agli argentini; i Cacerolazos e le marce dei Piqueteros, furono la rabbia espressa dalla maggioranza di un  popolo ancora una volta truffato.

Tra il 2001 e il 2002 l’Argentina ebbe cinque presidenti in una settimana: Fernando de la Rúa, Ramón Puerta, Adolfo Rodríguez Saá, Eduardo Camaño ed Eduardo Duhalde. E come conseguenza finale dichiarò il fallimento più clamoroso della storia del capitalismo moderno. La svalutazione selvaggia del peso del 300 per cento significò il passaggio dalla povertà all’indigenza di quasi otto milioni di persone. E come storicamente successe altre volte, a trarre vantaggi dalla svalutazione furono i grandi esportatori legati alle attività dei campi. Gli stessi che appoggiarono sempre i golpe militari.

    Sono passati ormai più di trent’anni da quel 24 marzo del 1976 in cui ci fu Colpo di Stato in Argentina, da parte dei militari che s’impadronirono del potere e dettero vita alla più crudele e terribile dittatura a cui dettero il nome di "Processo di Riorganizzazione Nazionale".

Terrorismo di Stato, sequestri di persone, torture di ogni genere e la sparizione forzata di esseri umani, furono i tratti più salienti della ferocia dei golpisti. Presto la tragedia dei desaparecidos fece il giro del mondo e le persone scomparse nel 1983 alla fine della dittatura, erano più di trentamila! Soprattutto giovani e operai, considerati pericolosi e sovversivi per le loro idee progressiste e il loro impegno sociale e politico per un futuro migliore. Ciò provocò la reazione dei ceti conservatori (proprietari terrieri, alta borghesia, clero, forze armate) e la loro  risposta si tradusse nella più grande tragedia socio-politica e umana dell’intera storia della Repubblica Argentina. Un’intera generazione è stata spazzata via per aver semplicemente commesso il peggiore dei peccati dei tempi moderni: pensare ed agire per il bene di tutti!

Per descrivere le crudeltà commesse dai militari ci vorrebbe l’inferno Dantesco! Ma forse neanche il Sommo Poeta poteva immaginare tanta disumanità verso i propri simili: scariche elettriche ad alto voltaggio prodotte con la famigerata picana eléctrica, specialmente nelle parti più delicate del corpo (genitali, capezzoli, orecchie, testicoli), ustioni prodotte da accendini o piccoli lanciafiamme, rotture di ossa del corpo, ferimento con spilli, pestaggio a sangue delle vittime. E poi ancora l’immersione del viso in escrementi fino al soffocamento, corpi appesi a testa in giù a tempo indefinito, torture inflitte alla vista dei parenti, quindi stupri e pestaggi! Infine veniva applicata la tortura psicologica, ovvero il far stare le vittime bendate per parecchi mesi senza far sapere nulla della loro sorte. La maggioranza morì tragicamente attraverso la procedura dei voli della morte, che fecero non meno di tremila vittime (i desaparecidos venivano narcotizzati e gettati vivi nelle acque dell’Oceano Atlantico).

Ma il delitto peggiore è stato senza alcun dubbio la sottrazione e appropriazione forzata di minori. E ciò rende assolutamente singolare il caso del genocidio argentino perché a differenza  di altri casi della storia contemporanea (ebrei, armeni), non si propose di eliminare un’etnia, ma di sopprimere la vita dei genitori, conservando quella dei figli per poterli "modificare e riprogrammare" secondo la loro mentalità e visione del mondo. Si cancella quindi, l’identità naturale dell’individuo per sostituirla con un’altra artificiale, forzata e gradita al potere. La menzogna trionfa sulla verità e con un tratto di penna vengono cancellate la memoria e le radici del soggetto. Inoltre è un processo fondamentale per il trionfo dei reazionari. In questo modo si assicurano di evitare vendette future e al tempo stesso  purificando la propria anima, scambiando l’uccisione dei genitori con l’amore morboso riservato ai bambini. In questo senso gli attori in causa sono diversi: i carnefici, gli appropiatori , i medici crudeli diretti discendenti di Joseph Mengele, i sacerdoti e le alte gerarchie della Chiesa argentina che benedirono questi atti, apportando addirittura conforto spirituale a chi commetteva questi crimini ("bisognava separare l’erba cattiva da quella buona e i militari erano la spada del Signore!").

Mentre i sequestri, le sparizioni, i parti in cattività e le sottrazioni dei minori si susseguivano (si calcola che fra nascituri e bambini piccoli siano cinquecento gli scomparsi) con la complicità passiva della maggioranza della popolazione impaurita, soltanto un gruppo di donne disperate osarono sfidare il potere assoluto dei signori della vita e della morte: nascevano cosi, il 30 aprile del 1977, le Madri di Plaza de Mayo. Il coraggio di una decina di donne si trasformò nella lotta di centinaia nella ricerca quotidiana e instancabile dei loro cari. E non ebbero paura neanche quando i militari rapirono e fecero sparire tre di loro tra cui la fondatrice Azucena Villaflor.

Alcune di loro avevano o immaginavano di avere dei nipotini, e temendo o  venendo a conoscenza della fine terribile dei loro figli, iniziarono a cercare per mare e monti il sangue del loro sangue: nascevano cosi, il 30 novembre del 1977, le Abuelas de Plaza de Mayo o semplicemente Abuelas (Nonne).

Per lunghi anni e a rischio della propria vita, ma con una costanza e una determinazione ineguagliabile, si batterono e continuano a battersi per conoscere il destino dei loro nipoti rubati e consegnati a  falsi genitori.

Grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, agli indizi ritrovati e alle
confessioni di alcuni collaboratori, sin dal 1983 con la fine della dittatura ci furono i primi ricongiungimenti con le famiglie di origine. A tale proposito un’opera molto importante è stata svolta dalla CONADEP, cioè la Commissione Nazionale sui Desaparecidos che ha raccolto ed elencato il maggior numero di informazioni possibili sui sette folli anni della dittatura militare (tale Commissione presieduta dallo scrittore Ernesto Sábato che nel testo finale Nunca Más/Mai Più, elencò i nomi delle vittime, i metodi di eliminazione nei centri clandestini, la nascita e appropriazione dei neonati, facendo luce su sette anni di dittatura, durante i quali le tenebre della menzogna e del mistero avevano occultato ogni traccia).

  Al principio erano in dodici, come gli apostoli, avrebbe detto chi gli vuol bene. Ai tavoli dei caffè di Buenos Aires, da Richmond, da Tortoni, nella stazione di Retiro, vestendo il meglio del guardaroba, nascondevano il fine della riunione conversando con voce discreta, come signore della media borghesia porteña – (dalla parola "porto", puerto, è l’abitante di Buenos Aires, n.d.r.) – Specialmente al telefono, rispettando un codice fatto di sinonimi delicati: i nipotini diventavano "gli animaletti", le figlie "le ragazzine", loro, le nonne, "le vecchiette"».

Questa è la genesi del movimento che dagli anni ottanta in poi conterà un numero sempre crescente di adesioni: il movimento delle "Nonne", "le Abuelas di Plaza de Mayo".

  Come ricorda una delle dodici, Raquel Radio de Marizcurrena, "Il primo giovedì che andammo anche noi a Plaza de Mayo marciavamo dietro uno striscione che recava la foto delle giovani sequestrate mentre erano incinte e, scritta con i caratteri più evidenti, la nostra denominazione originaria: Abuelas argentinas con nietos desaparecidos, nonne argentine di nipoti scomparsi".

Dalla nascita spontanea del movimento delle Abuelas che tuttora si ritrova ogni giovedì nello stesso luogo, ovvero la Plaza de Mayo (di fronte alla Casa Rosada, ossia il palazzo del governo) numerosissimi sono stati i problemi che si sono presentati nella ricerca continua e incessante dei desaparecidos.

È possibile distinguere due classi diverse di desaparecidos: quelle propriamente dette dei figli torturati e scomparsi e quella dei nipoti cresciuti in gran segreto da famiglie sconosciute.

E così come cresceva gradualmente la consapevolezza che l’impossibilità di rivedere i propri figli, torturati e uccisi dai dittatori nelle prigioni argentine, fosse un sogno sempre più lontano cresceva pari passo nelle Nonne la speranza di rivedere i loro nipoti, anch’essi scomparsi e cresciuti da famiglie inventate, le quali spesso nascondevano la verità agli occhi dei loro figli rapiti in nome di un legame fittizio.

Diverse difficoltà si riscontravano anche nel riconoscimento effettivo dei "nuovi hijos".

Spesso, infatti, gli stessi nipoti si rifiutavano di accettare l’idea di essere stati cresciuti dagli assassini dei loro reali genitori e non volevano tornare alle famiglie d’origine, famiglie che non avevano mai conosciuto e che facevano parte di una vita mai vissuta.

Tuttavia il problema maggiore che si presentava era di natura puramente genetica.

Prima di vent’anni fa, infatti, non era possibile verificare un’effettiva parentela se non sulla base di supposizioni, ma dall’inizio degli anni ottanta i progressi realizzati nello studio del DNA permettono di accertare con relativa sicurezza i legami genetici tra genitori e figli.

La storia di queste conquiste mediche fa ancora una volta capo al movimento delle Abuelas che sin dal 1982 cominciarono a fare pressioni in questo senso e dopo un passaparola infinito la voce giunse alla dottoressa Mary-Claire King che si incontrò con Estela Carlotto (presidente dell’associazione delle Abuelas de Plaza de Mayo) a Berkeley (USA).

La dottoressa aveva intuito, assieme ad altri scienziati, la possibilità di effettuare un particolare test genetico il cui nome è entrato nel comune linguaggio scientifico spagnolo come "indice di abuelismo" (nonnità) e che stabilisce la discendenza materna di una persona.

«La genetica umana», osserva il professor Victor B. Penchaszadeh (docente dell’Albert Einstein College of Medicine che nel 1975 era dovuto fuggire da Buenos Aires per scampare a uno squadrone della morte) «ha saputo rispondere alla richiesta di una realtà sociale drammatica. Le analisi realizzate col massimo rigore possono servire a compensare le ingiustizie commesse durante la dittatura militare. Accertare l’origine dei bambini che furono rubati, porli in una relazione positiva con le famiglie biologiche, vuol dire restituire i diritti fondamentali della loro identità, della loro storia».

Da allora molti ospedali argentini si sono attrezzati per effettuare questi tipi di esami ed è nato una Banca nazionale di dati genetici a cui possono ricorrere i tribunali in caso di conflitti relativi a problemi di filiazione.

«È impossibile» sostiene Estela Carlotto «prevedere quando l’ultimo dei nostri nipoti conoscerla sua autentica identità. Quel giorno ci sarà più nessuna di noi. Ma lui, che magari avrà ormai cinquant’anni, potrà scoprire dal sangue suo e da quello della nonna chi fu la sua vera mamma». Nel 1992 per portare avanti questo progetto venne creata la CONADI (Commissione  Nazionale per il Diritto all’Identità). I suoi obiettivi sono la ricerca e localizzazione dei bambin
i scomparsi durante l’ultima dittatura militare in Argentina e contemporaneamente vigilare il rispetto degli articoli 7,8 e 11 della Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia. E’ presente in trenta città argentine e sono state create diverse sedi in Spagna e dalla scorsa primavera anche in Italia. Con la recente immigrazione argentina è possibile che figli di desaparecidos ormai trentenni si trovino in Europa senza ancora conoscere la loro vera identità. Numerose associazioni affiancano le ambasciate e i consolati formando una vera e propria rete per l’identità.  La CONADI è presieduta da  Claudia Carlotto (figlia di Estela e sorella della desaparecida e barbaramente uccisa, Laura Carlotto).  Chiunque dubiti della propria identità può chiamare allo 011.4864.3475, cioè al numero delle Abuelas che immediatamente metteranno in modo informale il soggetto nelle condizioni di verificare se sono fondati i propri dubbi. Finora sono stati ritrovati 95 individui tra bambini nei primi casi e anche adulti negli ultimi che risalgono a pochi mesi fa.

     Successivamente ci furono serie difficoltà in seguito alle Leggi di Punto Finale e Obbedienza Dovuta del 1986-87 promulgati dal Presidente Raúl Alfonsín  e agli indulti dei primi anni Novanta decisi dal Presidente Carlos Menem in seguito alle rivolte di alcuni settori militari, che minacciavano un nuovo golpe. Con queste misure si garantì l’impunità ai repressori e di conseguenza veniva insabbiata ogni ricerca da parte di una giustizia spesso complice del potere o comunque spogliata di ogni strumento per perseguire tali reati.

Il 20 dicembre 1996 l’azione legale ripartì con l’unico reato non contemplato dai vari indulti: la sottrazione, appropriazione e adozione illegale di minori! In questo modo furono arrestati e incriminati nuovamente decine di militari. Dalle cupole militari come i dittatori Videla, Massera e Galtieri ai vari quadri e forze paramilitari collaborazioniste con la messa in opera di questo scempio.  Ma dal 2004 e con la presidenza di Néstor Kirchner (proseguito dal 2007 dalla Presidente Cristina Fernández de Kirchner)  l’Argentina ha preso un nuovo corso a favore dei diritti umani. Sono state annullate tutte le leggi che garantivano l’impunità ai repressori, alcuni sono stati condannati e quasi duecento di loro sono in attesa di giudizio e comunque in stato d’arresto. L’Esma è stata trasformata nel Museo della Memoria e gestito dalle stesse Madri e Nonne perché nessuno dimentichi mai questa pagina orrenda della storia argentina che nei primi vent’anni di democrazia si è cercata di dimenticare per sempre. Ma la crisi socio-economica del 2001 culminata con il default e le proteste di piazza (cacerolazos) trasmesse da tutte le televisioni del mondo, dimostrarono ancora una volta che le conseguenze ad ogni livello e le ferite inflitte dalla dittatura, sono più aperte che mai e che la strada della giustizia è ancora tutta da percorrere.

    In questo senso vanno ricordate due sentenze storiche di fondamentale importanza nella costruzione e conservazione della memoria. La prima del 9 dicembre 1985 in cui la Corte presieduta dal giudice argentino León  Arslanián condannò le giunte militari per il piano criminale realizzato e rifiutando come incostituzionale la stessa legge di amnistia decretata dai repressori in vista di futuri giudizi. E’ stato il primo grande processo contro dei comandanti militari per omicidi di massa successivo al processo di Norimberga. Nel secondo caso ci riferiamo alla sentenza del 6 dicembre 2000 pronunciata dalla Seconda Corte d’Assise di Roma in cui si condannarono diversi imputati all’ergastolo tra cui i generali  Santiago Riveros e  Carlos Guillermo Suárez Mason  sia per i crimini commessi, che per l’appropriazione e adozione illegale di minori come nel caso del nipotino della stessa presidente delle Abuelas, Estela de Carlotto, non ancora ritrovato. In questo modo l’intera comunità internazionale è rimasta coinvolta in questa vicenda umana che non è solo argentina perché coinvolge diverse nazionalità e analoghi processi si sono tenuti in Francia, Spagna e Svezia. E la stessa Corte Penale Internazionale è oggi diretta dal Procuratore Generale Luis Moreno Ocampo, argentino e pubblico ministero nel primo processo  alle giunte del 1985.

Il lavoro arduo e costante delle Madri e Nonne, la testimonianza dei sopravvissuti, la divulgazione della verità da parte degli esiliati e l’interesse internazionale mantengono più che mai viva questa "memoria ostinata", parafrasando il testo di Benedetta Calandra. Una memoria ostinata che continua a superare dure prove contro i tentativi ripetuti di essere cancellata dall’oblio.

Se negli anni Ottanta furono la situazione economica e le pressioni dei militari ad archiviare i ricordi, nel decennio successivo, il pragmatismo neoliberale e le politiche economiche del duo Menem ─ Cavallo, causarono un disinteresse generale verso i diritti umani. Fortunatamente sempre rimane "un guardiano della memoria"; e questo compito è stato svolto in maniera impeccabile dal Cinema, coadiuvato dal Teatro, la Letteratura e la Musica.

La ricostruzione della memoria ha attraversato un cammino lungo e tortuoso che ancora percorre contro la volontà del Processo di Riorganizzazione Nazionale di cancellare persino il minimo ricordo del passato. Inoltre la società spesso preferisce sanare le proprie ferite narcisiste attraverso l’oblio o l’amnesia collettiva: "meglio non ricordare ciò che è successo". Cosicché la formazione di un’identità che riconosca le dimensioni totalitarie e oppressive del Processo, diventa un lavoro doloroso, ma necessario, poiché come afferma Eduardo Galeano "non c’è bisogno di essere Freud per sapere che non esiste tappeto che possa nascondere i rifiuti della memoria!". E la memoria è il miglior antidoto contro qualsiasi forma di ubbidienza dovuta. Forse i risultati non si raggiungono immediatamente e richiedono molti anni di lotta, ma come dimostrano la creazione del Museo della Memoria, l’incarcerazione di centinaia di repressori e i primi pentimenti di alcuni, prima o poi la giustizia trionfa e la luce della verità si fa strada tra le tenebre della menzogna. Il lavoro inesauribile delle Madri e Nonne della Plaza de Mayo, degli H.I.J.O.S. (Figli per l’Identità e la Giustizia, contro l’Oblio e il Silenzio) e di tutte le organizzazioni a favore dei diritti umani,  ha preservato la memoria nei terribili anni della d
ittatura e nella nefasta decade "menemista", in cui il pragmatismo neoliberale non dava spazio ad un passato che molti preferivano dimenticare per non confrontarsi con una realtà che paradossalmente è conseguenza del passato stesso.

In questo senso non possiamo dimenticare il contributo sistematico fornito al dibattito latinoamericano dalla studiosa della sociologia della memoria, Elizabeth Jelin. In una prima fase, attraverso una riflessione sul ruolo svolto dai movimenti dei familiari degli scomparsi, in chiave di denuncia e provocazione civile durante la dittatura, e di attivi "custodi della memoria", dopo la transizione democratica. Successivamente si è fatta carico di una vasta opera di raccolta e sistematizzazione di studi, raccolti nella collana Memorias de la Represión, all’interno della quale si ricordano ad esempio analisi sulla costruzione dei "luoghi della memoria", centrati sul nesso tra utilizzazione dello spazio pubblico e costruzione di identità collettiva.

Mario Benedetti ha scritto il poema titolato, "Un giorno tutti gli elefanti si riuniranno per dimenticare. Tutti tranne uno". Nel nostro caso il primo è stato il capitano Adolfo Francisco Scilingo, che nel 1995, assalito dai rimorsi, confessò di essere stato protagonista dei famigerati voli della morte, causando un grande scandalo nell’Argentina di quel tempo (nel 2005 è stato condannato a 640 anni di carcere da un tribunale di Madrid). Dieci anni dopo è stato il turno del tenente-colonnello Bruno La borda. Si dimostra così che sempre ci sarà un elefante che non sopporterà la pressione della propria coscienza e racconterà la verità.  

E dice ancora Benedetti: "la paura e l’oblio sono antidemocratici! Perché l’oblio nasconde la memoria, che spinge per mostrare al mondo quanto il primo sia inutile, ipocrita e perverso. La memoria è così importante, che anche se rimane un solo elefante che ricordi, può persino cambiare la storia di un’intera nazione!".

La conferma è data dalle prime condanne nei confronti di sinistri personaggi come i repressori Miguel Etchecolatz, Julio "el turco" Simon e del primo prete collaborazionista e torturatore, Christian Von Wernich. Purtroppo il "partito golpista" è ancora vivo e vegeto, in grado di tramare e produrre atti come la sparizione del principale testimone del "caso Etchecolatz", Jorge Julio López. Quest’ultimo dopo essere stato desaparecido, dal 1976 al 1979, è misteriosamente scomparso dal settembre 2006, dopo la condanna dei suoi repressori. Molte sono le ipotesi al riguardo, dallo shock traumatico dovuto all’emozione del processo, all’assassinio causato da gruppi di estrema destra. La questione è molto controversa e in molti casi le ricerche sono state insabbiate con la complicità degli apparati statali. E ancora più incredibile è la  morte per avvelenamento, del repressore, Héctor Febres, che pochi giorni prima di essere giudicato e presumibilmente condannato, avrebbe minacciato di "fare nomi" per incolpare i suoi seguaci. E’veramente difficile, immaginare che un detenuto, da solo, riesca a procurarsi e consumare una dose di cianuro così potente da uccidere un cavallo!

Come si affermava  precedentemente l’Argentina è un paese di paradossi: possiede ricchezze naturali di ogni genere, risorse umane,  paesaggi e bellezze naturali di tutti i tipi, un’estensione geografica che permette di avere i quattro climi contemporaneamente! A ciò si aggiunge il fatto che produce cibo per sfamare una popolazione dodici volte più grande della propria, ossia quasi la metà della popolazione della Cina e quasi l’intera popolazione dell’Europa, a parte la Russia; perciò il mondo fatica a capire come sia potuto precipitare in una simile crisi, che comprende tutti gli ambiti della nazione. Lo stesso paese  noto per talenti come Jorge Luis Borges, Astor Piazzolla, Diego Armando Maradona o due grandi miti politici di fama mondiale, come Eva Perón ed Ernesto "Che" Guevara.

Perciò l’obiettivo di questo incontro rivolge una particolare attenzione al lento e tortuoso percorso della memoria. Non solo la memoria degli archivi di Stato che spesso racchiudono solo cifre o vengono manomessi o cancellati da chi detiene il potere. Ma la memoria delle testimonianze; la memoria dei vinti; la memoria dei sopravvissuti; la memoria dei pentiti; la memoria filmata da tramandare ai posteri; la memoria delle Madri e Nonne di Plaza de Mayo che svelarono al mondo la tragedia argentina quando tutti zittivano, e sfidando l’oblio nei tempi dell’amnesia obbligatoria; la memoria che non si arrende; la memoria che sfida il tempo e le mode; poiché come dice Jorge Luis Borges, "il passato ritorna sempre e con esso il progetto di abolire il passato!" In un percorso che mette in evidenza le relazioni tra storia e memoria, come nel caso della Shoah, della Guerra Civile Spagnola o del massacro degli Armeni, la peculiarità del caso argentino, ci permette di recuperare l’identità e le testimonianze della generazione mancante, attraverso la voce dei sopravvissuti.

Sarebbe impossibile ricordare e dedicare il giusto spazio a tutti, ma va dedicata una citazione speciale al ex Console italiano a Buenos Aires, Enrico Calamai. Come ricorda nelle proprie memorie ─ Niente Asilo Politico ─ nonostante la giovane età e contro il parere di tutti, riuscì a salvare almeno trecento perseguitati politici, rischiando in prima persona. Richiamato in Italia nel 1977 e per vent’anni dimenticato da tutti, è stato testimone nel processo contro i repressori argentini a Roma, e solo allora è stato riconosciuto come un autentico eroe solitario. E ci fa venire in mente la storia di Giorgio Perlasca, che conobbe la stessa sorte dopo aver salvato migliaia di ebrei ungheresi. Per fortuna la gratitudine dei sopravvissuti ha fatto conoscere al mondo queste storie e sono il miglior esempio per le nuove generazioni.

Memorie e testimonianze hanno giocato un ruolo importante per ricostruire gli eventi e i processi in questione, nonché i percorsi biografici individuali e collettivi dei protagonisti dei movimenti armati dei primi anni Settanta. Allo stesso modo, queste fonti si rivelano utili anche per comprendere le molteplici sfumature del processo dell’esilio, inteso non solo come dimensione esistenziale e privata, ma anche come tassello mancante di un dibattito complessivo sul percorso nazionale argentino, che vede in questo stesso periodo la radicalizzazione di movimenti politici e viene pertanto naturalmente associato all’ori
gine dell’orrore.

Le storie dei sopravvissuti meriterebbero di essere ricordate tutte, per il tormento e la dignità nel superare il trauma e raccontarlo ripetutamente nelle aule dei tribunali, nelle scuole e in ogni tipo di rassegna culturale.

Le vittime italiane del Terrorismo di Stato in Argentina sono state più di mille perciò il dramma argentino è anche un dramma italiano! E’ dunque di fondamentale importanza che le azioni legali in Italia nei confronti dei responsabili abbiano seguito sia per rendere giustizia ai desaparecidos e ai pochi sopravvissuti,  che per incentivare e sollecitare la stessa giustizia argentina a una maggiore celerità nel concludere le centinaia di processi in attesa di giudizio.

Nel marzo 2007 la Seconda Corte d’Assise di Roma ha condannato all’ergastolo i cinque ex ufficiali della Marina argentina, Acosta, Astiz, Febres, Vildoza e Vañek per l’assassinio e la sparizione di tre cittadini italiani: Angela Maria Aieta, Giovanni Pegoraro e sua figlia Susanna che all’interno dell’Esma  nel novembre del 1977 aveva dato alla luce Evelyn, poi ritrovata dalle Abuelas nel 1999. A partire dal prossimo 30 settembre 2009 per lo stesso delitto avrà inizio il "processo Massera". Infatti la perizia psichiatrica del 3 dicembre 2008 realizzata dal Prof. Piero Rocchini conferma che il repressore Eduardo Emilio Massera è "pienamente in grado di stare in giudizio".

Il 24 marzo del 2007 l’ex Presidente Néstor Kirchner ha stabilito in tale data (anniversario del Colpo di Stato del 1976) El Día de la Memoria (Giorno della Memoria) affinché nessuna possa dimenticare perché perdere la memoria è come dimenticare la propria identità!  

I desaparecidos non tornano, ma il loro spirito è più vivo che mai. Ed è presente nel ricordo delle Madres-Abuelas, nel ricordo degli H.I.J.O.S. e nel ricordo di milioni di persone che in tutto il mondo alla cultura della morte oppongono la cultura della vita e della speranza.

Tanto ha scritto Hannah Arendt sulla Banalità del Male, e sui meccanismi perversi che portano i popoli ha sottomettersi ai regimi, piuttosto che ribellarsi. E’doveroso quindi ricordare i meccanismi e descriverli dettagliatamente perché non si ripetano in futuro. Non si tratta di vendetta o di fomentare l’odio, ma semplicemente di preservare la memoria per le prossime generazioni, come ben enuncia José Hernández, nel poema Martín Fierro: " Es la memoria un gran don,

                      Calidad muy meritoria;

                      Y quello que en esta historia

                      Sospechen que le doy palo

                      Sepan que olvidar lo malo

                      También es tener memoria.

                      Más nadie se crea ofendido,

                      Pues a ninguno incomodo;

                      Y si canto de este modo

                      Por encontrarlo oportuno,

                      NO ES PARA MAL DE NINGUNO

                      SINO PARA BIEN DE TODOS".

 

 

 

Fonti Bibliografiche

 

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Calandra, Benedetta 2004, La Memoria Ostinata, Roma, Carocci.

Calveiro, Pilar 1998, Poder y Desaparición, Buenos Aires, Colihue.

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Furet, François 1995, Il Passato di un’Illusione, Milano, Mondadori.

Galeano, Eduardo 2005 (1989), Il Libro degli Abbracci, Milano, Sperling & Kupfer Editori.

Hernández, José 1989 (1879), Martín Fierro, Buenos Aires, Sainte Claire Editora.

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Seoane, María 2004, Argentina Paese dei Paradossi, Roma, Editori Laterza.

Vázquez, Enrique, Elisale, Roberto, Alonso, María Ernestina 1998, Historia: La Argentina del Siglo XX, Buenos Aires, Aique.

Verbitsky, Horacio 1995, El vuelo, Buenos Aires, Editorial Planeta.

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Sitografia

 

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http://www.derechos.org/serpaj/querella.txt (Denuncia delle Abuelas contro il Generale Videla).

http://www.hijoslucha.netfirms.com/ (sito dell’Associazione H.I.J.O.S.).

http://www.madres.org/ (sito ufficiale dell’Asociación Madres de Plaza de Mayo).

http://www.madresfundadoras.org.ar (sito ufficiale delle Madres de Plaza de Mayo- Línea Fundadora)

http://www.amnesty.org.ar/ (sito di Amnistía Internacional Argentina).

http://www.cels.org.ar/home/index.php (Centro de Estudios Legales y Sociales, presieduto da Horacio Verbitzky).

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http://www.derechos.org/serpaj/ (sito della Fundación Servicio Paz y Justicia, presieduta da Adolfo Pérez Esquivel).

http://www.memoriaabierta.org.ar/ (sito condiviso dalla maggioranza delle Organizzazioni per la difesa dei diritti umani e per il mantenimento della memoria).

http://www.derechos.org/nizkor (sito del Equipo Nizkor, ONG e Centro di documentazione spagnolo.

http://www.desaparecidos.org/arg/tort (sito sui desaparecidos e militari responsabili).

http://www.24marzo.it/ (sito italiano riguardante informazioni e documenti sui diritti umani in Argentina).

http://www.hrw.org/spanish/ (sito di Human Rights).

http://www.corteidh.or.cr/ (sito della Corte Interamericana de Derechos Humanos).

http://www.nuncamas.it/index1.asp (sito italiano dedicato alla tragedia dei desaparecidos).

http://www.clarin.com.ar/ (il più famoso quotidiano argentino).

http://www.pagina12.com.ar/ (quotidiano molto critico fondato da Jorge Lanata e Osvaldo Soriano nel 1987 e nel quale troviamo spesso lo speciale contributo di Horacio Verbitsky).

http://www.lanacion.com.ar/ (storico quotidiano argentino).

http://www.comisionporlamemoria.org/ (sito della Comisión Provincial por la Memoria).

http://www.oas.org/main/spanish/ (sito dell’Organización de los Estados Americanos).

http://www.iidh.ed.cr/ (sito dell’Instituto Interamericano de Derechos Humanos).

http://www.un.org/spanish/ (sito delle Nazioni Unite).

http://www.gwu.edu/~nsarchiv/NSAEBB/NSAEBB185/index2.htm (sito del The National Security Archive degli Stati Uniti d’America).

 

 

  ● A tutti gli interessati per eventuali informazioni e approfondimenti indichiamo gli indirizzi di posta elettronica degli autori di questo lavoro :

Alejandro Librace: aleantlib@hotmail.com

        Josefina Pace: j.pace@virgilio.it

 

 

 

 

 

 

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