di Giovanni Fiabane
Giacomo Mameli nasce a Perdasdefogu, nel1941. Giornalista, scrittore nonché direttore del mensile "Sardinews". Laureato in Sociologia, alla Scuola superiore di giornalismo di Urbino ha discusso la tesi con Paolo Fabbri ("Quattro paesi, un’isola"). Insegna Teoria e tecnica della comunicazione nelle scuole superiori, docente a contratto con l’Università di Cagliari, facoltà di Scienze politiche (Master in Comunicazione nella pubblica amministrazione) e alla facoltà di Lingue (laboratorio di giornalismo). Ha lavorato presso la testata giornalistica l’Unione Sarda e, ad oggi, collabora con La Nuova Sardegna. Ha condotto per vent’anni programmi tv come "Facciamo i conti" e "Quelli che fanno" su Videolina, "Ma però" su Sardegna 1. Per la Rai conduce su Radio 1
il settimanale "In famiglia". Per due anni (1991-1992) è stato addetto stampa del ministro degli Esteri. Ha pubblicato per la Cuec "La squadra" (1999)," Sardegna anni 2000", "Sedici ore al giorno" (2003), "Non avevo un soldo" (2004), "Donne sarde" (2005). E "Con La ghianda è una ciliegia" (2006) ha esordito nella narrativa. In questo nuovo lavoro lo scrittore ci conduce attraverso la Sardegna meno nota, che procurerà al lettore molte sorprese e gli farà intuire stili di vita, memorie e aspettative dei suoi abitanti. Si concentra sopratutto sulle radici, senza peraltro esaurirsi in sterili celebrazioni. Un cofanetto contenente due distinti volumi, nei quali e raccontata una Sardegna che lavora, che si dà da fare, nei mestieri e nelle professioni, con i sardi che vivono tra il golfo degli Angeli e l’Asinara; quelli affermati nel mondo che nel mondo ci vivono bene e volentieri, con e senza rimpianti. C’è la Sardegna di Gonare amata dai botanici tedeschi, la Sardegna crocevia europeo di tecnologia mineraria nell’Ottocento, la Sardegna che si specializza nell’agroalimentare con le regole della shelf life. C’è la Sardegna di Oliena che, con "Bèrtulas", interpreta la Sardegna di ieri ma la sa proiettare nell’oggi con intelligenza. C’è Veronica Usùla di Villacidro che vuol vivere colorando le stoffe con i colori delle erbe raccolte nel suo paese d’ombre. E c’è anche la Sardegna che rischia di perdere i suoi paesi, che si spopola. Trovate gente del mondo, emigrati dai cinque Continenti e che in Sardegna hanno messo casa. E ci stanno bene. E ci sono i sardi che vivono nel mondo. E che nel mondo lavorano, studiano e hanno studiato con profitto. Trovate insieme attori- doppiatori e direttori di musei, sarti a Torino e infermiere professionali in California, ricercatori e ricercatrici. Tanti. Tante. Alcuni di loro hanno scritto sul tema "La Sardegna che vedo, la Sardegna che vorrei". Emerge una Sardegna che – ovviamente – tutti amano ma che tutti vorrebbero più aperta al mondo, più rispettosa delle diversità. Vorrebbero una Sardegna che rispetta la natura e le tradizioni. Una Sardegnaisola non più isolata.