Tottus in Pari, 222: angoscia e rabbia

Terminato il lavoro quotidiano, nel primissimo pomeriggio ti colleghi con l’edizione online dell’Unione Sarda per dare uno sguardo alla panoramica sulle notizie della Sardegna. Incappi immediatamente nell’evolversi drammatico dell’alluvione che colpisce il capoluogo e i centri limitrofi ed in particolare l’epicentro nella zona di Capoterra. Noi sardi non siamo in molti qui in Finlandia: quattro di essi, fratelli e sorelle, sono proprio di Capoterra, giovani arrivati tanti anni fa per la sistemazione lavorativa. Si telefona ad amici del posto per conoscere la situazione a Frutti D’Oro e la zona del Rio San Gerolamo, e le notizie sono poco tranquillizzanti. Per fortuna i cellulari trasmettono senza problemi. Quando accadono fatti del genere, per i sardi lontani in cerca di notizie la condizione non è sempre ottimale. Man mano che si ristabilisce lentamente il controllo della situazione, a mente serena si fanno delle considerazioni non proprio positive. Emergono, a quel che si legge e dalle dichiarazioni degli esperti, delle verità che appaiono crude e nel contempo poco rassicuranti, derivanti cioè non solo dalle avversità naturali che spesso non puoi prevenire, ma specialmente dall’incuria, dall’ignoranza e dalla dabbenaggine umana, che dovrebbe farci riflettere sullo stranissimo modo in cui ci mettiamo a contatto col territorio in cui agiamo e viviamo. Apprendiamo quindi che tale avversità meteorologica non poteva ragionevolmente essere prevista in anticipo, con le conoscenze attuali della scienza. Un qualcosa di imprevedibile, insomma, che noi non possiamo evitare. Notizia questa che evidenzia i limiti paurosi in cui ci dibattiamo, nonostante ci si illuda del raggiungimento delle più elevate conquiste tecnologiche. Ben più preoccupante, doloroso e non accettabile è invece il venire a sapere che in quelle zone "molte case si sono costruite dove non si sarebbe dovuto edificare". Ed ancora: non poche di quelle abitazioni erano abusive. Per concludere: si sapeva da moltissimo tempo che la zona del Rio San Gerolamo era ad alto rischio abitativo. Più in generale: nel comprensorio di Capoterra non pochi terreni si trovano sotto il livello del mare, con tutte le conseguenze che è fin troppo facile possano derivare. Giunti a questo punto, ci si potrebbe chiedere: pagherà qualcuno per queste disfunzioni? Oppure: si cercheranno eventuali responsabilità o dovremo ancora prendercela con la sorte avversa? Ecco poi la notizia che noi sappiamo da tempo ma che viene sciorinata ed evidenziata solo a danni avvenuti: l’esperto ci ricorda ancora una volta che in pratica un centro abitativo della Sardegna su dieci si trova ad alto rischio idrogeologico, che detto in parole più semplici significa che poggia su un terreno non propriamente compatto e sicuro. C’è qualcuno, sia persona fisica o giuridica che prenda dei provvedimenti preventivi oppure che programmi un intervento ad ampio respiro per ristabilire un certo equilibrio da un punto di vista della sicurezza? Il ministero dell’Ambiente e delle Infrastrutture, che naturalmente è a conoscenza della realtà poco tranquillizzante, ha previsto qualche particolare piano di intervento? Non sarà che, ristabilita la calma e ricordate con commozione le vittime, tutto ritorni come prima? Come sappiamo, la questione delle edificazioni nella nostra Isola sta raggiungendo dei traguardi non facilmente comprensibili per il normale cittadino. Cosa inconsueta ed impossibile nelle altre regioni, noi sardi siamo stati convocati per ben due volte nel giro di un anno, tramite referendum, ad esprimere un giudizio su due leggi che, ad osservarle bene, avevano per oggetto la questione della edificabilità. In entrambe le occasioni, solo poco più del quindici per cento dei cittadini hanno ritenuto opportuno di partecipare alle consultazioni e non condividere le leggi vigenti. Mi guardo bene, adesso, dall’esporre mie opinioni sulla recente contrapposizione fra le due parti. Per quanto poco abituale possa apparire la mia posizione, non esito ad affermare che delle noiosissime diatribe politiche, fatte da poco convincenti e improbabili uomini che dicono di interessarsi del bene della Sardegna, non m’importa assolutamente nulla. Lascio volentieri questa incombenza e questa passione ai sardi che ancora credono al primato della politica e quindi stabiliscono se un partito sia migliore o peggiore di un altro. Fra non molto, e penso ne verremo travolti, inizierà la cosiddetta campagna elettorale in vista delle elezioni regionali della prossima primavera. La mia più grande paura è che saremo colpiti da una marea di chiacchiere, di promesse, di presunte virtù che naturalmente saranno smentite un giorno dopo le elezioni. Per quanto mi riguarda, a me non interessa sapere minimamente quale parte politica debba avere il sopravvento: è l’ultimissimo dei miei pensieri. Vorrei però avere assicurazioni sul programma che i competitori stanno elaborando o hanno già ultimato per quanto concerne la difesa del territorio, intesa anche come sicurezza per le persone che vi abitano. Per noi sardi residenti all’estero, c’è quasi la realtà di dover vivere queste catastrofi che colpiscono la nostra terra con una rassegnazione quasi disperata: il non poter fare nulla per responsabilità di persone che ancora una volta la faranno franca ed apriranno la porta a future inosservanze delle leggi e delle regole. Mario Sconamila    

 

LA VERA CAUSA DEL DISSESTO IDROGEOLOGICO E’ IL DISORDINE URBANISTICO IN ZONE SENSIBILI

NELL’ISOLA PIU’ DI 50 CENTRI AD ALTO RISCHIO

In Sardegna sono oltre 50 le cittadine e i paesi a forte rischio ambientale. «Ma è il disordine urbanistico di questi ultimi decenni il vero responsabile», spiega Felice Di Gregorio, professore di Geologia ambientale nella facoltà di Scienze dell’università di Cagliari. In pratica «non sono i capricci del clima o le violente precipitazioni meteoriche a dover essere incolpate, ma le dissennate scelte edilizie». Le previsioni meteo sono oggi sempre più precise, vi sono sistemi che permettono di sapere, come è avvenuto per l’alluvione del 22 ottobre, che vi sarebbe stata una pioggia molto intensa. «La responsabilità – continua Di Gregorio – nasce dal modo con cui si è urbanizzato. Spesso vi sono state costruzioni abusive, ma molto più spesso gli interventi di lottizzazione sono derivati dai piani urbanistici che hanno permesso di intervenire anche in zone sensibili, vicine ai letti dei fiumi e dei corsi d’acqua (da Pirri a Castiadas, da Bosa a valle di Quirra)». Lo studio dei territori e della loro orografia (coi relativi rilievi) racconta che si sono formati col tempo come dei "corridoi" funzionali al trasporto delle acque, piovane (ma non solo). Ma «quando l’uomo interferisce – sottolinea Di Gregorio – con urbanizzazioni che non lasciano un’area di rispetto sufficiente dal rio o dal fiume (come ad Assemini, Elmas, Sestu, Capoterra ecc.) allora si crea il rischio ambientale idrogeolgico». I geologi, da anni, hanno lanciato l’allarme: «Adesso purtroppo – precisa Di Gregorio – scontiamo l’effetto di questa mancata attenzione verso il territorio. Oggi, però, è st
ato redatto il Pai, il piano regionale di assetto idrogeologico in cui si individuano le principali zone a rischio. Anche se va detto che nell’attuazione del piano occorre una maggiore velocità». L’area di Capoterra è diventata un (tragico) esempio da manuale, «ma sono diverse le aree interessate a questo tipo di rischi. Tra queste – spiega Di Gregorio – c’è anche Bosa: in passato le acqua del Temo sono arrivate sino ai balconi del primo piano delle abitazioni. In tutta l’area vi sono pure tanti altri piccoli corsi d’acqua, interessati a varie lottizzazioni». Secondo il geologo, infatti, non bisogna incorrere nell’errore di pensare che solo i fiumi veri siano "pericolosi". Il rischio ambientale nasce dal fatto che l’acqua piovana durante le forti precipitazioni, non trovando più il suo canale, travolge tutto quel che incontra. In molti Comuni, purtroppo, i danni sono già stati fatti. In alcuni casi, quando si tratta di abusivismo, «può essere necessario intervenire rimuovendo, per evitare danni maggiori». In altri occorre organizzare un piano di assetto e sistemazione idrogeologica. Ed è questo a cui mira il Pai. «Ma il tutto va realizzato con maggiore celerità – afferma Di Gregorio – intervenendo soprattutto nella formazione del personale: i corpi di protezione civile, da quello forestale alle unità delle province, vanno rafforzate anche in termini qualitativi». Dove le lottizzazioni hanno coinvolto i letti dei fiumi e dei ruscelli bisogna studiare caso per caso come intervenire: a Pirri, municipalità di Cagliari, ad esempio, alcune aree dove c’erano i corsi d’acqua sono state del tutto cementificate. In questo caso occorre potenziare le strutture di deflusso idrico. Altrove, spiega Di Gregorio, «si può intervenire con opere di protezione e difesa. A Capoterra, ad esempio, con la sistemazione, a monte, dei bacini. Oggi, però, occorre vigilare per impedire che si costruisca a ridosso dei fiumi e dei ruscelli. Altrimenti capitano i disastri».

 

ALLUVIONE: MONTA LA RABBIA SULLE RESPONSABILITA’

PRONTI 40 MILIONI DI EURO PER GLI AIUTI

La legge sugli «interventi urgenti conseguenti agli eventi alluvionali e di dissesto idrogeologico del mese di ottobre 2008». Prevede lo stanziamento di 20 milioni di euro, che sommati agli altri fondi messi in campo dalla Regione e dal Governo diventeranno una quarantina: tutti da utilizzare per le azioni immediate. Il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso era in Sardegna per fare il punto sulla situazione con il presidente Renato Soru. La legge è il risultato di una discussione lunghissima, andata avanti tra interruzioni e riunioni di capigruppo utili per determinare una norma il più possibile condivisa. Con numerose integrazioni rispetto al disegno di legge licenziato dalla Giunta nella seduta straordinaria. Nel corso dei lavori, anche l’assessore regionale ai Lavori Pubblici, Carlo Mannoni, aveva sottolineato che il testo venuto fuori da viale Trento «è una legge semplice che ha alcune carenze» ma «lo scopo fondamentale è la snellezza. Prevediamo 20 milioni di euro ma in realtà sono 40: per noi è importante valutare i danni. Siamo disponibili a dare a chi ha subito danni e abbiamo previsto una procedura snella: pagheremo in cinque giorni e il corpo forestale andrà casa per casa per accertare visivamente i danni». Insomma, procedure snellissime: un’autocertificazione dei danni subiti all’interno delle abitazioni (mobili, elettrodomestici etc), con un passaggio unico porta-a-porta che porti all’erogazione delle somme previste direttamente a Capoterra entro una settimana-dieci giorni. La situazione più grave, comunque, era quella di Capoterra dove sette chilometri di rete fognaria sono divelti. A Poggio dei Pini non avevano acqua potabile. Direttamente in aula, durante la discussione generale, la testimonianza di Marco Espa. Il consigliere del Partito democratico, da abitante di Poggio dei Pini, ha portato in via Roma la voce di centinaia di persone che lavorano in mezzo al fango per salvare il salvabile dalle loro case: «Mi sono ritrovato a constatare di essere uno sfollato, come mio padre nei tempi di guerra», ha detto. «Sono stato colpito in pieno dal rio san Girolamo. E insieme a me centinaia di vicini di casa che ancora spalano fango, senza luce e senz’acqua , senza nulla. Operai, professionisti, insegnanti, impiegati: gente normale che ha acquistato o costruito regolarmente, autorizzati, a norma di legge, investendo i propri risparmi e il lavoro di una vita». È la voce di chi nei giorni scorsi ha lamentato la propria impotenza: «Nessuno è abusivo: e oggi ci ritroviamo a pagare, qualcuno anche con la vita, colpe non nostre: quelle di chi, anni fa, aveva permesso lottizzazioni in terreni che sono proprietà del fiume. La magistratura sta facendo la sua inchiesta, noi cittadini abbiamo costituito un comitato (in via dei Nibbi) che si costituirà eventualmente parte civile se verranno accertate responsabilità. E’ insopportabile che la politica si sia piegata al partito del mattone, a chi dice oggi che senza mattone non c’è sviluppo: per questo ci vuole la commissione d’inchiesta politica, per capire cosa è successo anche 40 anni fa per il dissesto idrogeologico di Capoterra. Per questo oggi c’è paura. Ma vogliamo giustizia, sapere perché e chi ha fatto lottizzare di un fiume. Che questo tsunami al contrario, venuto dalla montagna, non si ripeta più in nessuna parte della Sardegna». Marco Murgia

 

PIANO TRIENNALE DI INTERVENTI PER VALORIZZARE "SA LIMBA"

IL FUTURO DELLA LINGUA SARDA

"Sa limba" sbarca nel futuro. Con il piano triennale degli interventi di promozione e valorizzazione della cultura e della lingua sarda 2008-2010, la Regione imprime un cambio di rotta agli interventi pubblici in favore dell’idioma isolano e sceglie di affidarsi alle nuove tecnologie. Punta di diamante del piano è la web-tv in sardo, che dovrebbe consentire una migliore divulgazione della lingua sarda in particolare tra i più giovani. L’obiettivo principale del piano, infatti, è potenziare la trasmissione della lingua alle nuove generazioni, affinché essa non sia semplicemente tutelata come un reperto da museo ma possa diventare uno strumento di uso quotidiano. Lingua sarda, ma non solo: il piano 2008-2010 dà spazio per la prima volta anche alle altre parlate presenti nell’Isola, come il gallurese, il catalano e il tabarchino. Per preservare la differenziazione degli idiomi e delle varianti sarà elaborato un Atlante linguistico della Sardegna, digitale e multimediale, che si fonderà su basi scientifiche rigorose. Sarà inoltre rafforzato l’insegnamento del sardo nelle scuole, sia attraverso progetti didattici da realizzare nel normale orario di lezione anziché come attività extracurricolari che con la formazione universitaria dei docenti. Infine, sarà consolidato l’utilizzo della "Limba sa
rda comuna" negli atti dell’amministrazione regionale, anche attraverso gli strumenti informatici in dotazione agli uffici. Nelle intenzioni della Giunta regionale, il nuovo piano triennale rappresenta il primo passo verso una più generale riorganizzazione delle politiche in materia di lingua e cultura sarda. L’obiettivo è arrivare il prima possibile a riformare la legge regionale 26 del 1997, separando nettamente gli interventi per la lingua da quelli per la cultura e recependo appieno la legge 482 del 1999, che disciplina a livello nazionale le minoranze linguistiche e che finora è stata applicata solo parzialmente nell’Isola. È da questa impostazione che deriva la scelta di dedicare il piano 2008-2010 esclusivamente alle politiche linguistiche, a differenza di quanto accaduto in passato, quando la programmazione si è incentrata soprattutto sulla valorizzazione del patrimonio culturale e sulla salvaguardia della lingua, anziché puntare sulla sua diffusione e sull’incentivazione del suo utilizzo. La volontà di restituire alla parlata locale un ruolo centrale nella vita quotidiana dei sardi deriva dalla consapevolezza del suo ruolo fondamentale nella costruzione dell’identità di popolo, andata persa negli ultimi decenni a causa della visione modernista che bolla l’uso della lingua sarda come una manifestazione di arretratezza culturale. L’anello debole della catena è visto nell’abbandono della trasmissione della lingua dalle vecchie alle nuove generazioni, a partire dai genitori che non insegnano più il sardo ai figli, ed è su questo particolare aspetto che il piano si propone di intervenire. Nella predisposizione del nuovo piano, la Regione è partita dalle basi gettate con l’adozione della "Limba sarda comuna" per la diffusione in sardo dei suoi atti e con l’istituzione dell’ "Ufitziu de sa limba sarda", o Sportello linguistico regionale, con il compito di tradurre e diffondere i documenti dell’amministrazione. Circa 190 dipendenti regionali hanno partecipato a un corso di formazione sull’applicazione tecnico-amministrativa della lingua sarda. Da tali esperienze è emersa la necessità di adeguare gli strumenti informatici in dotazione all’amministrazione con la realizzazione di un correttore ortografico in sardo, già in fase di appalto, che figura tra gli obiettivi del piano. Tra le attività di prossima realizzazione c’è anche un progetto per la realizzazione di archivi video, audio e multimediali basati su interviste a persone anziane, realizzate nella variante della lingua sarda parlata nel loro comune, su storia, usanze, tradizioni, leggende, luoghi e personaggi del territorio. Rientrano nel piano anche gli indirizzi alle amministrazioni provinciali per la gestione delle risorse finanziarie loro assegnate dalla Regione ai sensi delle norme sul decentramento di funzioni. Gli ambiti di intervento individuati sono tre: ricerca storico-culturale sul territorio per approfondire l’evoluzione delle parlate locali; raccolta e documentazione di materiale audio, video e fotografico relativo alla tradizione orale, musicale e, più in generale, al mondo sardo contemporaneo; organizzazione di concorsi, premi letterari e altre manifestazioni finalizzate alla salvaguardia e alla trasmissione della lingua sarda. Le province avranno anche il compito di potenziare la segnaletica stradale in sardo, che dovrà contribuire a rendere più capillare la presenza della lingua negli spazi pubblici. Il piano detta anche gli indirizzi cui gli enti intermedi dovranno uniformarsi nel finanziare i progetti scolastici. Avranno priorità i progetti che hanno come obiettivo l’apprendimento e l’uso della lingua, quelli che usano metodologie didattiche innovative finalizzate all’apprendimento del sardo attraverso il suo uso nell’insegnamento di altre materie di studio, quelli che prevedono la creazione di unità didattiche in sardo e quelli programmati all’interno dell’orario curricolare. Il potenziamento dell’insegnamento del sardo sarà accompagnato da percorsi formativi e di orientamento per gli insegnanti. Per quanto attiene ai progetti che saranno realizzati direttamente dalla Regione, sono individuate tre aree di intervento: la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale immateriale delle diverse varietà linguistiche; la promozione, la rivitalizzazione e la pianificazione linguistica e culturale; la promozione e la valorizzazione della cultura e della lingua nelle scuole e nelle università. 150 mila euro all’anno per tre anni sono stanziati per la compilazione di cataloghi, repertori, atlanti e dizionari su lingua e cultura sarde; per la ricerca, la riproduzione e l’organizzazione scientifica di materiali riguardanti la tradizione orale, musicale, filmica e multimediale; per la realizzazione di ricerche e la predisposizione di strumenti operativi finalizzati a garantire a tutti i cittadini la possibilità reale di esprimersi nel proprio linguaggio di origine; per il completamento e l’ampliamento degli archivi audio digitali già in fase di realizzazione. Inoltre, la Regione intende proseguire nell’acquisizione dei diritti per la pubblicazione sul suo sito Internet di opere letterarie di scrittori e poeti sardi classici e contemporanei, di opere legate alla tradizione della poesia estemporanea, di traduzioni di opere letterarie sarde in italiano e viceversa, di registrazioni di gare poetiche fra improvvisatori e di testi per l’insegnamento della lingua sarda. Partendo da un progetto pilota già realizzato, che ha visto coinvolto un comune per ciascuna provincia sarda, la Regione intende proseguire nella realizzazione di un Atlante toponomastico sardo, che dovrà servire da un lato ad uniformare la toponomastica in lingua locale e dall’altro a fornire le informazioni necessarie per la segnaletica bilingue. È poi allo studio la realizzazione dell’Atlante linguistico della Sardegna. L’opera partirà dalla ricerca del lessico usato in ciascuna comunità dell’Isola, proseguirà con l’informatizzazione delle informazioni raccolte e terminerà con la pubblicazione dei risultati, che comprenderà anche l’elaborazione di dizionari generali della lingua sarda e di un Atlante linguistico multimediale sotto forma di banca dati digitale. 500 mila euro sono stanziati per la diffusione del sardo attraverso il mezzo televisivo, non soltanto via etere ma anche con l’avvio di un canale digitale su Internet. Il piano prevede poi il mantenimento in funzione dello Sportello linguistico regionale, in cui sono occupate quattro persone (due traduttori e due operatori) retribuite con fondi statali. Lo Sportello continuerà nelle attività che già oggi svolge: sperimentare l’uso della "Limba sarda comuna" nella diffusione degli atti della pubblica amministrazione, valorizzare in senso ampio la lingua sarda, stimolare gli enti locali ad applicare gli indirizzi regionali e statali in materia, formare il personale della Regione e degli uffici linguistici degli enti locali, implementare il dizionario base per la realizzazione del correttore ortografico in sardo. Infine, lo Sportello avrà il compito di rendere visibile l’identità bilingue della Regione ovunque possibile, dalla toponomastica alla carta intestata, dalle comunicazioni agli utenti alla segnaletica interna degli uffici. A favore dei sardi emigrati, il piano prevede l’utilizzo dello stanziamento di 100 mila euro, previsto nella finanziaria regionale 2008, per l’istituzione di borse di studio a favore dei figli degli emigrati. Rispetto al passato, è stato rimosso il vincolo dell’utilizzo delle borse di studio nelle università isolane. È prevista anche la possibilità di istituire, in collaborazione con altri atenei europei, corsi, lettorati o cattedre di lingua sarda da affidare a docenti madrelingua. Continueranno ad essere indette le conferenze annuali sulla lingua e sulla cultura sarde, per le quali veng
ono stanziati 25 mila euro all’anno. Le conferenze avranno quale scopo principale il monitoraggio degli interventi inseriti nel piano, per verificarne lo stato di attuazione e il raggiungimento degli obiettivi. Per la formazione degli insegnanti abilitati all’insegnamento del sardo e all’uso del sardo nell’insegnamento delle altre materie scolastiche, la Regione stipulerà delle intese con le università isolane. Nelle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie l’obiettivo minimo è inserire l’idioma locale per almeno un’ora alla settimana in orario curricolare. La Regione finanzierà le scuole per sostenere la retribuzione del personale docente, l’acquisto del materiale didattico e le spese organizzative sulla base delle ore di lezione effettuate. Il piano prevede inoltre lo stanziamento di 100 mila euro all’anno per il finanziamento di dieci borse di studio annuali per la ricerca nel campo della didattica della lingua e della cultura sarde. Sette di queste andranno per la lingua e la letteratura sarde, una per la storia della Sardegna, una per la storia dell’arte isolana e una per il diritto, con riferimento specifico alle norme tradizionali delle comunità locali e all’ordinamento della Regione. Per la formazione del personale docente delle scuole, le università riceveranno 500 mila euro all’anno.

 

 

UN TESTO DI 650 PAGINE EDITO DA "CONDAGHES"

LA GRAMMATICA SARDA DI MARIO PUDDU

L’intenso lavorio ed interesse intorno alla limba sarda non produce solo poesia e prosa ma anche dei scientifici ed estremamente necessari studi tecnici sulla grammatica. Un contributo eloquente, nella consapevolezza che la lingua è primaria ricchezza di un popolo, viene dalla pubblicazione della monumentale opera di Mario Puddu, titolata Grammàtica de sa limba sarda (GrammLS) ed edita da Condaghes; una grammatica che fa riferimento, in modo unitario, a tutto il patrimonio linguistico sardo nella prospettiva attuativa di risolvere le "chistiones de sa limba" con "su sardu de mesania" per una "iscritura regularizada". Nel lavoro di Mario Puddu, è chiaro il naturale desiderio professionale dell’insegnante di dare aiuto didattico ai docenti e strumenti agli alunni per esprimersi e scrivere correttamente con competente esattezza la lingua sarda, orientando verso l’identità storica e coscienza linguistica della limba de mesania, collocata in area di "confine" arborense tra le due macro-aree logudorese (centro settentrionale) e campidanese (meridionale). Il testo, di 650 pagine, segue un percorso tradizionale nel trattare separatamente e in modo distinto le varie parti della Fonologia, Foedhare e iscrìere, Morfologia, Sintassi, Istòria de limba sarda e Princìpios de iscritura; essenziale e di lineare completezza nella precettistica, svolge il rigoroso compito di grammatica nell’insegnamento-prescrizione di norme, ed è pubblicazione impreziosita dalle indicazioni di scrittura e dai tanti esempi di carattere letterario di oltre 250 autori, in rappresentanza di 138 bidhas, per addestrare alla precisione formale e all’efficacia stilistica. Lavoro di facile consultazione, didattico e puntuale contributo di normalizzazione che nasce principalmente da una attenta osservazione pratica della limba e dal profondo significato veicolare e di identità che essa rappresenta. Mario Puddu, nato a Illorai e con laurea in pedagogia conseguita nell’Università di Cagliari, vive a San Giovanni Suergiu ed è autore di molteplici opere: il fondamentale Ditzionàriu de sa limba e de sa cultura sarda(DitzLcs); il romanzo autobiografico Alivertu; s’Istòria de sa limba sarda; sillogi poetiche d’impegno sociale-politico sul sentimento nazionale dei sardi e diversi studi e saggi su "comente manizare e impreare sa limba de Sardigna". Alla Grammàtica, la cui grafica di copertina è stata realizzata da Maura Puddu, l’editore Condaghes allega il CD del Ditzlcs in versione online. La fatica di Mario Puddu, in sintonia con la particolare attenzione verso la limba de mesania e in riconoscimento all’opera politica e legislativa di un illustre rappresentante di quell’area, è dedicata a Marianu IV de Arborea per essere stato il primo autore di una codificazione in limba di leggi di fondamentale importanza: Codice Rurale e Carta de Logu (…poi promulgata alla fine del ‘300 dalla figlia Eleonora); monumenti di illuminata saggezza giuridica e di civiltà nell’ordinamento dello stato sardo indipendente dell’Arborea. (Grammàtica de sa limba sarda, Cagliari, Condaghes, euro 40,00    http://www.condaghes.it/). Cristoforo Puddu

 

INVITATI DALL’EURODEPUTATA SARDO-BELGA GIOVANNA CORDA

PERSONALITA’ SARDE A BRUXELLES

Come annunciato nella visita ufficiale effettuata in Sardegna nel giugno scorso, Giovanna Corda, eurodeputata sardo-belga, ha invitato, con una propria iniziativa e a spese del proprio ufficio, una folta delegazione di personalità sarde, rappresentanti di importanti istituzioni, di amministrazioni pubbliche, enti e associazioni e del mondo dell’emigrazione, in occasione della seduta plenaria del Parlamento Europeo, che si è tenuta il 9 ottobre in via straordinaria a Bruxelles, essendo ancora inagibile la sede consueta di Strasburgo.  L’invito è stato rivolto a quei soggetti con i quali ha organizzato iniziative, promosso incontri, attivato collaborazioni sulle questioni di merito, specifiche per la Sardegna, e/o che l’hanno coinvolta a vario titolo nelle proprie azioni. Nell’arco della mattinata del 9 ottobre, nella sede del Parlamento Europeo e della giornata precedente, in quella della Commissione Europea, si sono svolti anche degli incontri con alcuni eurodeputati e funzionari della Commissione Europea su problematiche specifiche in particolare dell’Agricoltura, delle Pari Opportunità e delle Politiche per le Regioni, incontri programmati anche sulla base delle richieste fatte dai delegati. Giovanna Corda, nata da una famiglia di minatori, ed eletta in Belgio nelle liste del Partito Socialista, è stata la prima donna sarda a tutti gli effetti ad aver varcato la soglia della massima assise europea. All’atto della convalida della sua lezione nel luglio 2007 aveva assunto immediatamente l’impegno di occuparsi anche dei problemi della sua terra di origine, la Sardegna, con la quale ha mantenuto legami intensi e costanti, utilizzando anche le prerogative che le derivano dalla doppia cittadinanza italo-belga. Innumerevoli le iniziative sviluppate in questo breve arco di tempo, e che hanno interessato in modo tangibile e concreto diverse aree dell’isola e diversi ambiti. Se ne citano due, particolarmente significative, anche perché legate alle competenze specifiche della eurodeputata che &egrave
; membro della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo e membro della Commissione per le Pari Opportunità del Partito Socialista Belga. La prima è l’iniziativa del novembre 2007, di protesta contro la sentenza del giudice tedesco, che aveva "alleggerito" la pena a un giovane violentatore, giustificandolo in quanto "sardo"! In quella occasione Giovanna Corda incontrò il presidente del Consiglio regionale, le consigliere e le assessore regionali, le donne delle istituzioni di parità a livello regionale e a Oristano, città dove Eleonora D’Arborea, con la Carta De Logu promulgò le prime leggi al mondo di tutela dei diritti delle donne. La seconda iniziativa è quella del giugno scorso che per la prima volta ha visto in Sardegna la presenza di una delegazione di 8 eurodeputati del gruppo socialista al Parlamento Europeo, provenienti da 6 Paesi Europei, appartenenti alle Commissioni Agricoltura e Pesca del Parlamento Europeo. La visita, interamente a carico degli eurodeputati, svolta nell’arco di quattro intensissime giornate, ha avuto un risultato immediato e di grande rilevanza. Infatti il Parlamento Europeo ha accolto gli emendamenti a sostegno della filiera del latte ovicaprino, proposti da Giovanna Corda e da Bernadette Bourzai, vicepresidente della Commissione Agricoltura del P.E, sulla base delle richieste formulate dagli allevatori incontrati nel corso della visita in Sardegna.  Si è trattato di un fatto di grande rilevanza , che ha riportato il nome della Sardegna al Parlamento Europeo, dopo anni di assenza.
Carmina Conte

 

CI SCRIVE LA RESPONSABILE DELLA RACCOLTA FONDI DELLA SARDEGNA DEL COMITATO "RUDI"

PER COMBATTERE L’ATASSIA DI FRIEDREICH

E’ una malattia rara, ereditaria recessiva, finora ritenuta incurabile, dovuta alla deficienza di una proteina denominata fratassina. E’ caratterizzata da una progressiva degenerazione delle funzioni neuro-motorie. Generalmente compare in età scolare manifestandosi con una progressiva disfunzione neurologica: dalla mancanza di coordinazione dei movimenti e disturbi dell’equilibrio fino alla sedia a rotelle entro 10-15 anni dal suo esordio. Le funzioni intellettive rimangono inalterate; non di rado, infatti i giovani affetti da AF conducono con successo studi a livello universitario. Colpisce mediamente un bambino o adolescente ogni 50mila e una persona su 100 è portatore sano. Se i genitori sono entrambi portatori sani, è del 25% per ogni gravidanza la probabilità di generare un figlio malato ed in virtù del carattere recessivo della trasmissione può accadere che la malattia si presenti improvvisamente in una generazione colpendo più fratelli o sorelle. Nel 2003 nasce a Torino il comitato RUDI onlus, fondato da Bernardo Ruggeri e Filomena D’Agostino genitori di Diego affetto da AF, da cui la sua denominazione con le iniziali RUggeri Diego. Divenuto punto di riferimento italiano per questa patologia, oggi il comitato RUDI onlus conta su numerosi sostenitori che prestano la loro opera a titolo completamente gratuito e volontario. Per rispondere all’esigenza di promuovere l’attività scientifica dei migliori ricercatori presenti sul panorama internazionale che si occupano di AF, ma anche per attirarne altri da nuovi e promettenti campi di ricerca, nel 2005 il comitato RUDI onlus istituisce il fondo GOFAR (Friedreich’s Ataxia Research) con il fine dichiarato di forzare il lavoro dei ricercatori verso una terapia per l’AF. Raccogliendo questa sfida, il comitato RUDI onlus si configura come la realtà che ha reso possibile l’instaurarsi della collaborazione tra tutte le associazioni dei pazienti principalmente in Europa e a livello mondiale per il conseguimento dell’obiettivo comune della cura dell’AF, mettendo a disposizione della comunità scientifica internazionale il fondo GOFAR. Negli ultimi due anni grazie anche al contributo di GOFAR si è verificato un rapido avanzamento della ricerca scientifica. GOFAR ha provveduto ad un ingente finanziamento rivolto soprattutto all’approccio terapeutico ad oggi più promettente. Infatti studi effettuati con cellule di pazienti e modelli murini (di topo) indicano che una classe di composti conosciuta come inibitori delle istone deacetilasi possono incrementare la proteina carente nei pazienti AF, denominata fratassina, e ciò può condurre in tempi brevi a quella che noi speriamo possa rivelarsi un’efficace terapia per l’AF, potenzialmente capace di modificare il corso di questa devastante e seria patologia. E’ possibile sostenere il fondo GOFAR effettuando donazioni tramite:

•-          Bonifico bancario intestato a COMITATO RUDI ONLUS – GOFAR Unicredit Banca via D’Ovidio, 5 10129 TORINO. C/C 0000 4028 7283 ABI 02008 CAB 01160 –

IBAN IT/27/A/02008/01160/000040287283. Per l’estero: SWIFT UNICRITB1AG0

•-          Bonifico postale a COMITATO RUDI ONLUS – causale GOFAR C/C IT44A0760101000000063539662

•-          Carta di credito collegandosi al link www.fa-petition.org/donation_ita.html

•-          Destinazione del 5 al COMITATO RUDI ONLUS c.f.97638210019.  Caterina Cappai

 

FERROVIE: L’ISOLA E’ RIMASTA FERMA A 25 ANNI FA

DELUSIONI DI UN EMIGRATO

Tornare in Sardegna, per me è come reincontrare una persona cara. Anche passato molto tempo l’emigrato la riconosci subito, p
erché le porta un affetto sempre uguale, indistruttibile. Dopo quattro anni ho avuto l’occasione di ritornare al mio paese, Villa Verde, per la presentazione di un mio romanzo sull’emigrazione (Bachis Frau emigrato) e così ho potuto rivedere la mia amata terra, respirare il suo profumo e immergermi nelle sue atmosfere piene di silenzio e di innocenza primordiale. E ho avuto modo, purtroppo, di constatare, nel tragitto in treno da Olbia a Oristano, come tante cose sono rimaste come prima, come sempre. Una per tutte, l’umiliante condizione delle ferrovie e delle stazioni. Disordine, apparecchiature rotte, fermate deserte con porte in ferro sbarrate, orologi fermi, fontanelle secche, muretti diroccati, casotti tristi e abbandonati, tetti sventrati, erbacce e selvaticume dappertutto, lunghe file di vagoni merce immobili bucati dalla ruggine…  Mi sono venuti in mente i grandiosi progetti di ammodernamento di 25 anni fa, quando l’Ente Ferrovie si lanciò in quella campagna di investimenti formidabili sull’elettrificazione. Vi ricordate i venticinque locomotori da cinque miliardi di lire l’uno che finirono ad arrugginire nei binari morti di Civitavecchia e di Cagliari? Uno spreco dissennato per un progetto iniziato e mai finito. La storia era cominciata nel 1985 (c’è gente che ha la memoria lunga.), quando il neonato Ente delle Ferrovie diede inizio al suo lusinghiero programma di investimenti, che comprendeva, appunto, anche l’ammodernamento e l’elettrificazione delle Ferrovie della Sardegna, progetto che permetteva di collegare Cagliari con Sassari in due ore e mezza e Cagliari a Golfo Aranci in tre ore e dieci minuti. Nacque un consorzio di imprese, chiamato Team, che doveva provvedere all’elettrificazione di tutta la tratta e alla costruzione di tre centrali di alimentazione della linea. Cinque anni dopo (1990), quando si volle fare il punto sullo stato dei lavori, si scoprì che questo consorzio aveva costruito solo 35 chilometri di linea elettrica: 15 da Cagliari a Decimomannu e 20 da Villasor a Sanluri Stato. Solamente per questi 35 chilometri il costo fu di 252 miliardi, mentre tutto il tracciato da elettrificare era preventivato in 664 miliardi. Delle tre centrali, ne venne costruita solo una a Villasor, mentre per le altre due i lavori non furono nemmeno iniziati. Miliardi buttati al vento. Meglio, finiti nelle tasche di qualcuno. Nel frattempo però, le Ferrovie avevano acquistato dalle Officine Ansaldo (quindi ancora prima che il tragitto fosse pronto) 25 locomotori tipo 490-491, per un costo complessivo di 127 miliardi. Il leader dei Cobas di allora, Ezio Gallori, inoltrò una denuncia circostanziata alla Procura di Cagliari, al neoministro dei trasporti Costa e al sostituto procuratore di Milano Gherardo Colombo, esponendo puntualmente la questione. "Non possiamo affermare, a rigore, che ci siano state delle tangenti – concludeva il leader dei macchinisti autonomi Gallori – Partendo però dai fatti e dai nomi delle ditte e aziende chiacchierate, ce ne sono tutti i presupposti. Negli ultimi anni, un fiume di miliardi è passato sotto le ferrovie gestite da ministri più o meno inquisiti". Così va la nostra Sardegna. a sicut erat, a s’arraffa arraffa. Ma tutto passa, tutto se ne va, tutto si insabbia e dopo un po’ nessuno ne parla più o non se ne ricorda. Nelle mani di ministri e direttori vari sono rimasti attaccati i miliardi dei contribuenti, e i contribuenti ancora oggi, 25 anni dopo, viaggiano in littorine diesel, come ai tempi del fascismo. Solo il latrocinio, la stupidità e l’inettitudine hanno fatto enormi progressi e la Sardegna resta sempre al palo, condannata a sopportare l’arretratezza per colpa di questa peste di ladroni che non finisce mai. Prima erano i fenici, dopo i romani, dopo gli spagnoli, poi i piemontesi… Tutti hanno rubato a man bassa dal suolo e dal sottosuolo della nostra isola, portandosi via tutto e lasciandoci solo le briciole. Al colmo dell’arroganza, i romani chiamavano i sardi "latrones mastrucati". Ricordate? Mentre loro facevano piazza pulita del grano e delle ricchezze minerarie, i ladri erano i sardi! Oggi siamo alla solita musica. Ma i ladri si chiamano mala politica e malgoverno. Aveva ragione il buon Fedro (favola: L’asino e il vecchio pastore): "Nel cambiare governo, i poveri molto più spesso non cambiano altro che il nome del padrone".
Vitale Scanu

 

LUSTRI PER LA NASCITA DEL PARCO DEL GENNARGENTU

IL GRANDE BLUFF

Il parco del Gennargentu, mai veramente nato, dopo quasi 70 anni, sembra destinato a essere definitivamente sepolto, dalla resistibile carica dei sindaci, che in esso sembrano individuare la fonte di tutti i mali possibili e immaginabili di questa parte di Sardegna. Lo spettro della miseria, della fame e della morte, nelle vesti della famigerata legge 394, sembra aggirarsi dalle vallate di Aratu alle creste del Bruncu Spina e del Corrasi, per scacciare gli armenti dai verdi pascoli di Monte Oddeu, dalle gole del Flumineddu, dalle suladas di Villagrande e dagli sciuscius di Desulo. Questa è l’immagine che appare agli occhi di molte persone in Sardegna e c’è da chiedersi seriamente come mai si sia arrivati a questo stato di cose. Così il progetto concepito negli anni Trenta dal senatore orgolese Antonio Monni, previsto poi dal Piano di Rinascita della Sardegna, portato avanti, con un finanziamento europeo dalla Provincia guidata dall’allora presidente Crisponi, dall’assessore Mastino, dal presidente della commissione ambiente Pasquale Zucca, andrà finalmente a far parte di una delle tante cose mai realizzate. La controversa storia di questa vicenda, non può essere certo riassunta in poche righe, ma cerchiamo di portare l’attenzione su alcuni aspetti che significativi. Il coordinamento scientifico per la predisposizione degli studi sul parco, con un gruppo di lavoro di 45 persone, tra i maggiori esperti di queste aree, erano  tutti sardi, non piovuti dal patrigno continente, non calati dall’alto o estranei alla realtà sociale del territorio, come si vorrebbe troppo spesso far credere. Sono state prodotte, tra le altre cose, 35 carte del territorio che riguardavano gli aspetti ambientali (dal censimento della flora e della fauna, alla distribuzione dei grandi alberi, alla individuazione dei beni culturali, al censimento degli ovili, alla evidenziazione dei percorsi storici, dallo stato della pastorizia e dell’agricoltura, alla consistenza della ricettività alberghiera, dalle sagre campestri alle feste paesane). Il tutto accompagnato da proposte legate alla specificità del territorio, come la rivitalizzazione degli ovili, la creazione dei mini caseifici, l’apporto di energia elettrica alternativa, per cercare di invertire il progressivo e drammatico abbandono della pastorizia dal Gennargentu. Altro che cacciare i pastori o licenziare gli operai forestali, come si è fatto credere. Per cui oggi viene difficile riconoscere a quel parco una qualsiasi paternità complessiva. Tuttavia, da esso si potrebbe ripartire per una discussione sulla tutela del territorio e ragionare se davvero un parco nazionale è uno strumento che esclude o favorisce la partecipazione delle amministrazioni locali, se vuole valorizzare o eliminare le attività tradizionali, se vuole favorire o meno il turismo, se davvero parco significa valorizzazione o eliminazione dell’uomo dal territorio. Comunque, i maiali e i cinghiali, le pecore e le vacche pascolano tranquille, a
ssieme ai mufloni nel parco, anche nelle cosiddette zone di riserva integrale, così come vi si aggirano le persone, che vanno a fare escursioni (trasportati per lo più da agenzie tedesche, milanesi, romane o bolognesi) in qualsiasi parte del territorio, scalano pareti, si perdono nelle foreste, restano appesi alle falesie, visitano nuraghi, fanno sagre campestri, mangiano panini, o porcetto quando possono e persino sciano. I soliti archeologi con piccone e metal detector perseguono senza grossi problemi le loro ricerche, le colombe di Sa Sedda ‘e sos Carros sono ben custodite in mano di qualcuno che ne riconosce il valore. Gli operai forestali continuano a lavorare; le grotte attraggono turisti e curiosi. Per altri aspetti, edifici costruiti con fondi pubblici per la valorizzazione del territorio, per lo più, restano chiusi o vengono vandalizzati. Molti degli ovili residui sono diventati deposito di carcasse di automobili, frigoriferi, vasche da bagno, materassi e tante altre cose. L’esistenza del parco si riscopre solamente in occasione delle giornate di caccia. C’è da chiedersi allora, perché un elemento di civiltà e di cultura, come la tutela dell’ambiente e la realizzazione di un parco nazionale si voglia far apparire come portatore di miseria, fame e morte di un territorio. Il parco esiste dalla lontana intesa e dal lontano decreto Ronchi, i fondi statali destinati al parco non sono mai stati utilizzati per la mancanza dell’ente di gestione, tali fondi vengono divisi tra gli altri parchi, e chi se ne importa della Sardegna. Il disimpegno del Governo su questo fronte è totale e, credo, che solamente aspetti di tecnica legislativa, abbiano impedito, sinora, al Governo di scaricare definitivamente il Gennargentu dal sistema nazionale dei parchi. Ma ciò che sorprende è che persone di elevata cultura, attente e competenti, come il sindaco di Fonni o di Oliena, pensino davvero che la presenza di un parco per la tutela dell’ambiente sia un danno per il territorio. Stupisce anche che una Regione che ha incentrato sull’ambiente gran parte della pubblicità per la valorizzazione dei propri prodotti, non sia stata in grado di spiegare ciò che il ministro dell’Ambiente non ha spiegato. Stupisce anche che le campagne di informazione che sembra siano state fatte non abbiano dato nessuna rassicurazione e non abbiano prodotto nessun effetto. Come è possibile che anche giovani laureati presso l’Università di Nuoro, siano convinti che con il parco nazionale non saranno più padroni a casa loro. E cosa pensano gli insegnanti che a scuola insegnano ai ragazzi l’importanza della tutela dell’ambiente? Pensano davvero gli operatori turistici che il parco allontanerà i turisti? Pensano i giovani organizzati in cooperative che iniziano a fare escursionismo, che torneranno a fare i disoccupati? Gli apicoltori che saranno allontanati gli alveari? Gli operati forestali che il cisto tornerà a farla da padrone nei campi? Non si comprende perché ai pochi pastori rimasti nelle terre comunali con grande sacrificio e che devono gestire in condizioni difficili centinaia e centinaia di ettari, si sia fatto credere che il parco esproprierà le terre comunali e che loro verranno messi sul lastrico. A ai privati che le loro terre saranno confiscate dal parco. Vi è da chiedersi ancora se siano solamente i cacciatori a essere penalizzati. I cacciatori che agli inizi della stagione venatoria si mobilitano e mobilitano la gente. Anche i cacciatori locali hanno tutto da guadagnare con l’istituzione del parco, in quanto come è noto la caccia si può esercitare sotto forma di prelievo venatorio. È quanto è stato fatto in accordo con i cacciatori locali, al parco nazionale di
La Maddalena. Forse dai dati di fatto, e non dagli auto-convincimenti che paiono più che altro auto-inganni, per tutelare non si sa bene quali interessi della popolazione, bisognerebbe ripartire se davvero si vuole bene a questo straordinario territorio e alla sua gente.

 

IN "SARAS" MANOMISSIONI E BARRIERA ANTI RUMORE

GOLETTA VERDE METTE LA PRUA SU SARROCH

Per monitorare il livello di emissioni dello stabilimento dei Moratti. E l’impatto sull’acqua delle sostanze che arrivano in mare. Goletta Verde, la storica campagna di monitoraggio e informazione sullo stato di salute del Mare Nostrum firmata Legambiente, dal porto di Cagliari per una navigazione nel Golfo degli Angeli, facendo rotta sul porto della Saras. Obiettivo dichiarato dell’iniziativa, monitorare le condizioni di sicurezza della raffineria, con particolare riferimento alla gestione di emergenze da sversamento in mare di idrocarburi, e confrontarsi sugli interventi di riduzione delle emissioni della raffineria stessa. A bordo, assieme a Rina Guadagnini, portavoce di Goletta Verde, Vincenzo Tiana, presidente Legambiente Sardegna e Giovanni Floris, presidente Circolo Legambiente Sarroch, erano presenti Salvatore Mattana, consigliere regionale, i sindaci dei Comuni del Golfo degli Angeli e i dirigenti della Saras. Tornata a navigare nelle acque del Golfo degli Angeli a distanza di dodici mesi, Goletta Verde ha ottenuto per il secondo anno consecutivo l’autorizzazione a passare nella zona, solitamente interdetta, antistante la Saras, in cui normalmente sostano le navi che trasportano prodotti petroliferi. Un modo per vedere da vicino i problemi ambientali, e non solo, legati all’impianto di raffinazione degli idrocarburi e alla produzione di energia termoelettrica, e di cercare soluzioni condivise per ridurre l’impatto della raffineria. Lo scorso inverno Legambiente Sardegna aveva scritto all’azienda – che è una delle realtà sarde più sensibili ai temi ambientali e più attenta al territorio – una lettera di richieste pressanti per intraprendere un percorso concordato di miglioramento ambientale. "Realizzazione di una robusta barriera per ridurre l’inquinamento acustico", – si legge in una nota – "piantumazione di una foresta per bilanciare le emissioni inquinanti di CO2, intervenire per evitare ogni superamento dei limiti di legge delle emissioni di biossido di zolfo, garantire l’assenza totale di sversamenti in mare di olio sono i provvedimenti più urgenti segnalati da Legambiente. Sarebbe necessaria, infatti, la creazione di un’efficace barriera antirumore, impegno che la Saras ha preso ormai da dieci anni senza poi realizzare un intervento definitivo. Creare una barriera acustica formata da alberi potrebbe contribuire sia alla riduzione dell’impatto sonoro, che al bilanciamento positivo delle emissioni di CO2. Anidride carbonica, ma non solo. Anche quella solforosa preoccupa. Sul controllo delle emissioni di SO2 e sulla sicurezza la Saras sta mettendo in pratica interventi per il controllo e la prevenzione degli incidenti, e adottando tutte le misure previste per minimizzarne gli effetti. È "in corso di realizzazione",
– prosegue la nota – inoltre, "un impianto che andrà a regime il prossimo ottobre e dovrebbe abbattere del 30% le emissioni di SO2". Riduzione comunque indispensabile per adeguarsi alle normative sull’inquinamento, mentre per incidere positivamente sulla salute degli abitanti è necessario impegnarsi a oltrepassare la soglia di abbattimento del 30%. "Lo studio epidemiologico commissionato l’anno scorso dal sindaco di Sarroch Mauro Cois – ha commentato Giovanni Floris, presidente Circolo Legambiente Sarroch – ha evidenziato come l’incidenza di malattie respiratorie, e in particolare l’asma, sia superiore di circa il 20% nei bambini di Sarroch rispetto a quelli Burcei. Superiore anche il numero di persone affette da allergie. L’aria non è certo salubre, soprattutto per bambini e anziani che sono soggetti deboli, e il problema della riduzione dell’anidride solforosa è pressante." Inquinanti gassosi pericolosi per la salute, ma anche inquinanti dannosi per la l’ambiente. "Il fatto che la raffineria sia a ridosso del centro abitato di Sarroch – ha ricordato Vincenzo Tiana, presidente Legambiente Sardegna – è un motivo in più per diminuire in modo consistente anche le emissioni di CO2. Per abbattere le emissioni di gas climalteranti sarebbe necessario che
la Saras venisse inserita nel piano nazionale di contenimento dei gas serra in modo da moderare i danni ambientali correlati a questa attività". È inoltre necessario assicurare maggiori garanzie sul rispetto della biodiversità marina. "Nonostante l’azienda si sia già impegnata per monitorare la vitalità del tratto di mare in cui opera – ha concluso Rina Guadagnini, portavoce di Goletta Verde – la presenza del sistema di attracco delle navi dirette alla raffineria ha di fatto sottratto alla pesca una vasta area marina. Per questa ragione chiediamo alla Saras l’attuazione di misure di compensazione, tra le quali la realizzazione all’interno dell’area di una zona di ripopolamento attivo della fauna". A questo proposito Legambiente Sardegna ha chiesto alla Provincia di intensificare le attività di monitoraggio della biodiversità e di controllo del ripopolamento dell’ittiofauna.

 

 

EPPURE, L’INDUSTRIA DELLA FAMIGLIA MORATTI HA UN DOVERE NEI CONFRONTI DELLA SARDEGNA

DARE UN SEGNALE CHIARO

Nel rinnovare l’auspicio che tutte le industrie petrolifere del mondo vengano presto chiuse e riconvertite nell’ambito di processi di diversificazione energetica, con uso di energie alternative rinnovabili ci si domanda per quale motivo la Saras, almeno in questa fase, non pratichi una politica di abbattimento dei prezzi al consumo dei suoi prodotti per la vendita in Sardegna. Tutto questo, oltre che costituire una sorta di indennizzo che, per quanto fatto, non potrà mai compensare il danno arrecato, potrebbe quanto meno rendere meno amara la circostanza di avere una aspettativa e qualità di vita condizionata anche dalla Saras; un ambiente che in alcune parti è assai inquinato; reti stradali intasate – fra tutte in particolare la s.s.195 -; spazi marittimi interdetti o di molto limitati per via della presenza di numerosissime petroliere e per il fatto che la Sardegna anche grazie al consistente fatturato della Saras è uscita dall’area dell’obiettivo 1; area che l’Unione Eurpea ha predisposto per tutte quelle zone dell’Europa che risultavano svantaggiate allo scopo di promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo, come appunto è (era) Sardegna. Infatti, il prodotto interno lordo (PIL) pro-capite della notrs regione è purtroppo superiore al 75% della media comunitaria. Il PIL è misurato secondo gli standard del potere d’acquisto e calcolato sulla base dei dati disponibili al 26 marzo 1999, regolamento CE n. 1260 del 1999 articolo 3. Quindi è innegabile che tutta la Sardegna subisca una serie di danni più o meno diretti da questa industria. Pertanto è giusto e doveroso che almeno i suoi prodotti vengano venduti ai residenti a prezzi più contenuti, almeno fino a quando non saranno risolti i problemi che questa attività produce. Del resto non ci sembra equo che i benefici economici di questa produzione rimangano solo alla Saras e, marginalmente ai suoi dipendenti, mentre i danni vengano ripartiti fra tutti i residenti e distribuiti in tutta la Sardegna. Forse ora la stragrande maggioranza dei sardi ha finalmente capito che non ottiene alcun beneficio da questa ingombrante e dannosa presenza. Tutto sommato se la Saras iniziasse a ragionare in questo modo, salverebbe un minimo di credibilità e ne otterrebbe anche dei vantaggi in termini di marketing etico. Da qualche tempo già la Banche si sono attrezzate al riguardo, sarebbe tempo che la Saras iniziasse a sviluppare queste iniziative che altre industrie "più illuminate" da decenni realizzano in varie parti del mondo, in tutti quei territori soggetti a servitù di industria petrolchimica, come appunto è la Sardegna.

Roberto Copparoni

 

DUE SARDI STANNO FACENDO IL GIRO DEL MONDO IN BARCA A VELA

FRESI PADRE E FIGLIO SFIDANO LE ONDE DEGLI OCEANI

Piero Fresi, nato a Sedini nel 1944 è residente a Sassari. Ha effettuato svariate traversate in Mediterraneo sia come istruttore che in trasferimenti di imbarcazioni. Vittorio Fresi, nato a Sassari nel 1974 segue il padre nell’avventura. Nel 2005 ha subito un intervento al cuore per sostituzione della valvola aortica, a causa di un’endocardite di origine batterica. E’ stata quindi creata un’equipe medica che seguirà la navigazione tramite l’invio di dati. Il progetto è ambizioso. Consiste nel circumnavigare il globo senza scalo con un’imbarcazione a vela di caratteristiche classiche, ripercorrendo la rotta dei clipper, le navi a vela commerciali che per circa un secolo, a cavallo tra l’ottocento e il novecento, compivano questo percorso navigando alle alte latitudini. I clipper erano costretti a seguire questa rotta in quanto non esistevano ancora i canali di Panama e Suez, che avrebbero consentito una navigazione più tranquilla all’altezza dell’equatore, dove la percentuale di grosse perturbazioni è minore e dove il clima è mite. Piero e Vittorio Fresi sono partiti dalla Sardegna, percorrendo il mar Mediterraneo, uscendo dallo stretto di Gibilterra. Navigano in Atlantico fino all’estremità del Sud Africa (Capo di Buona Speranza), attraversare l’Oceano Indiano e dopo aver doppiato il lato meridionale dell’Australia (Capo Lewin) e la Nuova Zelanda proseguire nell’Oceano Pacifico fino all’estremità meridionale dell’America Latina (Capo Horn) e risalire l’Atlantico per la rotta del rientro. Lo spazio da coprire è di circa 28.000 miglia e il tempo stimato di percorrenza con un
‘imbarcazione come Onitron I – Autoprestige è di 250 – 300 giorni. Le moderne imbarcazioni da regata iper-tecnologiche, che partecipano alle grandi regate oceaniche, impiegano attualmente tra i 70 e i 90 giorni per compiere la circumnavigazione lungo la rotta dei tre Capi. Perche farlo quindi con una classica imbarcazione da crociera? I Fresi si ispirano ai navigatori del passato, che nel secolo scorso hanno effettuato le prime entusiasmanti navigazioni lungo la rotta dei clipper, scrivendo le pagine più belle ed emozionanti della navigazione d’altura, su imbarcazioni da diporto. Questo non vuol dire rifiutare il progresso tecnologico in quanto a bordo di Onitron I – Autoprestige sono presenti sistemi moderni per il posizionamento e la comunicazione, ma vuol dire semplicemente affrontare le problematiche di un percorso così impegnativo utilizzando un’imbarcazione normale e adottando le metodologie e le tecniche di navigazione classiche. Il promotore del progetto, Piero Fresi, si è già distinto in questo senso in quanto le navigazioni in solitario che ha portato a termine, avevano come principio l’utilizzo di imbarcazioni tradizionali. Questa volta è affiancato dal figlio Vittorio, anch’esso appassionato di vela d’altura, e da sempre operante nell’attività d’istruzione della scuola nautica Zenit. Non risulta che altre coppie di genitori e figli abbiano affrontato insieme questo impegnativo percorso. Si vuole dimostrare che grazie alla determinazione, alla forza di volontà e alla passione si possono realizzare importanti progetti, avvicinando e facendo vivere la grande avventura alle persone comuni, senza muovere necessariamente ingenti somme di denaro come invece succede attualmente per le grandi regate intorno al mondo.
Tante barche a vela e a motore hanno accompagnato sino all’Asinara lo scorso mese di settembre (e qualcuna anche al mare di fuori) Onitron I con Piero e Vittorio Fresi che sono partiti per il giro del mondo senza scalo sulla rotta dei clipper. Massimiliano Perlato

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Un commento

  1. sardo di Coueron (Francia)

    Manco dalla Sardegna dal 1967.. e ogni giorno, tramite le possibilità che ho, leggo sempre su internet le notizia dell’isola.. E’ bello scoprire queste piccole realtà come la vostra, che con dedizione e costanza danno spazio ad un mondo come quello della emigrazione, poco considerata dai politici sardi. Bravi continuate così… perchè è importante far sentire la propria voce.

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