di Ornella Demuru
Per le vie del centro.. a Dublino.. fa caldo. I piccoli Popoli europei, in questo momento, vivono la globalizzazione nel timore che questa possa cancellare indistintamente civiltà e culture proprie. I sardi, di natura scettica e diffidente, stanno invece scoprendo che questo fenomeno mondiale può essere al contrario, foriero di esperienze e di progresso civile. E’ stato così per un gruppo di sardi, che per un incontro culturale-letterario capeggiato dal professor Giuseppe Marci, riscopre in Irlanda e in particolare a Dublino, quel cammino, politico e sociale, che la Sardegna, ha intrapreso per quasi due secoli per poi abbandonarlo di volta in volta. Un cammino difficile quello sardo, ma anche controverso, non soltanto per le naturali criticità incontrate, ma per l’ambiguità dell’obiettivo preposto: indipendenza o autonomia? È noto che i sardi hanno da sempre desiderato profondamente il primo obiettivo, ma è altresì noto che hanno da sempre dichiarato di battersi per il secondo. Un viaggio nel cuore dell’Irlanda oggigiorno fa così riemergere questo antico sogno, non solo mancato, ma spesso inespresso. Dublino, con i suoi due milioni di abitanti, si presenta città cosmopolita, ma allo stesso tempo fortemente identitaria. La sua gente è sorridente, gioviale con un senso di raggiunto benessere, non solo economico ma anche civico-sociale. L’Irlanda, con in testa la sua capitale, ha il tasso di natalità più alto d’Europa. Vagando per le strade e le vie del centro, lungo l’azzurro fiume Liffey che taglia in due la città di Dublino, s’incontrano continuamente giovani con bambini. Quel luogo comune che vede nel benessere economico un limite alla crescita demografica, viene qui sfatato. È evidente che le politiche sociali intraprese da questo Paese hanno seguito un percorso di propria elaborazione e non di sterile imitazione di modelli socio-economici esistenti e vincenti, come spesso viene fatto. Un processo verso l’identità, ma che non è mai identico a se stesso. Gli irlandesi dell’800 non sono quelli del 2000. Poverissimi, condannati a migrare per secoli in ogni parte del mondo, ritrovano oggi finalmente e fieramente se stessi. E questo ritrovarsi non è costituito soltanto dal valorizzare e investire nella tradizione, come è vero che gli irlandesi hanno saputo sapientemente fare, ma anche dal credere nell’innovazione e nel progresso tecnologico. Una fede concreta e radicata, in particolare negli ambiti dei trasporti e della comunicazione. Ritrovano nel proprio essere migrante una peculiarità della loro identità, da investire nel loro percorso di civiltà autonoma e indipendente. La propria inclinazione a viaggiare l’hanno tradotta in una delle più importanti compagnie aeree low cost, la Ryanair. Una compagnia che attraverso particolari formule di prezzi, fa viaggiare gli irlandesi (e non solo!) nelle località più disparate del mondo. Per un dublinese andare a Londra è come prendere un autobus: basso costo e orari flessibili. Oggi gli irlandesi passano più tempo in Inghilterra, molto più di quando dipendevano da essa. Il desiderio di comunicare invece lo hanno tradotto con investimenti in tecnologie, in particolare quelle informatiche, offrendo ai propri cittadini una reale interattività con il pianeta. Migliaia di giovani europei e non, attratti da queste politiche di innovazione e progresso si trasferiscono da diversi anni per lavorare o studiare nell’Isola. Dublino è anche una importante città universitaria. Ci sono infatti ben tre università. La più prestigiosa, il Trinity College, rappresenta uno dei luoghi di conoscenza e di sapere più importanti del nord Europa. Da secoli si studiano diverse lingue europee con annesse cattedre di letteratura: da sempre motivo di vanto e prestigio per i dublinesi stessi. Anche molti inglesi hanno scelto questo college. Quest’apertura verso la diversità non si trovava infatti né a Cambridge né ad Oxford. Oggi molti sardi studiano e lavorano in Irlanda, e a Dublino. È bello scoprire però che non fanno i soliti lavori da "emigrato" ai quali siamo abituati: minatori, camerieri, ristoratori etc. I giovani sardi che abbiamo incontrato fanno l’archeologo, il filologo, lo studioso, il gitante.. Insomma siamo cambiati anche noi. Anche se da qui, dalla visuale della nostra di Isola, non solo sembra che tutto sia sempre uguale e che niente sia cambiato, ma a volte ci pare che niente cambierà. Da questo viaggio, noi, piccolo gruppo sparuto di sardi, siamo tornati più consapevoli di noi stessi. L’Irlanda e gli irlandesi ci hanno un po’ stregato. I loro pub stracolmi di uomini e donne di ogni età, di boccali di birra al suono di cornamuse e banjo ci hanno ricordato che la tradizione è una strada di dinamicità, è un procedere. E l’innovazione è una strada parallela e va seguita. Non ci si deve fermare, si deve andare incontro all’Altro, continuare a camminare, come gli irlandesi hanno fatto intorno al mondo e nelle loro città per potersi ritrovare. Molto semplice. È il camminare la vera rivoluzione.