a cura di Paolo Pulina
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Mio caro Amico
Cagl. 19. ago. 1851.
Ho ricevuto la Sua lettera del 15 del corrente colla quale finalmente ho saputo che Ella trovasi in Patria. Io posso immaginarmi il dolore di cui sarà stata compresa nell’essersi trovata al vuoto di colui che sarà stato l’oggetto di Sua mente lungo il viaggio. Egli nella lettera che mi chiese in tutto Luglio fino all’11 agosto mi ripeteva sempre che Ella doveva ritornare da un vapore all’altro. E forse il maggior suo dolore sarà stato quello di non trovarsi Ella presente per dargli gli ultimi conforti. Anche io desiderava di averlo riabbracciato per un’altra volta prima di separarci da questa vita mortale. Pazienza, né io lo dimenticherò in vita fino a congiungerci nell’Eternità. Godo sommamente che Ella trovisi in mezzo ai parenti i quali per l’ordinario sogliono scindersi in fractione panis del pov. prete. Tale è stata sempre la nostra condizione. Ella coi Suoi lumi e colla giustizia porterà a termine l’assesto dell’eredità, mi dispiacerebbe assai che vedessi né manco nominata l’ombra di quel Grand’Uomo in contrasti d’interesse per i parenti cui avvocò somma gloria.
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Lodo la sua pietosa intenzione di non lasciar illagrimato lo zio che fino agli ultimi sospiri aveva deferenza speciale per Lei. Io intanto mi mossi ad annunziarne la morte, perché vivendo Lei a Torino le sarebbe pervenuta tardi la notizia, e fino ad esser di animo tranquillo per sparger i fiori che si meritò, sarebbe corso del tempo. Adunque faccia Ella questo laudabile uffizio che può disimpegnare meglio di tutti altri che l’hanno conosciuto: la sua fluida penna ha un vasto campo di spaziarsi. Dia ragione dell’opera storica, e come invece di sentirsi nella campagna e né contadi canzoni laide si sentono risuonare le opere di Dio. Faccia conto di altre opere inedite come il commento del Figlio Prodigo che io conservo, e che a Dio piacendo darò alla luce, perché è pieno di esimj riflessi. Non si restringa ad articolo di giornale, ma bisognerebbe di far la biografia in opuscolo, e sarebbe desiderabile di porvi in fronte il suo ritratto di cui io tengo uno schizzo che facendolo accomodare dal ritrattista Mereu, ma nel farlo litografare in Genova o Torino, potrà suggerire il vivo dei lineamenti, atteso che l’avrà più presente di ognuno. Si procuri adunque in mezzo alle altre occupazioni i materiali e faccia presto, chè ognuno le darà lode e gli amici le sapranno buon grado.
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Riguardo ai nostri conti La prego di non parlarne più, né voglio riandare la lettera ed il registro di spesa perché mi si stringe il cuore. Più presto mi farà la finezza di mandarmi, quando Le capiterà qualche occasione, due o tre esemplari del 2° e 4° Canto della Gerusalem, perché varj amici che hanno il 1° e 3° non possono aver compita l’opera. Un canonico di Iglesias mi ha scritto più volte ed egli nel suo vivente mi [av]eva promesso di mandarmeli. Se poi non se ne trovassero, facciano gli altri, una 3° edizione che in Sardegna è caso singolare d’essersi fatta né manco la 2° di nessuna opera. Questo pare a me d’essere il miglior elogio di quell’operetta. Nel mio vocabolario è nominata con frequenza come testo di lingua del nostro dialetto. Qui nulla di nuovo salvo la scoperta del carbon fossile che avrebbe fatto più eco se fosse stata gastronomica… Avv. Marongiu è a Loreto per passar l’estate. Egli è vittima dirò sempre, della sua testardaggine e di due depravati consiglieri: oh! Se potessimo parlare per mezz’ora! Io perché gli diceva la verità fui il più maltrattato, e lo compatii…..
Stia bene e saluti Graziedda. Mi creda colla solita cordiale stima
aff[ezionatissimo] Avv. Spano
Trascrizione a cura della dott.ssa Silvia Caredda, archivista della Biblioteca (direttore: prof. Antonio Piras) della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, Cagliari